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Newsletter (105)

Giovedì, 12 Dicembre 2019 11:44

RECENSIONE DEL MESE

Scritto da

 A cura di Fabrizio Fusco, pediatra di famiglia, Valdagno (Vi)

 

Omeopatia.

Bugie, leggende e verità

Roberto Burioni

Rizzoli, 2019. 200 pagine. 18 euro

Medici autorevoli sostengono che l’omeopatia non ha alcuna efficacia: eppure ci sono altri medici che prescrivono e farmacisti che vendono cure omeopatiche. In questo libro Roberto Burioni passa in rassegna, con uno stile spumeggiante, ironico e comunque sempre piacevole da leggere, bugie, leggende e verità di un metodo di cura seguito da milioni di italiani e non solo.

Racconta di quale fosse la medicina alla fine del ‘700, ai tempi in cui Samuel Hahnemann ebbe l’intuizione che il simile cura il simile, ma solo se estremamente diluito (altrimenti il paziente moriva…), ed “inventò” l’omeopatia. A quei tempi, i pazienti ricchi che avevano accesso alle costosissime cure mediche, avevano una mortalità maggiore rispetto ai poveri che non si curavano. Il salasso era in pratica l’unica terapia a cui potessero ricorrere i medici di allora, terapia non priva di gravi effetti collaterali: Burioni porta l’esempio della morte di George Washington, primo presidente degli Sati Uniti, sopravvissuto a vaiolo, tubercolosi e malaria, per non dire delle guerre che aveva combattuto, ma non ad una serie di salassi (si stima per almeno 2 litri di sangue in poche ore) praticati per un banale raffreddore o poco più.

Dunque, c’era bisogno di medici che non facessero niente e Hahnemann, con l’omeopatia, propose il “niente”. Non lo si sapeva 200 anni fa, ai tempi in cui anche le conoscenze mediche erano scarse o nulle, ma oggi sì: l’estrema diluizione dei prodotti omeopatici, ce lo dice la chimica, fa sì che nel prodotto non ci sia più nulla se non acqua e zucchero. E sempre la chimica ci conferma che per assumere una sola molecola di cianuro diluita 30CH dovremmo bere un quantitativo pari a 100 volte la massa della terra. O se vogliamo dirla in un altro modo, “se facciamo pipì nell’Oceano Atlantico, la sua diluizione sarà 10CH, immensamente più concentrata rispetto alle diluizioni utilizzate nei preparati omeopatici”. Ma nel libro si parla di molto altro, delle prodigiose proprietà del muro di Berlino o della muraglia cinese, naturalmente fortemente diluiti, di effetto placebo e di sperimentazioni in doppio cieco. Un sottile fil rouge unisce gli ultimi tre libri di Burioni: da “la Congiura dei somari” a “Balle mortali” a “Omeopatia: bugie, leggende e verità”. E’ quello dell’eterna lotta in medicina ( e non solo…) tra scienza e pseudoscienza , tra metodo scientifico e magia, ciarlatani, pensiero magico.

A questo proposito, Burioni, che si è fatto conoscere tramite facebook, un anno fa ha aperto il sito web Medicalfacts.it, dedicato alla divulgazione della verità scientifica in ambito medico e nato dalla constatazione che “i social media non bastano più“: “quella che sui social era ormai diventata una polarizzazione tra chi crede nella scienza e chi crede nel “sentire comune”, ha ora bisogno di trovare struttura solida per dare solidità alle verità. Una serie di domande per una serie di risposte, quindi: Vaccinarsi contro l’influenza serve? Nei vaccini c’è il mercurio? Cos’è l’omeopatia? Dietro ognuno di questi temi ci sono spesso risposte relativamente complesse e la complessità non è esattamente il campo dei social network (dove trionfa invece l’emotività, l’istinto, il luogo comune)”.

Per concludere il Burionipensiero, che non possiamo non condividere, far ricorso all’omeopatia è un peccato veniale, rispetto a non far vaccinare i propri figli, sempre che l’uso dei prodotti omeopatici non escluda, quando necessaria, la terapia tradizionale (e il caso recente del bambino morto di otite perché curato solo con l’omeopatia) lo abbiamo tutti presente. Ognuno è libero di curarsi ANCHE con prodotti molto costosi e che contengono il niente, ma non è accettabile che i farmaci omeopatici siano detraibili fiscalmente come gli altri e che “pesino” sull’esangue bilancio del Servizio sanitario o che ancora l’Università di Modena organizzi Masters di omeopatia.

Nell’ultimo capitolo Burioni si fa una domanda e cioè se comunque gli omeopati non abbiano qualcosa da insegnare a noi medici “tradizionali. Non vi anticipo la risposta.

A cura di Domenico Careddu, coordinatore nazionale gruppo di studio CAM

 

Le infezioni delle vie urinarie (IVU) rappresentano la seconda causa di infezioni batteriche pediatriche, dopo quelle a carico dell’apparato respiratorio. Si stima che entro l’età di 16 anni,
un maschio su trenta ed una femmina su 10, possano manifestare una IVU. Nel 30-50% dei casi le IVU
sono ricorrenti, specialmente in soggetti con reflusso vescico-ureterale (RVU), vescica neurologica, precedenti cistiti o pielonefriti ed uropatie malformative.
Nel 15% dei soggetti che hanno a
vuto una IVU, si manifesta ipertensione arteriosa in età adulta.
Per prevenire questa complicanza e per evitare la formazione di cicatrici a carico del parenchima renale, nella pratica comune è frequente il ricorso alla profilassi antibiotica, soprattutto nei soggetti con RVU,
sebbene i dati di letteratura non siano concordi sull’utilità di questo trattamento.

A tale proposito, vanno considerati sia l’impatto fisico e psicologico di una terapia cronica in un soggetto in età pediatrica e nella sua famiglia, i costi economici e soprattutto
il crescente fenomeno dell’antibiotico resistenza.

Ciò premesso, numerosi studi, hanno preso in considerazione il ricorso anche ad altri trattamenti per prevenire le IVU ricorrenti ed i possibili danni ad esse correlati:
dalla circoncisione nei maschi, alla somministrazione di probiotici, vitamine e di estratti vegetali quali il Cranberry (Vaccinium macrocarpon). 
Focalizzando l’attenzione su quest’ultimo, conosciuto anche come mirtillo rosso americano,
si evidenzia come le bacche di questa pianta abbiano una tradizione d’uso secolare, per il trattamento di differenti situazioni cliniche, tra le quali le IVU, prima dell’avvento degli antibiotici.

I principali componenti del fitocomplesso del Cranberry sono flavonoidi (principalmente antocianidine), catechine, carboidrati, sali minerali e tannini; tra queste ultime,
sono caratteristiche le Proantocianidine di tipo A.
Ad esse è dovuta la capacità di inibire   l’adesione dell’E.Coli fimbriato (tipo 1 e tipo P) alle cellule della parete vescicale e la successiva risalita nelle vie urinarie, fino al parenchima renale.

Considerato che l’E.Coli è il principale agente eziologico delle IVU, appare evidente l’interesse dei ricercatori nei confronti del Cranberry.

I recenti studi condotti in soggetti in età pediatrica affetti da IVU, hanno evidenziato che la somministrazione di Cranberry è in grado di ridurre il numero di episodi di IVU
nei soggetti maschi non circoncisi e può avere effetti benefici nei confronti della crescita di batteri patogeni Gram negativi; l’effetto preventivo nei confronti delle IVU, è risultato essere maggiore
rispetto alla stessa circoncisione in soggetti circoncisi. 
Altri studi hanno evidenziato l’efficacia nel prevenire le IVU in soggetti peraltro sani ed un’efficacia sovrapponibile a quella della terapia antibiotica in soggetti con anomalie dell’apparato urogenitale.

Considerata la numerosità dei casi valutati e le differenti formulazioni di Cranberry utilizzati negli studi presi in esame, sono necessarie ulteriori conferme cliniche in termini efficacia e sicurezza.

Giovedì, 12 Dicembre 2019 11:32

OSTRUZIONE DA CORPO ESTRANEO: APPROFONDIMENTI

Scritto da

A cura di Francesco Pastore, pediatra di famiglia, Formatore di istruttori BLSD, Martina Franca (TA)

 

Il “Corpo estraneo”, potenzialmente pericoloso per la fascia di età compresa tra 0 e 4 anni, è riconducibile a particolari alimenti (che se non tagliati adeguatamente possono diventare pericolosi). Importante inoltre fare molta attenzione a giochi ed oggetti di piccole dimensioni, soprattutto nelle famiglie con figli di diverse età, a causa della possibilità di accedere a giocattoli non consoni alle età dei più piccoli.

L’età massima di incidenza è dai 6 mesi, età in cui il lattante inizia ad interagire e a mangiare alimenti sempre più solidi, fino ai 4 anni. Dopo questa età lentamente la “curva” degli incidenti inizia a scendere, pur non dovendo mai abbassare la guardia.

L’ostruzione potrà essere di origine “CERTA”, siamo cioè di fronte ad un bambino che mangia una caramella, oppure “SCONOSCIUTA”, ovvero non sappiamo cosa ha determinato l’ostruzione delle vie aeree, che potrà quindi presentarsi come “PARZIALE” oppure “COMPLETA”, data dalla possibilità o meno del bambino di riuscire a respirare, tossire o parlare.

Di certo da 0 a 3 anni abbiamo il periodo di maggiore esposizione a questo tipo di incidenti per una serie di motivi:

1. Le vie aeree non sono ancora sviluppate, ovvero, alla nascita sono di forma CONOIDE per diventare quasi CILINDRICHE, solo alla pubertà;

2. Il bimbo non ha sviluppato la CAPACITA’ di masticare in maniera corretta e sicura;

3. La deglutizione non è ancora coordinata e quindi non del tutto efficiente;

4. Il bambino piccolo non ha esperienza di casi di soffocamento e quindi non sa ancora come reagire per difendersi.

 

IL MODELLO INTERNAZIONALE DI JAMES REASON

Se riusciamo a comprendere COSA GENERA un incidente GRAVE , di certo potremo comprendere meglio come comportarci e soprattutto quali sono le AZIONI da intraprendere per proteggere in maniera certa il nostro bambino.

Esistono studi internazionali che hanno determinato quali azioni errate e quali concatenazioni possono generare un incidente grave.

Il MODELLO INTERNAZIONALE DI JAMES REASON, applicato agli incidenti gravi da ostruzione delle vie aeree , potrebbe essere di grande utilità per prevenire nel migliore dei modi ogni azione potenzialmente pericolosa.

Il modello di REASON è molto semplice: mettendo in fila 5 fette di groviera con tanti buchi - sostiene il famosissimo psicologo americano - nel momento in cui si vede la luce attraverso tutte le fette, accade l’incidente grave a causa di una serie di errori umani.

Ogni buco rappresenta un’AZIONE ERRATA o l’assenza di protezioni efficaci.

Ecco quali sono:

1. Decisioni fallaci - Errore Latente: acquistare un oggetto/giocattolo pericoloso come una pallina di gomma piccola e donarlo ad un bambino piccolo per farlo giocare;

2. Carenze - Errore Latente: chi dona il gioco non ha informazioni su quali siano i giocattoli pericolosi e quali non, ne ignora completamente la pericolosità;

3. Condizioni predisponenti ad operazioni rischiose - Errore Latente: le vie aeree di un bambino sono conoidi e quindi è più facile che accada un episodio di ostruzione, rispetto ad un adulto;

4. Produzione di operazioni rischiose - Errore Attivo: la baby-sitter si distrae, lascia giocare il bimbo di 2 anni con i giochi del fratellino più grande e non controlla visivamente il bimbo che mette in bocca il giocattolo pericoloso eludendo la supervisione dell’adulto;

5. Inadeguatezza delle Protezioni - Errore Latente/Attivo: la baby-sitter e chiunque si trova in casa in quel momento NON conosce le MANOVRE DI DISOSTRUZIONE e non sa come intervenire per contrastare l’insieme di errori latenti attivati sino a quel determinato momento.

Questa serie di azioni sono in grado di generare l’incidente, e senza avere lo strumento di contrasto, ovvero la conoscenza delle manovre di disostruzione, potrà generare due possibili scenari:

- la persona si “ferma” per assenza e incapacità di azione (non avendo conoscenza del comportamento da tenere in questi casi);

- la persona “agisce” in maniera scomposta facendosi guidare dall’istinto e non dalla conoscenza, peggiorando una situazione già compromessa. La conoscenza e la formazione ad intervenire in questi casi, potrebbe essere in grado di annullare tutti gli errori latenti ed attivi.

L’incidente per soffocamento accade statisticamente quando il bambino oltre a mangiare compie un’altra azione.

In poche parole fa DUE COSE INSIEME che lo mettono in pericolo:

1. mangia e ride

2. mangia e gioca

3. mangia e corre

4. mangia e guarda la tv

5. mangia e canta

6. mangia da solo alimenti non tagliati, lisci e ovali.

Mangiare in posizione eretta a tavola, concentrandosi sull’atto della masticazione, RIDUCE in maniera drastica la possibilità del verificarsi di un incidente grave.

Antichi consigli tramandati dai nostri nonni, che hanno attraversato secoli e provenienti forse da racconti ancestrali, pur avendo probabilmente nel tempo perso le motivazioni, hanno conservato il messaggio di protezione della vita anche se non esplicitato chiaramente.

Sarebbe consigliabile continuare a diffondere questi principi educativi ai nostri figli e nipoti per aiutarli a vivere protetti da incidenti evitabili.

 

I NUMERI:

Statisticamente, quasi il 70% delle ostruzioni è di natura alimentare di cui il 20% circa per oggetti e giochi.

Sappiamo anche che da un incidente mortale che coinvolgeva 1 bambino a settimana siamo scesi a 1 bambino ogni 10 giorni e che in Italia, (dati progetto “Susy Safe” del Prof. Dario Gregori, Università di Padova, Cattedra di Biostatistica Sanitaria) ben 422 bambini all’anno vengono ricoverati in Pronto Soccorso per un incidente grave provocato da un alimento/oggetto/giocattolo.

Sono dati che dovrebbero farci riflettere sull’importanza della prevenzione.

Esistono ALIMENTI potenzialmente più pericolosi di altri per la loro APPETIBILITA’, FORMA e CONSISTENZA, ma soprattutto per come vengono somministrati.

Alcuni semplici accorgimenti possono modificarne la potenziale pericolosità.

Tra gli alimenti più pericolosi alcuni devono essere citati per la loro continua presenza nelle cronache e nelle statistiche.

Vediamo come comportarci per non correre rischi:

la tabella ALIMENTI-AZIONE, che nasce dall’incontro fra importanti chef sensibili alla tematica e le raccomandazioni internazionali della Società di Pediatria Canadese, può darci qualche consiglio utile, ed è quella che per prima ha affrontato il problema in questo modo e ridotto il numero degli incidenti.

 

Riferimenti scientifici:

Preventing choking and suffocation in children

C Cyr; Canadian Paediatric Society

Injury Prevention Committee

Abridged version: Paediatr Child Health 2012;17(2):91-2

Altre fonti:

Per maggiori informazioni riguardo i rischi degli Incidenti, la prevenzione e le manovre di rianimazione cardiopolmonare visitare i seguenti siti:

• Safe Kids Canada: www.safekidscanada.ca

• Health Canada: www.hc-sc.gc.ca

• Heart and Stroke Foundation of Canada:

www.heartandstroke.ca• American Heart Association: www.heart.org

 

OGGETTI

Vi sono alcuni oggetti presenti nelle nostre case più pericolosi di altri, spesso presenti in incidenti anche molto gravi.

Sarebbe importante memorizzarli per evitare di lasciarli in giro per casa:

1. tappi delle penne (meglio quelli aperti in punta);

2. bottoni (attenzione ai cassetti facilmente accessibili in casa);

3. palloncini sgonfi (mai alle feste di bimbi);

4. monete (pericolosissime);

5. giocattoli o parti di essi (ceste giochi separate se più figli);

6. pile al litio (mai in casa se non sotto chiave);

7. graffette;

8. tappi delle bottiglie.

Una menzione particolare, data la loro pericolosità, per le pile al litio, che spesso ad un bimbo sembrano caramelle e che hanno la forma di un “disco” apparentemente innocuo, e che invece, anche scariche, possono procurare danni gravissimi se inalate o ingerite, in quanto liberano sali tossici che distruggono i tessuti gastrointestinali in poco tempo.

A cura di Vitalia Murgia, pediatra, gruppo di coordinamento Area Ambiente e Salute FIMP

 

In occasione della “Giornata europea di consapevolezza sugli antibiotici 2019” che si è svolta Il 18 novembre 2019, l’European Centre for Disease Prevention and Controll (ECDC) ha pubblicato un report (1) redatto a partire dai dati forniti dalla rete europea di sorveglianza dell’antibiotico-resistenza EARS-Net (European Antimicrobial Resistance Surveillance Network), coordinata dalla ECDC. I dati italiani provengono dalla sorveglianza nazionale dell’antibiotico-resistenza AR-ISS (2).

I patogeni sottoposti a “sorveglianza speciale” sono un gruppo selezionato di batteri (Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Staphylococcus aureus, Streptococcus pneumoniae, Enterococcus faecalis e Enterococcus faecium, Pseudomonas aeruginosa, Acinetobacter spp.) che sono stati isolati da infezioni invasive (batteriemie e meningiti) acquisite in comunità o in ambito ospedaliero.

Il sistema di sorveglianza è stato istaurato perché in questo momento la resistenza agli antibiotici è considerata una delle maggiori minacce per la salute pubblica, sia a livello globale sia nella regione Europea. Nel sito della ECDC è disponibile una sintesi dei dati sull’antibiotico resistenza dei vari patogeni sorvegliati (3). L’Italia continua a essere uno tra i Paesi con percentuale più elevata di resistenza, come mostra la tabella di raffronto presente sul sito di Epicentro (4), anche se negli ultimi tre anni si è registrata una diminuzione costante della percentuale di resistenza ai carbapenemi, che è passata dal 33,9% nel 2016 al 26,8% nel 2018.

Alla preoccupazione per il semplice dato dell’antibiotico resistenza si è aggiunta quella per il carico di malattia che il fenomeno già determina. Un lavoro del 2019 (5) riporta la stima del peso di malattia conseguente alle infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici di interesse per la salute pubblica (i sorvegliati speciali) nei paesi dell'UE e dello Spazio economico europeo (SEE), nel 2015. Il carico di malattia è stato misurato in numero di casi, decessi attribuibili e anni di vita vissuta in disabilità (DALY). Secondo queste stime ogni anno in Europa (Unione Europea + Area economica Europea) si verificherebbero più di 670.000 infezioni a causa di batteri resistenti agli antibiotici e circa 33.000 persone morirebbero come conseguenza diretta di questo tipo di infezione, con un costo stimato per i sistemi sanitari dei paesi UE di circa 1,1 miliardi di euro. Gli autori del lavoro stimano che nel 2015 ci siano stati 671.689 (95% IC 583148-763966) casi di infezione da batteri resistenti agli antibiotici, di cui 426.277 (63,5%) sono stati acquisisti all’interno di ospedali e strutture sanitarie. Queste stime corrispondono a un'incidenza di 131 (113-149) infezioni per 100.000 abitanti e una mortalità attribuibile di 6 · 44 (5 · 54–7 · 48) decessi per 100.000 abitanti. Il tasso complessivo di anni di vita in disabilità è di 170 per 100.000 abitanti, il che è simile al carico combinato di HIV, influenza e tubercolosi nello stesso anno nell'UE e nell'EAA. L'onere è raddoppiato dal 2007 ed è più elevato nei neonati (di età <1 anno) e negli anziani (di età ≥65 anni) e per le infezioni causate da batteri resistenti alla colistina o ai carbapenemi. I maggiori oneri sanitari (> 400 DALY per 100.000 abitanti) sono stati in Italia (10.762 decessi attribuibili) e in Grecia (1.627 decessi attribuibili). Queste stime hanno suscitato una risonanza profonda nei media in occasione della Giornata europea di consapevolezza sugli antibiotici 2019.

C’è da chiedersi come si sia arrivati a questo punto e come in meno di un secolo di utilizzo si sia riusciti ad impoverire in maniera così drammatica l’enorme potenziale terapeutico degli antibiotici.

I principali fattori alla base dell'insorgenza e della diffusione della resistenza antimicrobica sono l'uso esagerato degli antibiotici in terapia umana e animale (allevamenti, impianti di acquacoltura, etc.) e la trasmissione di microrganismi resistenti tra gli esseri umani; tra animali; e tra umani, animali e ambiente. Suoli e acqua sono contaminati in maniera pesante; si stima che più di 20 tonnellate di antibiotici siano riversate ogni anno nei fiumi italiani. La contaminazione dei suoli potrebbe contribuire all’insorgenza di ceppi resistenti di batteri del suolo con il rischio di trasferimento di geni della resistenza a patogeni che infettano l’uomo.

Mentre l'uso degli antibiotici esercita una pressione ecologica sui batteri e contribuisce all'emergere e alla selezione delle resistenze batteriche, il fatto che in molti paesi si applichino misure inadeguate di prevenzione e controllo della trasmissione delle infezioni favorisce l'ulteriore diffusione di questi batteri. L'uso prudente degli antibiotici, da parte dei medici, veterinari, allevamenti di vario tipo, e un elevato controllo della trasmissione delle infezioni in tutti i settori sanitari secondo l’ECDC sono i cardini di una risposta efficace alla resistenza antimicrobica.

Nessun pediatra (nessun medico) può sentirsi esentato dal contribuire in maniera fattiva alla limitazione di questo fenomeno!

Referenze bibliografiche

  1. Surveillance of antimicrobial resistance in Europe. 2018 Annual report of the European Antimicrobial Resistance Surveillance Network. https://www.ecdc.europa.eu/sites/default/files/documents/surveillance-antimicrobial-resistance-Europe-2018.pdf
  2. AR-ISS: Rapporto N.1 - I dati 2018. https://www.epicentro.iss.it/antibiotico-resistenza/ar-iss-rapporto
  3. Summary of the latest data on antibiotic resistance in the European Union and European Economic Area (EARS-Net). https://www.ecdc.europa.eu/sites/default/files/documents/summary-latest-data-antibiotic-resistance-EU-EEA.pdf
  4. AR-ISS. Profilo di antibiotico-resistenza degli 8 patogeni sotto sorveglianza: dati italiani 2018 e confronto con la media europea. https://www.epicentro.iss.it/antibiotico-resistenza/ar-iss-confronto-ita-ue
  5. Cassini A, Högberg LD, Plachouras D, et al. Attributable deaths and disability-adjusted life-years caused by infections with antibiotic-resistant bacteria in the EU and the European Economic Area in 2015: a population-level modelling analysis. Lancet Infect Dis. 2019 Jan;19(1):56-66. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6300481/
Giovedì, 12 Dicembre 2019 11:25

QUANDO UN BAMBINO DORME TROPPO

Scritto da

A cura di Emanuela Malorgio, coordinatrice gruppo Sonno FIMP

 

Quando un bambino o un ragazzo si addormenta sul banco a scuola durante le lezioni, durante il gioco o durante un pasto dobbiamo ampliare la nostra anamnesi pensando anche alla Narcolessia.

Alcuni di noi ne hanno sentito parlare ma non l’hanno studiata, perché fino a poco tempo si riteneva fosse una patologia esclusivamente dell’adulto e non di interesse pediatrico. In realtà non è così. Spesso questa patologia si manifesta a partire dall’ età pediatrica, ma essendo poco conosciuta e presentando sintomi con particolare modalità di espressione proprio in questa età, non viene sospettata da noi Pediatri di Famiglia e la diagnosi viene posta con molti anni di ritardo.

Ma partiamo dall’ inizio, ed impariamo a conoscerla insieme.

La Narcolessia è una patologia neurologica rara (con prevalenza di 1 persona su 2000 circa ed uguale distribuzione tra i due generi), ad andamento cronico, caratterizzata da eccessiva sonnolenza diurna e ricorrenti attacchi di sonno incoercibili che si manifestano nel corso della giornata. E’ tendenzialmente sotto diagnosticata, con un ritardo nella diagnosi di circa 10 anni. La Narcolessia di tipo 1 è associata a Cataplessia cioè ad episodi di improvvisa perdita del tono muscolare legata ad una intrusione del sonno REM nella veglia (il sonno REM è caratterizzato da atonia muscolare).
L’ eziologia della narcolessia è da ricercarsi nella degenerazione dei neuroni dell’ipotalamo posteriore che producono il neurotrasmettitore Ipocreatina (Orexina), con conseguente riduzione della stessa molecola all’ interno del liquor cefalorachidiano. La Narcolessia è una patologia geneticamente determinata (il rischio fra parenti di primo grado è del 1% – 2%, quindi 30 – 40 volte più alto della popolazione generale, probabilmente scatenata da meccanismi di autoimmunità e\o infezioni virali.

Nella sua forma più tipica, la narcolessia si presenta con l’espressione dei seguenti cinque sintomi

1) Eccessiva sonnolenza diurna che si manifesta principalmente con attacchi di sonno incoercibili e\o sonnolenza durante il giorno; in età pediatrica si può presentare anche con disattenzione, irritabilità e iperattività.

2) Cataplessia (presente solo nella Narcolessia di Tipo 1) caratterizzata da perdita improvvisa del tono muscolare, generalizzata a tutto il corpo con caduta a terra o limitata ad un segmento corporeo come le palpebre, il capo o le spalle. Gli episodi cataplettici sono facilitati da emozioni positive, ad esempio da una risata e durano alcuni secondi o pochi minuti.

3) Allucinazioni che provocano paura o terrore e che si verificano all’addormentamento (ipnagogiche) o al

risveglio (ipnopompiche).

4) Paralisi del sonno con temporaneo impedimento a muoversi o a parlare, all’addormentamento

o al risveglio.

5) Sonno notturno alterato: frammentazione del sonno con risvegli frequenti e prolungati.

Nei bambini possono non essere presenti tutti i 5 sintomi ed i due sintomi “classici”, eccessiva sonnolenza diurna e cataplessia, possono presentarsi in modalità specifiche. Anche per questi motivi, bambini e ragazzi narcolettici spesso aspettano anni prima di ricevere una diagnosi corretta.

Vediamo quindi quali sono le Red Flags della narcolessia per l’età pediatrica proposte dall’ Associazione Italiana Narcolettici (AIN) e dal Professor Giuseppe Plazzi massimo esperto di questa patologia in Italia.

RED FLAGS IN ETA’ PEDIATRICA

  1. Eccessiva sonnolenza diurna
  2. Cataplessia
  3. Pubertà precoce e/o il rapido sviluppo di un eccesso di peso

  1. Eccessiva sonnolenza diurna

Dobbiamo prestare particolare attenzione alle difficoltà scolastiche dichiarate dai genitori quando queste sono collegate a facile addormentamento del bambino in classe sul banco durante le lezioni, a riferita “svogliatezza”, disinteresse e disattenzione, oppure alla comparsa di irritabilità o iperattività.

Consideriamo che l’eccessiva sonnolenza diurna nei bambini e nei ragazzi si può presentare con

-          attacchi di sonno non procrastinabile, per i quali il ragazzo si addormenta in situazioni inusuali e non appropriate come durante una lezione scolastica, nel corso di una conversazione, durante un pasto. Laddormentamento è di breve durata e ristoratore per cui seguito da benessere, con ricordo di sogni vivaci.

- ricomparsa del sonnellino pomeridiano, presente nei primi anni di vita e successivamente abbandonato

- nuova necessità di andare a letto presto la sera e\o svegliarsi più tardi al mattino con maggiore    difficoltà

      2.Cataplessia

Questo è un nuovo sintomo per noi Pediatri e dobbiamo imparare a riconoscerlo e a considerarlo per la sua importanza.  

Il bambino può presentare

-          cadute a terra improvvise apparentemente senza motivo: sono dovute a brevi episodi di perdita generalizzata del tono muscolare in veglia, che durano alcuni secondi o pochi minuti e che possono essere scatenati da manifestazioni emotive come riso, collera, eccitazione, sorpresa.

-          facies cataplettica o espressione del volto cadente: caratterizzata da episodi di chiusura delle palpebre, apertura della bocca e protrusione della lingua. La facies cataplettica può manifestarsi a intermittenza e peggiorare in corrispondenza di alcune attività giornaliere come mangiare, giocare o essere coinvolti in situazioni che suscitino emozioni, come la visione di videogiochi o film

-          caduta della testa o del busto o eloquio confuso: anche questi sintomi sono dovuti ad improvvisa atonia muscolare distrettuale e possono essere confusi con segni di ritardo o di semplice “impaccio emotivo”.

-          andamento atassico durante la deambulazione per atonia parziale dei muscoli degli arti inferiori

Possono anche essere presenti movimenti attivi intermittenti soprattutto nel viso, come smorfie, inarcamento delle sopracciglia, movimenti particolari della bocca e protrusione della lingua: dobbiamo fare attenzione a non confonderli con semplici TICS.

      3.Pubertà precoce e/o rapido accrescimento ponderale con comparsa di Sovrappeso od Obesità

-          Sovrappeso od Obesità: questi sintomi compaiono frequentemente nella fase di esordio della narcolessia con un andamento evolutivo improvviso e rapido. Quindi quando un bambino o un ragazzo presenta un improvviso e rapido incremento ponderale ricordatevi sempre di indagare la sonnolenza diurna ed i sintomi cataplettici.

Infine se pur meno frequenti, ricordiamo di valutare anche i seguenti sintomi:

-          Allucinazioni visive o uditive all’ addormentarsi (ipnagogiche) o al sveglio (ipnopompiche)

-          Paralisi nel sonno: impossibilità a muoversi immediatamente dopo il risveglio o subito prima di addormentarsi (se rare ed isolate sono fisiologiche ma se molto frequenti possono essere il preludio dello sviluppo della Narcolessia)

-          Frequenti risvegli notturni o di episodi simili al sonnambulismo che generano nel bambino il ricordo vivido del sogno vissuto (REM sleep behavior disorder: RBD). Nel sonnambulismo il bambino non ricorda mai l’accaduto.

La diagnosi prevede l’esecuzione di un test particolare il Multiple Sleep Latency Test (MSLT) ed il dosaggio dell’Orexina nel liquor cefalorachidiano. Poiché in età pediatrica il fenotipo sintomatologico è molto variabile come abbiamo visto, in caso di sospetta Narcolessia è consigliabile indirizzare il paziente che presenta sintomi riferibili alla narcolessia a un Centro di Medicina del Sonno. Per trovare il più vicino a Voi si può andare al link http://www.sonnomed.it/centri-regionali-di-medicina-del-sonno

L’ MSLT consiste nell’esecuzione di quattro o cinque registrazioni polisonnografiche in una giornata, effettuate ad intervalli regolari (due ore) dalle 9-10 del mattino per misurare la latenza del sonno (cioè il tempo di addormentamento) e la presenza di addormentamenti in sonno REM. La registrazione di due o più addormentamenti in fase REM è patognomonica per la Narcolessia.

La Terapia della Narcolessia è sintomatica e utilizza farmaci che attenuano o risolvono uno o più sintomi della malattia.

Come vedete dal mondo della Medicina del Sonno si aprono porte poco conosciute a noi Pediatri di Famiglia ma assolutamente importanti per i nostri piccoli pazienti: è chiaro infatti che il riconoscimento precoce da parte del Pediatra di famiglia di questa patologia, evita ai bimbi e alle loro famiglie un estenuante peregrinare tra specialisti che possono confondere i sintomi con altre situazioni e avviare percorsi diagnostici-terapeutici non corretti. Come ho accennato all’ inizio a tutt’ oggi si registra un ritardo di diagnosi di circa 10 anni che noi possiamo, conoscendo la patologia e ponendovi la giusta attenzione, ridurre drasticamente. Quindi…Buon lavoro a tutti

Giovedì, 12 Dicembre 2019 11:21

“IL BAMBINO CATTIVO…”

Scritto da

Dal Congresso Scientifico Nazionale FIMP, Paestum 16-19 ottobre 2019

“IL BAMBINO CATTIVO…” Un dialogo tra Pediatra e Neuropsichiatra infantile

Relatore: Alessandro Albizzati

Conduttore: Fabrizio Fusco

“Tre messaggi tre” che sintetizzano la bellissima relazione di Alessandro Albizzati e che possono aiutare il pediatra ad individuare i bambini più a rischio.

Primo. Saper individuare e distinguere i diversi tipi di cattiveria: c’è il bambino irritabile, con emozionalità negativa, che incontra difficoltà nelle relazioni intra-familiari e sociali, che può andare incontro successivamente a quadri clinici di ansia e depressione. C’è poi il bambino ostinato, impulsivo, “testardo”, spesso con concomitante ADHD, che è a maggior rischio di violazione delle regole sociali, perché rifiuta di conformarsi alle richieste dell’adulto e dà spesso la colpa agli altri per i propri errori o cattive condotte. In questo bambino l’aggressività è impulsiva o reattiva (overt, ostile, provocatoria, difensiva, reattiva alle minacce, incontrollata ma non premeditata), c’è un relativo minor rischio antisociale, ma spesso è più frustrante per il soggetto, che può sviluppare depressione o disturbo da stress post-traumatico. C’è infine il bambino “cattivo” più pericoloso, che presenta “lucida” e premeditata aggressività, proattiva o predatoria (covert, furtiva, nascosta, pianificata, premeditata) con comportamenti oppositivi, vendicativi, dispettosi e offensivi, fortemente associati con tratti di callous unemotional (deficit di empatia, mancanza di senso di colpa, manifestazioni emotive povere) e comportamenti aggressivi correlati a Disturbo della Condotta (DC), svilupperà più facilmente un disturbo antisociale di personalità. Intercettare, soprattutto il bambino del secondo e del terzo tipo, e attivare tutti gli interventi possibili (da quello educativo fino a quello farmacologico) è importante per il suo futuro da adulto, quando ormai potrebbe rendersi più necessario l’intervento delle forze dell’ordine di quelle dello psichiatra.

Secondo. Gli “psicopatici”: è il sottotipo di soggetti affetti da Disturbo Antisociale di Personalità. Presentano due caratteristiche: hanno difficoltà nella regolazione delle emozioni e delle relazioni interpersonali, ovvero presentano il già citato tratto Callous/Unemotional (CU+); inoltre manifestano un comportamento antisociale (AB), con la già descritta aggressività non manifesta di tipo “covert”. Si tratta di un fenotipo antisociale distinto e stabile con una forte componente ereditaria (43%), con maggiore severità e stabilità dei problemi di condotta e più facile esordio precoce di delinquenza. Questi soggetti hanno una maggiore difficoltà nel riconoscere e processare le emozioni negative (paura, ansia, stress) e nel riconoscere tali emozioni negli altri, a partire dalle stesse espressioni del volto. Presentano un distinto pattern di caratteristiche cognitive: minor sensibilità alle punizioni, QI più elevato e hanno specifici tratti di personalità: ricercano il brivido; sono coraggiosi o impavidi, hanno tendenza a manipolare, ricorrono alla menzogna. Naturalmente presentano difficoltà relazionali con i pari, hanno scarse capacità di stare nel gruppo e tendenza ad affiliarsi con delinquenti.

Terzo. È importante riconoscere e trattare senza indugi i bambini con ADHD, identificandone le comorbidità spesso presenti. Il 40% dei soggetti con ADHD ha un disturbo oppositivo provocatorio (DOP) ed il 10-15% un disturbo della condotta (DC). Il rischio antisociale dell’ADHD non è diretto, ma è mediato soprattutto dalla comorbidità con il DC a esordio precoce. Quest’ultimo è più grave ed ha una prognosi peggiore, per la maggiore tendenza ad evolvere verso un comportamento antisociale e di abuso di sostanze in adolescenza e nell’età adulta. Il pediatra deve saper individuare in particolare il bambino con emozioni pro-sociali limitate, che ha manifestato nell’ultimo anno almeno due di questi sintomi: mancanza di rimorso o senso di colpa, insensibilità o mancanza di empatia, indifferenza per i risultati o affettività superficiale o proprio anaffettività.

Dal Congresso Scientifico Nazionale FIMP, Paestum 16-19 ottobre 2019

 

WORKSHOP OTITE MEDIA ACUTA – CONFERME E NOVITÀ: LA NUOVA LINEA GUIDA DELL’OMA

Ha condotto: Paolo Becherucci

Relatore: Mattia Doria e Elena Chiappini

 

A cura di Paolo Becherucci, pediatra di famiglia e presidente SICuPP

Durante il workshop si sono affrontati alcuni aspetti delle nuove linee guida sull’Otite Media Acuta, pubblicate nel 2019: in particolare la diagnosi e la terapia; non si è invece affrontata la prevenzione.

Fare una corretta diagnosi rappresenta il prerequisito imprescindibile: la diagnosi di OMA deve essere effettuata in presenza del riscontro contemporaneo di: 1) sintomatologia insorta acutamente nelle 48 ore precedenti; 2) membrana timpanica con segni evidenti di flogosi; 3) presenza di essudato nella cassa timpanica. Anche la sola presenza di otorrea, non secondaria ad otite esterna, con membrana timpanica perforata spontaneamente, deve essere considerata di per sé segno obiettivo certo di OMA. È quindi è raccomandata una visualizzazione completa della membrana timpanica, con un canale uditivo esterno libero da cerume o corpi estranei. Per effettuare diagnosi di OMA è raccomandata la ricerca di eventuale essudato nell’orecchio medio. Lo strumento ottimale è l’otoscopio pneumatico corredato di una fonte luminosa adeguata e di uno speculum delle dimensioni adatte alle caratteristiche anatomiche del CUE del bambino e non colorato. Durante il workshop si è proposto, anche con esempi pratici, e discusso uno score per la valutazione della gravità (tabella 1): questo è importante, insieme all’età ed alla mono o bilateralità, per decidere se utilizzare sin da subito l’antibiotico o preferire una vigile attesa (tabella 2).

In sintesi, possiamo dire che sotto i due anni di vita e nei bambini con otorrea, complicanze intracraniche o storia di ricorrenza è raccomandata la terapia antibiotica immediata, in caso contrario si valuteranno, appunto, gravità e bilateralità.

Per quanto riguarda i presidi terapeutici, gli antidolorifici per via sistemica sono fortemente raccomandati: in tutti i casi, sia che si intraprenda la strategia della vigile zttesa sia che si prescriva la terapia antibiotica immediata.

L’antibiotico di prima linea raccomandato è l’amoxicillina ad alte dosi (80 – 90 mg /kg/die) divisa in 3 somministrazioni e l’amoxicillina + acido clavulanico (80 – 90 mg /kg/die calcolata su amoxicillina) in coloro che presentano un elevato rischio di patogeni resistenti. Questi ultimi sono: bambini che abbiano assunto terapia antibiotica nei 30 giorni precedenti, quelli con sintomi gravi, e/o congiuntivite purulenta, o con storia di OMA ricorrente non responsiva ad amoxicillina, o otorrea da perforazione spontanea; altre situazioni sono: frequenza di comunità infantile, mancata vaccinazione antipneumococcica, provenienza da aree geografiche con elevata prevalenza di isolamento di batteri resistenti).

Diversamente dagli USA, dove è disponibile l’associazione amoxicillina + acido clavulanico nella proporzione 14:1, in Italia è disponibile l’associazione amoxicillina + acido clavulanico nella proporzione 7:1 (1 ml = 80 mg amoxicillina + 11,7 mg acido clavulanico): tale concentrazione di acido clavulanico predispone ad un maggior rischio di effetti collaterali di tipo gastrointestinale quando il farmaco venga utilizzato alla dose raccomandata di 80-90 mg/Kg/die di amoxicillina. Per evitare gli effetti collaterali dell’acido clavulanico, risulta più ragionevole somministrare una dose standard della formulazione di amoxicillina + acido clavulanico (7:1) in combinazione con una adeguata integrazione di amoxicillina semplice fino al raggiungimento della dose desiderata.

 

Dal Congresso Scientifico Nazionale FIMP, Paestum 16-19 ottobre 2019

 

WORKSHOP MALATTIE RARE E CRONICITÀ – Strumenti Speciali per bambini speciali

Ha condotto: Teresa Cazzato

Relatori: Giuseppina Annicchiarico e Franca Benini

 

A cura di Teresa Cazzato, Segreteria Scientifica Nazionale

A Paestum si è parlato e discusso in un workshop di cronicità dal titolo: “Strumenti Speciali per bambini speciali” insieme alla Dott.ssa Giuseppina Annicchiarico, Pediatra e Coordinatrice Area Malattie Rare FIMP Nazionale ed alla Dott.ssa Franca Benini, Responsabile del Centro Regionale Veneto di Terapia del Dolore e Cure Palliative Pediatriche.

La malattia cronica o cronica/complessa con comorbidità ad esito di disabilità fisica e/o cognitiva è parte del lavoro quotidiano nell’ambulatorio del pediatra di famiglia come si è evidenziato nel Workshop del Congresso. È presente con tutta la sua drammaticità per la sua peculiarità clinica, assistenziale, organizzativa ed etica.

Prevede, ed è indispensabile una rete informale e non, di rapporto di collaborazione tra i vari attori della rete di cura ed assistenza in continuo sviluppo. Questo esige una necessità di confronto fra le varie esperienze ed i vari ruoli che ogni caso clinico, nelle diverse realtà, svolge in funzione di quell’assistenza anche a domicilio che è il miglior luogo di cura per questi piccoli pazienti.

L’esistenza ed il miglioramento della rete garantiscono la “continuità assistenziale”, spesso carente ma tanto auspicata.

Come in ogni evento che coinvolge il pediatra di famiglia emergono i messaggi chiave da portare a casa.

Quali in questo caso? Sono stati vari, ma i più significativi sono stati la formazione del pediatra stesso insieme ad un’informazione da infondere alla famiglia; formazione adeguata alle risposte da soddisfare ed ai cambiamenti insiti nella cronicità stessa.

La presa in carico che deve comprendere paziente e famiglia.

La conoscenza della rete di operatori esistente in ciascuna realtà locale per poterne fare un uso ed informativa per la famiglia, ricordando che il pediatra di famiglia, oltre ad essere un riferimento principale, può essere interpretato come il burattinaio che dirige i fili della scena.

E comunque in conclusione il pediatra di famiglia deve essere in grado di rispondere ai bisogni di questi pazienti ma anche identificare i propri bisogni, i problemi e i compiti che ne scaturiscono!

Dal Congresso Scientifico Nazionale FIMP, Paestum 16-19 ottobre 2019

 

WORKSHOP NEUROCHIRURGIA – PLAGIOCEFALIE, Parola d'ordine "back to sleep, tummy to play"

Ha condotto: Antonino Gulino

Relatore: Lorenzo Genitori

 

A cura di Antonino Gulino, Segreteria Sceintifica Nazionale

Negli ultimi anni si è assistito ad un incremento delle osservazioni delle asimmetrie craniali. Le asimmetrie del cranio possono essere già presenti alla nascita a causa di fattori di compressione meccanica uterina come ad esempio avviene nei parti gemellari o dopo applicazione di forcipe o ventosa ostetrica o svilupparsi nei primi mesi di vita. I nati pretermine in particolare sono sottoposti a ventilazione meccanica assistita per lunghi periodi e sviluppano di frequente una asimmetria occipitale per azione delle forze gravitazionali. La plagiocefalia posizionale è l’asimmetria della postura di più frequente riscontro. Il pediatra nel primo Bilancio di Salute deve valutare la testa del bambino anteriormente, posteriormente e dall’alto, osservando il posizionamento del padiglione auricolare e in particolare la presenza di una sovrapposizione ossea in prossimità di una sutura.

Primo Messaggio

La sovrapposizione ossea o “cresta” può essere il primo “alert” di una craniostenosi, una malattia fortunatamente rara determinata dalla saldatura precoce delle suture della testa e che causa una modificazione piuttosto evidente nella morfologia del cranio, la crescita del cervello infatti preme sulle suture ancora non saldate modificando visibilmente l’aspetto della testa. Esistono diverse forme di craniostenosi, le quali dipendono da quali suture si sono saldate precocemente.La scafocefalia o sinostosi sagittale è la più comune. Il bambino è macrocranico e presenta una “cresta”sagittale palpabile dalla fontanella bregmatica all’inion. La plagiocefalia (cranio obliquo) può essere anteriore, se la sinostosi riguarda la sutura coronarica, posteriore se interessa la lambdoidea. La plagiocefalia posteriore va differenziata accuratamente dalle forme posizionali le quali sono in progressivo aumento. La diagnosi differenziale si può già fare osservando la forma del capo dall’alto:

-       la forma sinostotica presenta un aspetto trapezoide del capo con una protuberanza frontale controlaterale e normoposizione o dislocazione posteriore dell’orecchio ipsilaterale;

-       la forma posizionale presenta un aspetto a parallelepipedo con protuberanza frontale ipsilaterale e piattismo controlaterale, dislocazione anteriore di orecchio e mastoide ipsilaterale.

Secondo messaggio

La diagnosi ispettiva, può essere confermata facilmente dall’esame ecografico delle suture craniche.

Le immagini ed il referto ecografico permettono di distinguere:

     - una craniostenosi suturale o di origine sinostotica, anche detta craniosinostosi , in quanto è presente una saldatura/fusione precoce di una o più suture craniche

   - una deformità funzionale , non vi è coinvolgimento di patologia suturale come nel caso della plagiocefalia posizionale.

Quindi il pediatra può consapevolmente decidere se affidare il proprio paziente al neurochirurgo o avviare un trattamento medico conservativo.

Ricordiamo che la chiusura o non apprezzamento della fontanella bregmatica non è mai sintomo rivelatore di una Craniostenosi.

La plagiocefalia posizionale (PP) è una condizione comune che è presente in circa il 20% dei bambini nei primi mesi di vita.Nell’ultimo decennio si è assistito all’incremento delle diagnosi di plagiocefalia posizionale. Molto probabilmete questo fenomeno è da mettere in relazione con la pubblicazione, effettuata nel 1992, delle linee guida dell’American Academy of Pediatrics riguardo la prevenzione della SuddenInfant Death Sindrome (SIDS), linee guida che raccomandano la posizione supina durante il sonno per tutti i neonati. L’adesione dei genitori a queste indicazioni ha favorito la drastica riduzione dei casi di SIDS (40%) e, concomitantemente, l’aumento dei casi di anomalie craniali. Nel 1996, l’AAP ha infatti modificao le sue raccomandazioni, sottolineando l’importanza di un certo tempo di gioco in posizione prona mentre il bambino è sveglio e in presenza di un adulto per migliorare lo sviluppo psicomotorio e prevenire la testa piatta e ha cambiato il proprio slogan per i genitori: “Back to sleep, tummy to play”.

Terzo messaggio

In caso di Plagiocefalia posizionale è indispensabile avviare precocemente un trattamento conservativo che preveda di:

  • Incoraggiare la posizione prona o sul fianco del bambino

(supervisione adulti) quando sveglio più volte al giorno     

  • Alternare la posizione del capo durante il sonno
  • Evitare posizioni prolungate e ripetitive (es. Seggiolini per auto, passeggini, altalene per bimbi)
  • Cambiare regolarmente la posizione della culla nella stanza e dei giocattoli intorno
  • Alternare la posizione durante l’allattamento

…..ma, se necessario

  • Trattamento con fisioterapia o osteopatia dell’eventuale torcicollo

Frank A. Viktor ha analizzato in uno studio oltre quattromila e trecento bambini affetti da plagiocefalia posizionale ,è emerso che nella maggior parte dei casi il problema è stato risolto con il solo trattamento conservativo.

Quarto messaggio

Il trattamento conservativo necessita del coinvolgimento dei genitori e di una informazione medica chiara e tempestiva. Cause di fallimento sono certamente l’età avanzata del neonato al momento di intraprendere la terapia, la gravità della deformazione e la presenza di torcicollo congenito.

L’utilizzo del caschetto, un elmetto ortopedico, molto morbido e soffice, in grado di correggere gradualmente il difetto riportando le ossa nella loro forma originale può essere consigliato, ma non c’è in letteratura un consenso unanime. Le implicazioni al suo uso sono esclusivamente estetiche e il pediatra deve considerare l’impegno economico e di tempo delle famiglie prima di consigliare questo presidio.

Dal Congresso Scientifico Nazionale FIMP, Paestum 16-19 ottobre 2019

 

WORKSHOP - PREVENZIONE DEGLI INCIDENTI DOMESTICI (E NON)

Ha coordinato: Francesco Carlomagno

Relatori: Domenico Careddu e Lucia Peccarisi

 

A cura di Francesco Carlomagno, pediatra di famiglia Napoli

PREMESSA

Il confronto è servito per confermare che l’ ambiente domestico, ritenuto per l’ infanzia un luogo sicuro, nasconde insidie e pericoli, e che i genitori vanno istruiti sulla prevenzione e l’ eliminazione del rischio, quando possibile. Nel caso si debba effettuare comunque terapia, l’ intervento ambulatoriale del PdF può risultare decisivo per un numero rilevante di intossicazioni ed avvelenamenti, (utilizzando farmaci in alcuni casi di uso comune nella pratica clinica), nell’ impedire alle sostanze introdotte di essere assorbite, oppure di ritardarne

l’ assorbimento, consentendo di indirizzare in ambiente ospedaliero pazienti con maggiori garanzie di successo terapeutico. Tutto deve avvenire nella prima ora dal contatto con il tossico perché il risultato abbia la massima efficacia (golden hour). E’ così che farmaci come il simeticone, il sucralfato, ed il carbone vegetale attivato diventano fondamentali nelle terapie specifiche del caso.

Possiamo quindi portarci nella pratica clinica tre messaggi terapeutici e preventivi allo stesso tempo, perché in grado di prevenire le sequele con un intervento precoce.

Sucralfato: da utilizzare come primo intervento in caso di ingestione di irritanti intestinali, come le candeggine a ph intermedio (esempio 8-10), o come intervento temporaneo nel caso di ingestione di acidi, prima dell’ invio in PS. Questo intervento contribuisce ad un primo tamponamento gastrico ed al contrario dei bicarbonati non inquina il campo esofago-gastrico in caso di interventi di esofagogastroscopia.

Simeticone: si utilizza nell’ ingestione di schiumogeni, come detersivi per piatti o per panni. in commercio ne esistono due formulazioni, in base oleosa e in base acquosa. L’ effetto è di disgregazione della schiuma che si crea nelle vie digestive e che può dare disturbi intestinali di varia gravità, ma, può passare per inalazione nelle vie aeree e dare gravi problemi respiratori. Utilizzando 20-40 gtt del prodotto in base oleosa (preferibile per la rapidità di azione non dovendo cambiare fase liquida acqua-olio) si disgregano le bolle formatesi nell’ apparato digerente.

Carbone vegetale attivato: si tratta di una resina a bassissimo costo ottenuta trattando ad alte temperature alcuni legni (es. pioppo) che poi viene lavato ed attivato con vapori ed acidi forti. Ne risulta la formazione di una sostanza porosa che agisce come una spugna intrappolando le sostanze tossiche. Esistono in commercio diverse formulazioni, ma il gold standard è la polvere da ricomporre con diluizione in acqua e da somministrare al dosaggio di 0,5-1gr per Kg di peso. E’ utile per impedire o ritardare l’ assorbimento di farmaci o prodotti tossici, tranne l’ alcol etilico o metilico, acido borico, acidi e basi forti, ioni complessi (ferro, litio, cianuro) e derivati del petrolio.

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