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Newsletter (105)

A cura di Teresa Cazzato, coordinatore nazione gruppo Allattamento

 

In occasione della XVII Giornata dell’Allattamento, la Leche League Italia, l’8 e il 9 marzo ha organizzato a Pomezia un Convegno dal titolo “Allattare? Sicuro! Quando la scienza fa chiarezza”.

Molti sono stati gli argomenti affrontati così come molti sono stati i relatori Italiani e internazionali che hanno animato questi due giorni.

Diana West consulente LLL e IBCLC ha trattato i Sette punti del sonno sicuro e la condivisione del letto (si/no) tra tradizione culturale ed evidenze scientifiche. E’ emerso un confondimento tra SIDS e morti per soffocamento non solo tra i genitori ma anche tra i ricercatori. Certi sono i fattori di rischio della SIDS e del soffocamento: fumo, intossicazione, alimentazione con formula, bambino malato, posizione prona durante il sonno, surriscaldamento del neonato, superficie non sicura. Per aiutare le mamme durante il sonno la LL International ha proposto sette criteri che abbassano i rischi della condivisione del letto: mamma non fumatrice, mamma sobria, mamma che allatta, bambino sano e nato a termine, bambino in posizione supina, bambino vestito leggero, superficie sicura.

Carla Sarsi (Staff relazioni esterne LLL Italia) ha fornito dei suggerimenti pratici per migliorare il linguaggio degli operatori e dei giornalisti in tema di allattamento con la relazione dal titolo: “Bada a come parli e bada a come scrivi”.

Gherardo Rapisardi (pediatra-neonatologo) e Chiara Toti (Consulente LLL) hanno tenuto una relazione dal titolo: “Voglio smettere!: Il sostegno alla madre che desidera interrompere l’allattamento”. Sono stati forniti suggerimenti nella pratica clinica sia di osservazione sia di significato all’interazione mamma/bambino, dal punto di vista emotivo e comportamentale. E’ stato sottolineato che questo programma deve essere attuato dalle mamme in modo lento, graduale e consapevole dei propri bisogni e di quelli del proprio figlio.

Diana West ha trattato un altro argomento: “Aumentare la produzione: modalità efficaci per drenare il seno”. Quando, come e perché della spremitura manuale, del tiralatte per aumentare la produzione di latte.

Arianna Parodi (neonatologa) e Chiara Fenaroli (Docente di osteopatia cranio sacrale) hanno affrontato il tema: “Quando ci sono ostacoli in allattamento che necessitano altre professionalità”, ad esempio nel frenulo linguale corto o alterazioni morfo-funzionali che impediscono un buon allattamento.

Fedro A. Peccatori (Direttore dell’US Fertilità e Procreazione in Oncologia all’IEO) si è occupato del tema: “Neoplasia al seno ed allattamento: ciò che è essenziale sapere per sostenere efficacemente le mamme”; ha analizzato la letteratura scientifica in tema di cancro alla mammella e allattamento, concludendo che l’allattamento al seno con il supporto degli specialisti e con dovuti controlli, è fattibile e sicuro.

Diana West ha trattato inoltre: “Allattamento dopo un'operazione al seno” di chirurgia estetica. Ha eseguito un exsursus sulle varie tecniche di mastoplastica addittiva e riduttiva e le possibili conseguenze sull’esito dell’allattamento.

Francesco Schittulli (Direttore LILT) ha affrontato il tema del “Test genetico ed allattamento: controversie” concludendo che non ci sono evidenze scientifiche che scoraggino l’allattamento in pazienti mutate geneticamente; l’allattamento al seno è sempre un fattore protettivo in correlazione all’insorgenza di cancro mammario (non mutate, mutate, con familiarità).

L’argomento: “Dolore ai capezzoli nel postpartum: cause: trattamenti ed empatia” è stato tenuto da Diana West. Solitamente non ha una sola origine ma bisogna valutare diversi aspetti tra cui il capezzolo, la mamma e il bambino, oltre ad entrare in empatia con la mamma con tale problematica.

Angela Giusti (ricercatrice ISS) ha illustrato l’attività dell’ISS con la seguente tematica: “Dalle buone politiche alle buone pratiche. Il supporto dell’Istituto Superiore di Sanità ai programmi per la protezione, promozione e sostegno dell’allattamento.” Compito dell’ISS è quindi di misurazione, supporto alle politiche e supporto all’azione in tema di allattamento al seno. Altro argomento trattato da Angela Giusti è stato il seguente: “Fare rete: ma farla veramente. Strumenti pratici per affrontare le relazioni conflittuali”

Il tema del counselling è stato illustrato da Nicoletta Boero (Consulente LLL) e Chiara Toti con il seguente titolo: “Allattamento: esplorare i limiti attraverso una comunicazione empatica”. Strumento fondamentale per entrare in empatia con la mamma in allattamento e per superare le criticità che possono presentarsi.

Per approfondimenti: https://convegno2019.lllitalia.org/index.php

Acronimi:

LLL: La Leche League

IBCLC: International Board Certified Lactation Consultant – Consulente Professionale in Allattamento Materno

 

Mercoledì, 17 Aprile 2019 09:35

Quando un bambino fa un capriccio di notte

Scritto da

A cura di Emanuela Malorgio, coordinatore nazionale Gruppo di Studio sul Sonno

Quando un bambino fa un capriccio di notte, piange e non si lascia consolare dalla mamma o dal papà.. siamo certi che sia sempre un capriccio? Oppure siamo di fronte ad un disturbo del sonno come ad esempio il Pavor Nocturnus?

E se cosi fosse, cos’è il Pavor? Il Pavor, o terrore Notturno, fa parte delle parassonnie, gruppo eterogeneo di eventiepisodici o intermittenti che avvengono durante il sonno senza alterarne la struttura; le parasonnie sono caratterizzate da fenomeni verbali o comportamentali motori anormali e spiacevoli che si verificano nella fase di transizione dalla veglia al sonno, durante il sonno o nella fase di risveglio; sono più frequenti nei bambini che negli adulti e si distinguono secondo la classificazione internazionale in Parasonnie del sonno NREM, Parasonnie del sonno REM ed Altre parasonnie.

Oggi parliamo delle Parasonnie del sonno nREM.

Le Parasonnie del sonno NREM (disordini dell’arousal) si verificano soprattutto durante la fase di “sonno profondo”, maggiormente rappresentato nella prima parte della notte, hanno una durata molto variabile (da pochi secondi a 30 minuti) e non sono ricordate da chi le vive.

In questo casoil genitore raccontadiuno o più eventi comparsi nelle prime 2- 3 ore di sonno, della durata da pochi minuti a mezz’ora, in cui il bimbo piange si dispera ma non cerca contatto visivo e tanto meno fisico con lui. Questo è l’aspetto più frustrante per il genitore perché non è in grado di consolare il proprio bambino e ancor peggio si sente “rifiutato da lui”. Una volta escluse altre patologie, avendo preso visione dell’evento tramite una videoregistrazione fatta dai genitori, la cosa migliore è spiegare alla mamma e al papà che il piccolo sta dormendo, che al mattino non ricorderà nulla, ma soprattutto che gli episodi non corrispondono ad una patologia e che molto probabilmente scompariranno spontaneamente entro l’adolescenza. Consigliate semplicemente di mettere in sicurezza il bimbo, individuando eventuali situazioni di pericolo. Molte volte anche i genitorida piccoli hanno presentato episodi simili durante l’infanzia.

Ma come si presentano questi episodi? In modo molto eterogeneo, tanto che si distinguono 3 differenti manifestazioniche si possono verificare anche nello stesso bambino.

Possiamo avere un risveglio parziale, durante il quale il bimbo appare confuso, disorientato, talvolta aggressivo, parla in modo incoerente, di solito non si alzae non cammina (Risveglio Confusionale).

Oppure presenta comportamenti automatici più o meno complessi, finalistici o afinalistici, cammina, si alza, cerca di uscire dalla stanza, di mangiare o bere (Sonnambulismo). Infine può presentare un risveglio parziale, spesso ad esordio improvviso, con espressione di terrore, intensa agitazione, sudorazione, pallore, respiro affannoso, tachicardia; il bambino urla, è inconsolabile, poco responsivo alle stimolazioni ambientali e non riconosce i genitori (Terrore Notturno o Pavor Nocturnus) (tabella 1).

L’ eziologia di questi eventi non è ancora chiara, ma studi recenti li consideranocome “risvegli parziali dal sonno nREM”, risvegli che coinvolgono e attivano solo alcune aree cerebrali (ad esempio quelle motorie) e non altre zone (come quelle coinvolte nei processi di memoria o di “coscienza”) che rimarrebbero disattivate. Per questo motivo, durante tali manifestazioni il soggetto è in grado di compiere azioni, anche apparentemente finalizzate, ma appare confuso e spesso non conserva alcun ricordo dell’accaduto.

Tabella 1 Caratteristiche delle ParasonnienREM

                                                      Sonnambulismo                 Risvegli               Terrori

confusionali notturni

Insorgenza                                         Primo terzo                     Primo terzo         Primo terzo
Durata                                                  1-10 minuti                   5-40 minuti           1-5 minuti
Agitazione                                   Nessuna-scarsa                     Lieve                   Marcata
Disturbo Autonomico                          Lieve                             Moderato             Marcato
Incidenza                                                 40%                             5%-15%                   1%
Età                                            Preadolescenza                  Prescolare        Tarda infanzia
Amnesia                                                   Sì                                   Sì                           Sì
Soglia di Arousal                                 Alta                              Alta                         Alta
Famigliarità                                       Elevata                           Elevata                   Elevata

Principi di Medicina del Sonno in età evolutiva. Oliviero BRUNI

Se questo argomento vi ha incuriosito continueremo a parlare di parasonnie e di patologie che con esse entrano in diagnosi differenziale a Paestum, durante il congresso Nazionale della FIMP, con il Prof. Lino Nobili.

Martedì, 16 Aprile 2019 09:56

RECENSIONE DEL MESE

Scritto da

A cura di Fabrizio Fusco, Valdagno

Michela Marzano

“Idda”

Einaudi, stile libero BIG, gennaio 2019. 17,50 euro.

«La dottoressa ha detto che l’unica frase che non scompare mai è “ti amo”; è quella che scelgono i suoi pazienti quando chiede loro di scrivere su un foglio la frase che preferiscono, anche se della propria esistenza non ricordano piú nulla. È come se solo l’amore potesse ancora tenerli in vita».

Idda, che in dialetto salentino vuol dire “lei”, è un appassionato romanzo sull’identità, la memoria, la potenza carsica delle relazioni ed è l’indimenticabile ritratto, di due donne: Alessandra, che si può in qualche modo identificare con l’autrice e la suocera, Annie, che sta progressivamente perdendo la memoria e viene ricoverata; pur appartenendo a mondi diversi e distanti, trovano inaspettatamente l’una nell’altra ciò che avevano perduto. Il libro, malgrado il tema “alto”, si divora in un attimo, è coinvolgente.

Invecchiando, la memoria diviene sempre più labile, spesso si perde completamente, ma il filo che permette di comunicare ancora con i nostri anziani affetti da alzheimer è l’amore che noi diamo loro e che loro percepiscono distintamente (e ce ne sono grati).

Invecchiare è un po’ tornare bambini, specie se si ha l’alzheimer, e questo è uno dei motivi per cui segnalo questo bellissimo libro di Michela Marzano, Professore Ordinario di Filosofia morale all’Università Paris Descartes, autrice di molti libri, saggi e un paio di romanzi, tradotti in varie lingue, editorialista di Repubblica e un’esperienza parlamentare nella scorsa legislatura.

Martedì, 16 Aprile 2019 09:50

The Adverse Childhood Experiences (ACE) Study

Scritto da

A cura di Paola Miglioranzi, coordinatrice nazionale gruppo di studio Abuso e Maltrattamento

Ha più di 20 anni questo studio che per la prima volta parla di Esperienze Avverse durante l’infanzia (Adverse Childhood Experiences) e che le mette in relazione con le cause di morte in età adulta, ma la sua attualità è indubbia.

Fu inviato via mail un questionario riguardante le esperienze negative vissute durante l’infanzia a 13.494 adulti americani, che erano stati sottoposti ad una valutazione sul loro stato di salute presso un centro medico di San Diego. Furono indagate 7 categorie di situazioni avverse durante l’infanzia: abuso psicologico, fisico e abuso sessuale; violenza contro la madre; convivenza con un membro della famiglia che abusa di sostanze, convivenza con malati mentali, con persone suicide o con persone vissute in prigione. Il numero di categorie di queste esperienze avverse durante l’infanzia fu poi messo in relazione con comportamenti a rischio, stato di salute e malattie nell’età adulta.

Vi furono 9.508 risposte (70.5%). Più della metà dei rispondenti riportarono come minimo una, ed un quarto dei rispondenti 2 o più categorie di esposizione a situazioni avverse durante l’infanzia. È stata evidenziata una relazione graduale tra il numero di categorie di esposizione durante l’infanzia e i comportamenti a rischio per la salute e le malattie che sono state studiate (p < .001). Persone che avevano avuto l’esperienza di 4 o più categorie di esposizione durante l’infanzia, rapportati con chi non aveva vissuto alcun tipo di esposizione, presentavano da 4 a 12 volte un’ aumentata salute a rischio per alcolismo, abuso di droghe, depressione e tentativi di suicidio; da 2 a 4 volte aumento di fumo di sigaretta, di salute cagionevole in una valutazione personale, 50 o più partner sessuali e malattie sessualmente trasmesse, e da 1.4 a 1.6 volte aumento di inattività fisica e obesità. Il numero di categorie di esposizione ad eventi avversi dimostrava in maniera graduata una relazione con la presenza di malattie dell’adulto, tra cui malattia ischemica cardiaca, cancro, malattia polmonare cronica, fratture scheletriche e malattie del fegato. Le 7 categorie di esperienze avverse durante l’infanzia erano fortemente interconnesse e le persone con multiple categorie di esposizione presentavano più fattori di rischio per la salute nel periodo di vita seguente.

Gli autori concludevano mettendo in evidenza una forte relazione tra l’ampiezza di esposizione ad abuso e problemi di disfunzione familiare durante l’infanzia e multipli fattori di rischio per numerose malattie causa di morte nell’età adulta.

Molti studi successivi hanno confermato quanto evidenziato in questo studio. Se ancora non fossimo convinti dell’importanza della prevenzione di situazioni di maltrattamento e dei vari tipo di abuso durante l’infanzia, questi studi dovrebbero ancor più spingerci a pensare al futuro di tutti quei bambini che hanno vissuto situazioni negative e che ne portano il segno non solo psicologico ma anche fisico per tutta la loro esistenza.

Relationship of Childhood Abuse and Household Dysfunction to Many of the Leading Causes of Death in Adults The Adverse Childhood Experiences (ACE) Study

Vincent J. Felitti, MD, FACP, Robert F. Anda, MD, MS, Dale Nordenberg, MD, David F. Williamson, MS, PhD, Alison M. Spitz, MS, MPH, Valerie Edwards, BA, Mary P. Koss, PhD, James S. Marks, MD,

Am J Prev Med 1998;14(4), 245-258.

A cura di Giovanni Lenzi, coordinatore nazionale Gruppo di Studio Audiologia FIMP

La sordità infantile (ipoacusia), a volte anche congenita, mette a rischio lo sviluppo cognitivo e linguistico del bambino, ma non sempre è diagnosticata alla nascita. Per gli esperti, ritardo diagnostico, famiglie disattente e strutture sanitarie inadeguate sono gli elementi che interferiscono nel processo di recupero.

L’appello, lanciato a Villa Magnisi durante un convegno sull’audiologia infantile, è che in Sicilia si intervenga presto, creando un centro di cura di riferimento dotato degli strumenti necessari, a partire dagli impianti cocleari, e attivando programmi di screening uditivo neonatale in tutti i centri nascita del territorio.

“Pur essendo un fenomeno molto diffuso si parla poco di sordità, ancora meno di ipoacusia infantile – ha detto il presidente dell’Ordine dei medici Toti Amato di Palermo – Eppure è un problema che tocca tante persone e non c’è fascia d’età immune. La medicina ha fatto grandi passi in avanti, ma poco conosciuti dalla maggioranza delle persone. Così si resta dell’idea che, a parte gli apparecchi acustici, non esistano altri modi per ridurre o guarire il deficit uditivo, quando invece esistono protesi e interventi chirurgici in grado di restituire una buona funzione uditiva. Per questo è necessario informare pediatri e famiglie, incoraggiandoli alla sorveglianza dell’udito”.

A tracciare il quadro generale Francesco Martines, responsabile dell’audiologia infantile presso la U.O.S.D. del Policlinico di Palermo: “Ogni sordità, anche se lieve, deve sempre indurre il pediatra ad un approfondimento. Ci sono sordità che passano inosservate e che vengono rilevate solo casualmente durante un controllo medico, soprattutto nei bambini dai 5 ai 10 anni, poco consapevoli del loro problema. A volte si tratta di un problema congenito già presente alla nascita, e il ritardo della diagnosi può impedire uno sviluppo cognitivo e linguistico corretto. I dati rilevati confermano che i bambini diagnosticati precocemente prima dei 13 mesi, se supportati bene dalle famiglie, recuperano meglio rispetto ai bambini diagnosticati dopo gli stessi mesi. A Palermo, negli ultimi due anni, ne abbiamo diagnosticato una cinquantina con meno di un anno di età, di cui un terzo con perdita uditiva monolaterale, che pur non essendo invalidante per lo Stato, se non trattati adeguatamente sono a rischio, a partire dall’apprendimento a scuola. Da qui, l’importanza di un controllo attento e ripetuto del bambino, almeno tre volte l’anno, e la necessità di avere una struttura di riferimento adeguata, senza le estenuanti liste di attesa, in grado di attivare un percorso riabilitativo”.

“Diversamente – ha spiegato Francesco Dispenza, esperto di chirurgia dell’orecchio al Policlinico di Palermo presso la U.O. Otorinolaringoiatra – continuerà la migrazione delle famiglie verso altre strutture di cura, fuori dalla Sicilia, aggravando i costi della sanità regionale. Il Servizio sanitario nazionale, ad esempio, garantisce praticamente tutti gli interventi a carico del sistema uditivo, compreso gli impianti cocleari che nel nostro territorio mancano, nonostante siano fondamentali per raggiungere in certi casi il risultato. In Italia, L’incidenza la sordità nei neonati è stimata in 1-2 casi su 1.000 nati, ma l’indagine ha riguardato un numero ristretto di bambini sottoposti a screening uditivo in maniera disomogenea in tutto il territorio. Sarebbe importante realizzarli in Sicilia per conoscere l’incidenza e la portata della malattia per una valutazione precisa”.

Fonte: insalutenews.it

(da Eurosurveillance vol 24, numero 14, 4 aprile 2019)

A cura di  Giorgio Conforti, Coordinatore Nazionale FIMP Area Vaccini e Vaccinazioni 

I vaccini anti-meningococchi disponibili per la prevenzione delle gravi malattie da essi determinate sono disponibili a partire dal 2005 (anti-MenC) dal 2008 (tetravalente anti A C W Y) e 2014 (anti-MenB). 

La casistica in Europa: l’entrata dei vaccini anti-meningococco nelle schedule vaccinali dei vari paesi ha consentito un calo in numeri assoluti specie per il sierotipo C pur considerando le fluttuazioni che tale germe ha già avuto negli anni e l’affinamento della diagnosi passata dall’esame colturale a quello tramite PCR. 

Nonostante ciò il presente lavoro (vedi allegato), comparso il mese scorso su Eurosurveillance e che raccoglie la casistica di 13 paesi europei, evidenzia come sia aumentata l’incidenza del sierogruppo W e in particolare del suo clone ipervirulento cc11. 

Di seguito vengono riportate 4 cartine europee dalle quali si evince l’incidenza delle forme invasive totali, del sierotipo W, della sua proporzione rispetto alle altre e l’incidenza del clone 

Le prime segnalazioni sono avvenute in Gran Bretagna cui sono seguite altre in Svezia e in Olanda: alcuni pazienti hanno accusato gravi sintomi gastrointestinali, cosa non comune per le forme di meningiti dovute a altri sierotipi, con mortalità doppia rispetto agli altri e con età di comparsa negli adulti giovani più che nei bambini.

Lo studio presentato indice alla necessità di una sorveglianza siero tipica uniforme in tutti i paesi europei anche per giungere a decisioni di modifiche delle schedule vaccinali che tengano presenti i dati epidemiologici via via resi disponibili ad esempio per la raccomandazione del vaccino antimeningococco quadrivalente in età adolescenziale e un suo eventuale booster successivo.

Martedì, 16 Aprile 2019 09:40

INQUINAMENTO DA PLASTICA: UN ‘EMERGENZA GLOBALE

Scritto da

A cura di Marco Granchi, Area Ambiente e Salute FIMP

Dai vestiti alle bottiglie, passando per cosmetici e imballaggi siamo immersi in un mondo di plastica.

La plastica una volta finito il suo compito, finisce molto spesso nei nostri mari. Sono oltre 8 milioni le tonnellate che ogni anno vengono riversate in mare. Di questi il 60%va sul fondale, il 20%rimane sulle spiagge e il 20% rimane a galleggiare sulla superficie del mare.

E anche se i dati del riciclo sono più confortevoli in Europa (30%) rispetto al resto del mondo (5%) la plastica conferita in discarica e da qui tramite l’aria e il terreno in mare rappresenta un problema veramente enorme.

Le plastiche sono costituite da macromolecole dette polimeri scomponibili in monomeri.

I differenti tipi di plastica differiscono per l’aspetto, la composizione e la destinazione di uso.

Esse si possono differenziare in.

PE (polietilene): usato per la produzione di sacchetti, cassette, nastri adesivi, bottiglie, sacchi per spazzatura, giocattoli…

PP (polipropilene): usato per oggetti per arredamento, contenitori per alimenti, flaconi per detersivi, prodotti per igiene personale, mobili da giardino…

PVC (cloruro di polivinile): usato per vaschette per uova, tubazioni, pellicole isolanti tanto che si trova anche nei muri delle case, porte, finestre…

PET (polietilentereftalato): bottiglie di bibite e acque minerali, fibre sintetiche….

PS (polistirene, meglio noto come polistirolo): vaschette per alimenti, posate, piatti, tappi, imballaggi…

Attenzione: tutti i contenitori che NON recano le sigle PE, PET, PVC più tutti i contenitori che presentano residui di materiali organici (es. cibo) o di sostanze pericolose (vernici, colle, etc…) più altri numerosi materiali NON è plastica riciclabile!!!!!

Lo smaltimento della plastica può essere effettuato attraverso il recupero o il riciclo.

Con questi meccanismi è possibile ottenere non solo nuovi prodotti riutilizzabili ma anche energia, calore ed elettricità. In particolare il recupero energetico prevede di riutilizzare l’energia contenuta nei rifiuti plastici, che le deriva dal petrolio ed è interamente sfruttabile. La plastica infatti ha un potere calorifico paragonabile a quello del carbone.

La plastica non è però biodegradabile, ed esposta alla luce del sole, lentamente si decompone in piccoli frammenti, che soffocano o intrappolano gli organismi marini. Questi sono vittime della parte più subdola della plastica di dimensione inferiore ai 5 mm (microplastica)che viene scambiata come cibo. Se a questo si aggiunge anche le nano plastiche (inferiori a 100 nanometri) si capisce come tali sostanze si accumulino nei tessuti di pesci, molluschi, crostacei e arrivino sino a noi.

Ricerche dell’Algalita Marine Research Foundation effettuando prelievi in acque a vari livelli di profondità e analizzando il contenuto, ha evidenziato che la quantità di micro particelle di plastica superava la percentuale di zoo plancton da 6 a 30 volte nelle aree maggiormente contaminate.

E dal momento che le plastiche sono sorgenti di inquinamento organico per POP’s (Persistent Organic PollutantS), ftalati, additivi chimici, metalli pesanti …, si capisce come, elementi che interferiscono con il sistema immunitario, cancerogeni, interferenti endocrini possono contaminare la catena alimentare nostra e molto più pericolosamente quella dei nostri piccoli pazienti, causando danni irreparabili. Molti oltretutto, di questi elementi tossici, possono superare la barriera placentare e attraverso l’alterazione dell’epigenoma dei gameti possono manifestare danni anche in generazioni successive non esposte direttamente.

Ripulire i mari da questo tipo di inquinamento pulviscolare è un’impresa destinata al fallimento. L’unica possibilità è tagliarne drasticamente la produzione (un semplice lavaggio in lavatrice di indumenti sintetici genera circa duemila frammenti di plastica) promuovendo e incentivando fattivamente una raccolta differenziata.

Anche il pediatra deve conoscere questa problematica così complessa e sensibilizzare i genitori e i pazienti all’uso oculato e al riciclo di sostanze tanto importante quanto pericolose, se vengono mal gestite.

Affrontare il problema dell’inquinamento da plastica è possibile ma questo richiede l’impegno e la collaborazione di tutti: istituzioni, imprese e individui. In questo contesto, il Pediatra può mettere in campo le sue forze, cooperando per risolvere e gestire questa emergenza, a difesa della salute dei piccoli pazienti e delle generazioni future.

Martedì, 16 Aprile 2019 09:24

Il pediatra e l’andrologia

Scritto da

A cura di Antonino Gulino, Segreteria Scientifica Nazionale FIMP

L’andrologia è stata considerata in passato la specialità medica che si occupa del maschio adulto e del suo apparato riproduttivo, oggi questa definizione appare estremamente limitativa se non errata. Infatti molte delle patologie andrologiche dell’adulto hanno origine in età pediatrica e talvolta addirittura durante la gravidanza. La gonade maschile è un organo particolarmente delicato ed estremamente suscettibile a noxae patogene già in epoca gestazionale. La valutazione andrologica va pertanto inserita all’interno dei bilanci di salute del pediatra, al fine di individuare precocemente quelle patologie che possono compromettere non solo la vita sessuale futura del bambino ma anche la sua capacità riproduttiva.

Negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo declino della fertilità maschile e, attualmente, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’infertilità interessa fino al 15% delle coppie italiane e, in circa la metà dei casi, sono i maschi responsabili del problema. Nostro compito di pediatri è pertanto di farci carico di questa problematica, individuare e se possibile prevenire queste patologie.

Una delle patologie andrologiche più frequenti nel bambino è certamente il criptorchidismo congenito, da riconoscere e trattare precocemente in quanto è uno dei principali fattori di rischio per infertilità e neoplasia testicolare in età adulta . Una patologia da non trascurare è il “testicolo in ascensore o ascending testis“ o criptorchidismo acquisito , in questo caso il testicolo non è criptorchide alla nascita ma risale stabilmente nel canale inguinale in epoca successiva.

Nel neonato e nei bambini più piccoli frequentemente riscontriamo la presenza di un “idrocele”, in genere è congenito ed è spesso causato da una mancata obliterazione del dotto peritoneo-vaginale. Questa condizione va monitorata in quanto nei primi 2 anni di vita va incontro ad un riassorbimento spontaneo della raccolta fluida, ma se persiste è bene ricordare che la pressione idrostatica della raccolta liquida può superare quella dei vasi sanguigni scrotali con riduzione del flusso ematico e sofferenza del testicolo fino all’atrofia.

Un’altra patologia di frequente riscontro alla nascita è l’ipospadia, è dovuta a un’incompleta fusione delle pieghe uretrali con conseguente incompleta tubularizzazione dell’uretra, sbocco ventrale dell’uretra nel glande, nello scroto o nel perineo, se non trattata chirurgicamente può dare nell’adulto turbe eiaculatorie . Un deficit androgenico durante la fase della differenziazione può determinare micropene; alla nascita la lunghezza del pene è di circa 3 cm, durante l’infanzia la crescita è scarsa, mentre è massima durante l’età puberale. Meno comune è la “torsione del pene” lungo il suo asse longitudinale; è dovuta ad anomalie dei corpi cavernosi, disgenesia dei fasci fibrosi degli involucri penieni, quando la rotazione è maggiore di 60° è necessaria la terapia chirurgica.

Una situazione clinica piuttosto comune nel nostro quotidiano professionale è la “fimosi”, è dovuta all’impossibilità a retrarre il prepuzio sul glande. Ricordiamo che è fisiologica nei primi anni di vita, patologica quando il prepuzio non è retrattile alla pubertà o quando la fimosi è acquisita. Può dare dolore minzionale, ricorrenti infezioni delle vie urinarie, dolore all’erezione. Il trattamento si giova dell’uso di creme al cortisone ma nel 5% dei casi, il trattamento è chirurgico.

Una situazione di emergenza è invece la “Torsione testicolare”, frequente in età pediatrica, in particolare in età neonatale. Si presenta con dolore violento e improvviso, tumefazione testicolare con iperemia della cute sovrastante, nausea e vomito; il testicolo colpito appare sollevato e in posizione trasversale. All’ecocolordoppler il flusso ematico testicolare è scarso o abolito. La terapia di elezione è la detorsione chirurgica seguita da orchidopessi entro 6 ore.

Un’attenzione particolare merita l’ipogonadismo. In relazione alla etio-patogenesi, possiamo distinguere l’ipogonadismo in primitivo o ipergonadotropo, se la causa è primitivamente testicolare, secondario o ipogonadotropo, se l’alterazione risiede a livello ipotalamo-ipofisario. L’ipogonadismo primitivo si presenta con un quadro clinico diverso in funzione del momento della sua insorgenza. Alla nascita si può riscontrare la presenza di genitali ambigui, di micropene e/o criptorchidismo; in questa situazione è utile eseguire un dosaggio ormonale (FSH, LH, Testosterone). In epoca puberale è importante monitorare il timing di inizio dello sviluppo puberale e testicolare, con l’introduzione di uno specifico Bilancio di salute in età adolescenziale (13-14 anni). E’ necessario attenzionare in particolare l’assenza, il ritardo o l’arresto dello sviluppo puberale, le alterazioni nello sviluppo testicolare e dei caratteri sessuali secondari, ma anche le proporzioni corporee di tipo eunucoide, la voce infantile, il ritardo dello sviluppo osseo, in questi casi è necessario eseguire un dosaggio dell’FSH, dell’LH e del Testosterone e, se possibile, un esame del liquido seminale. Nostro compito è effettuare periodicamente la misurazione del volume testicolare con orchidometro di Prader o con ecometria testicolare. Nel sospetto di una forma di ipogonadismo su base genetica è indicata l’esecuzione di indagini genetiche (cariotipo, FISH, Array-CGH, analisi di geni specifici). La forma più comune di ipogonadismo su base genetica con fenotipo maschile è la sindrome di Klinefelter. E’ caratterizzata dalla presenza di un cromosoma X sopranumerario. Ha una frequenza di circa 1 caso ogni 500-1000 neonati maschi e l’incidenza è più alta, dell’1%, nei soggetti con ritardo mentale. I segni clinici della sindrome compaiono solitamente in epoca puberale, ossia quando si verifica il fisiologico aumento della produzione di gonadotropine, non seguito, tuttavia, dall’ingrandimento dei tubuli seminiferi (da cui dipende il volume testicolare). I soggetti con sindrome di Klinefelter presentano testicoli piccoli e di consistenza aumentata (a volte sono palpabili solo delle benderelle fibrose); le dimensioni del pene sono variabili, ma più frequentemente nella norma, riduzione della crescita dei peli del viso e del dorso, ginecomastia, alterazione delle proporzioni scheletriche, aumento della massa grassa e riduzione di quella muscolare.

In ultimo va ricordato il varicocele, rappresenta la più frequente causa di infertilità maschile, ma si può correggere chirurgicamente. Si osserva già in epoca pediatrica-adolescenziale ed i segni premonitori possono essere identificati già nella prima infanzia. Asintomatico in età pediatrica, oggi viene diagnosticato il più delle volte occasionalmente, per difetto di screening sistematici.

Questa situazione è comune a molte delle patologie andrologiche che si manifestano in epoca puberale, infatti secondo un’indagine condotta recentemente dall’ISS , meno del 5% dei giovani maschi italiani si sottopone ad una visita medico/andrologica prima dei venti anni. Situazione resa ancora più grave dal fatto che l’adolescente vive spesso un vuoto assistenziale, in un periodo della vita molto vulnerabile, in quanto la presa in carico da parte del medico di medicina generale avviene senza un reale ed adeguato percorso condiviso con il pediatra, medico di riferimento fin dalla nascita.

Martedì, 16 Aprile 2019 09:22

Novel food: cosa metteremo nel piatto?

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A cura di Adima Lamborghini, coordinatore nazionale FIMP Area Alimentazione e Nutrizione

Prima di spaventarci al pensiero dei prodotti innovativi che saranno il nostro cibo del futuro, è opportuno sapere cosa si intende per “Novel food”. Sono così denominati alimenti o ingredienti che non sono stati presenti comunemente tra quelli diffusi in Europa prima del 1997, anno in cui la Comunità Europea ha iniziato a normare questo argomento.

Fanno parte di questa categoria anche i cosiddetti “alimenti tradizionali” cioè prodotti che fanno parte della alimentazione quotidiana di popolazioni di altri continenti, ma non erano entrati nell’uso in Europa. Si tratta di prodotti, soprattutto di tipo proteico, destinati a diventare sostituti delle proteine animali, il cui costo di produzione non sarà sostenibile alla luce delle prospettive demografiche. Molti di questi prodotti sono derivati da insetti, alghe , colza, piante acquatiche, su cui la Legislazione dispone controlli stretti sulla possibile presenza di contaminati chimici o batteriologici, sul metodo di produzione o di lavorazione e sulla potenziale allergenicità. La varietà dei “novel food” è molto ampia e comprende prodotti noti, come i semi di chia, oli vegetali di piante extraeuropee, derivati da animali marini, ma anche cibi o nutrienti ottenuti attraverso trattamenti particolari (per esempio i raggi UV) o che includono nanomateriali, particelle piccolissime di dimensioni uguali o inferiori ai 100 nanometri. Nell’alimentazione infantile queste innovazioni comporteranno significative modifiche e l’aggiunta di nuovi ingredienti, così come la loro aggiunta o riduzione in quantità che alteri le proporzioni dei normali costituenti di un alimento, dovrà avvenire sotto controllo in modo da garantirne I benefici, la sicurezza e la opportunità di somministrarlo nei bambini. Nel 2012 l’ESPGHAN ha pubblicato due Position Papers dove fornisce le raccomandazioni per I clinical trial che devono precedere la diffusione di alimenti per l’infanzia ed in particolare le formule per lattanti.

Giovedì, 28 Marzo 2019 09:10

INQUINAMENTO INDOOR

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Commenti, integrazioni e approfondimenti relativi al Poster Fimp Ambiente e Salute

A cura di Leo Venturelli, coordinatore e Ottavio Balducci, Marisa Bobbio, Vincenzo Caruso, Mirella Di Matteo, Priene Galvao, Laura Matteucci, Rosalba Mischi, Beppe Primavera, Giuseppe Ragnatela, Fabiola Salvetti, Giuseppina Scatena, Fabio Severi.

La casa è il luogo dove un bambino passa la maggioranza del suo tempo, basti pensare che solo per dormirci quasi tutte le persone in casa ci stanno per circa il 50% della giornata. Si è calcolato che un bambino stia in casa per l’80% del tempo. L’inquinamento domestico può essere dalle 10 alle 50 volte superiore a quello esterno: l’inquinamento dell’aria proveniente dall’esterno si somma a quello prodotto in casa, per questo la casa deve essere accogliente e sicura, anche dal punto di vista delle sostanze inquinanti e tossiche per la salute.

Ci sono rischi a vivere chiusi in casa?

I dati della letteratura confermano che i bambini (ma anche gli adulti) hanno maggiore possibilità di manifestare infezioni respiratorie, di peggiorare situazioni croniche come l’asma e, nel lungo termine, di avere un rischio più elevato di sviluppare tumori.

Nel manifesto si danno consigli ai genitori per diminuire o annullare i rischi, perché bastano poche azioni semplici ma determinate per migliorare l’ambiente. Alcuni consigli valgono per tutta la casa e sono legati alla manutenzione generale, altri sono suddivisi per ambienti per rendere più evidente e leggibile il manifesto.

Qui di seguito si riprendono i consigli in modo sequenziale, senza far riferimento agli ambienti:

Ricambio d’aria: è doveroso eseguirlo almeno ogni 3-4 ore di giorno e durante le attività domestiche: sostanze come monossido di carbonio (dai fornelli), ozono (dagli elettrodomestici), formaldeide (da mobili, detersivi, vernici), radon dal sottosuolo (che varia dal luogo di residenza ad un altro) inquinano l’ambiente interno e determinano danni all’apparato respiratorio e cancro.

Fumo passivo di seconda e terza mano: il bambino respira la cenere e i composti di combustione del tabacco se sta vicino ad un fumatore (fumo di seconda mano) o se tocca e si appoggia a indumenti indossati da chi ha fumato (fumo di terza mano). Il fumo è dannoso perché contiene sostanze cancerogene e irritanti per l’apparato respiratorio: i bambini sono più esposti ad asma e bronchiti. Nelle donne in gravidanza potrebbe indurre un parto pre-termine con la nascita di un neonato di basso peso.

Manutenzione della caldaia e dei filtri del condizionatore: la pulizia dei filtri e la manutenzione evita cariche elevate di funghi, batteri, allergeni e monossido di carbonio, riducendo le malattie dell’apparato respiratorio

Mobili di arredamento: materiali di legno non trattato o di qualità sono preferibili quando si rinnova una stanza, un ambiente: i mobili nuovi, in particolare quelli costituiti da pannelli di legno trattato con resine, rilasciano formaldeide, sostanza ad azione nociva sull’apparato respiratorio. Vale la pena ricordare ai genitori di effettuare ricambi d’aria frequenti nelle due settimane successive alla presenza di mobili nuovi.

 Colori e vernici: utilizzate nella imbiancatura dei locali, emettono composti organici volatili (VOC), tra cui formaldeide, benzene, toluene che possono causare allergie e cefalea: per questo si consigliano pitture ad acqua, più ecologiche.

Temperatura della casa: dovrebbe aggirarsi sui 19-20 °C e l’umidità relativa essere intorno al 50%. Queste sono condizioni in cui l’organismo si trova a suo agio e respira meglio.

Muffe sui muri e le pareti: il bagno è il classico ambiente in cui si forma condensa e umidità, condizioni che favoriscono il proliferare di muffe: l’ambiente umido determina affaticamento, le muffe producono micotossine, che favoriscono l’insorgenza di asma e problemi respiratori. Consigliare di arieggiare i locali per favorisce il ricambio d’aria e ridurre la proliferazione di micotossine.

 Animali in casa: concessi a patto che vengano puliti frequentemente, soprattutto se girano per casa, ma anche all’esterno: cani e gatti, specie a pelo lungo, possono essere vettori di acari della polvere, parassiti, inquinanti chimici raccolti col pelo.

Prodotti contro zanzare, parassiti, mosche: è utile evitare insetticidi chimici, che contengono composti organo-clorurati, cancerogeni e allergizzanti; consigliare insetticidi contenenti sostanze a base di piretro naturale, olii essenziali come la citronella, limone, piante aromatiche (incenso, geranio).

Prodotti per la pulizia e l’igiene: consigliare detergenti naturali a base di aceto, limone, bicarbonato, tè per la pulizia di stoviglie e arredi: I detergenti chimici contengono butoxyethanolo, molto irritante per gli occhi, formaldeide, dall’effetto cancerogeno. Il potere detersivo della teina o dell’aceto è maggiore che in qualunque altro prodotto chimico, e fa meno male.

Contenitori per conservazione dei cibi: privilegiare vetro e ceramica per acqua e cibo. La plastica specie a temperature elevate, libera Bisfenolo A, che produce effetti ormono-simile, alterando lo sviluppo sessuale, la funzionalità tiroidea, il sistema nervoso ed il sistema immunitario.

Pentole e contenitori: consigliare preferibilmente pentole in acciaio per la cottura dei cibi; ricordare che le pentole antiaderenti rivestite in teflon devono essere buttate quando si rigano, in quanto Il teflon libera i perflorurati, interferenti endocrini, con possibile danno a tiroide, fegato, apparato riproduttivo. Evitare pure pentole e contenitori di alluminio per le cotture e la conservazione di alimenti acidi. L’ossido di alluminio ad elevate temperature e a contatto con cibi acidi come il limone, i pomodori o le sostanze gassate migra negli alimenti. Si accumula poi nel cervello, nel polmone, nei reni, nella tiroide e nelle ossa. Preferire i contenitori in vetro.

Cappa di ventilazione: quando si cucina, la cappa aspira prodotti della combustione come monossido di carbonio, ossidi di azoto e biossido di zolfo, dannosi per i polmoni.

Pavimenti, moquette e tappeti: consigliare la pulizia frequente per evitare il ristagno della polvere e degli acari: nella polvere sui pavimenti e sui tappeti si accumulano i polibromodifenileteri, presenti in mobili, tendaggi e imbottiture con schiume: sono interferenti endocrini che interferiscono con la funzionalità tiroidea e con il neurosviluppo. Gli acari presenti in gran quantità nella polvere sono responsabili di allergie e di dermatiti.

Tendaggi: devono essere lavati di frequente perchè possono contenere e rilasciare nell’ambiente ritardanti di fiamma bromurati, coloranti azoici, con azione interferente endocrina e possibili danni alla tiroide e al neuro-sviluppo. Inoltre vi si possono accumulare polveri e acari della polvere, spesso responsabili di allergie

Profumi, fumi di candela: ricordare che l’uso di candele colorate, incensi, diffusori di profumi determina dimunizione di ossigeno nella stanza. Disperdono nell’ambiente cromo, piombo, metalli pesanti tossici per tutte le cellule dell’organismo; se inalati o ingeriti, possono causare problemi respiratori e anemia.

Camini e stufe: bisogna controllare la perfetta aerazione della cappa fumaria, non bruciare carte plasticate, arieggiare dopo l’uso. La combustione determina la produzione di monossido di carbonio, tossico per i bronchi, Idrocarburi policiclici ad azione cancerogena; in molti comuni le combustioni da legna sono proibite per il danno da inquinamento ambientale, secondo normative comunali che possono variare da luogo a luogo.

Detergenti per l’igiene personale: raccomandati quelli con poca schiuma e poco profumo. La schiuma contiene sostanze come triclosan, lauramide, isopropile , etanolamide, a rischio endocrino, cancerogeno, oltre che irritativo per la pelle.
Smalti per unghie e acetone: evitare di lasciare lo smalto aperto, determina vapori di toluene, sostanza cancerogena. L’acetone è una sostanza irritante per le vie respiratorie, può causare attacchi di asma

Apparecchi elettronici: non lasciare gli smartphone, i computer nelle stanze da letto: le onde elettromagnetiche (CEM) sono fortemente sospettate di determinare neurinomi, cefalea.

Rumori o suoni: il volume elevato determina danno acustico. Le cellule deputate alla percezione del suono non si rinnovano e muoiono con l’esposizione a rumori ad elevato volume (sopra ai 90 dB). Ricordare anche di tenere bassi i volumi dei giocattoli sonori che molti bambini nei primi anni di vita si portano vicino all’orecchio.

Materiali per il disegno: consigliare l’uso di pennarelli, evidenziatori e colori ad acqua. I colori ad acqua sono innocui, rispetto a quelli ad olio e ai pennarelli che contengono inquinanti chimici irritativi, causa di dermatiti e congiuntiviti

Stampanti laser e fotocopiatrici: si devono arieggiare i locali dopo l’uso ed evitare di posizionarli nella stanza da letto del bambino. Il toner produce polveri contenenti xilolo, toluolo, altri agenti chimici ad azione tossica respiratoria e cancerogena. E’ buona norma tenere la stampante lontana dalle stanze da letto.

Giocattoli: devono essere sicuri e atossici, possibilmente con marchio C E, IMQ, giocattolo sicuro ed adeguati all’età del bambino. Sotto i 3 anni esiste apposita certificazione: “Non adatto a bambini di età inferiore a 36 mesi” ; molti giocattoli non certificati contengono ftalati, sostanze che ne migliorano la plasticità, ma purtroppo hanno una azione sregolante endocrina con effetti negativi sull’apparato riproduttivo.

Prodotti per orto e giardino: non usare o limitare al massimo insetticidi in giardino o pesticidi nell’orto: i pesticidi contengono organofosforati (glifosato) e fenoli ad azione mutagena e tossici per fegato, reni. Gli insetticidi contengono organoclorurati (clorpirifos) con effetti tossici a reni, fegato, cervello

Una raccomandazione: ricordare al genitore quanto sia importante sensibilizzare anche le istituzioni (consiglio di istituto) della scuola del bambino per avere anche tra i banchi un ambiente salubre e pulito.

Per saperne di più:

Inquinamento indoor, il vademecum dell’ISS, visto in http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?menu=notizie&id=2812

“La sostenibilità dell’ambiente abitato”, position paper ISDE, visto in https://www.isde.it/wp-content/uploads/2015/06/POSITION-PAPER-Salute-Urbanistica-TOTALE-2013.pdf

Inquinamento indoor: aspetti generali e casi studio in Italia, ISPRA, visto in http://www.isprambiente.gov.it/contentfiles/00010300/10392-rapporto-117-2010.pdf/

Inquinamento indoor. Manuale per la prevenzione, EPC ed., visto in https://www.epc.it/contenuti/Inquinamento_indoor_sito.pdf