FIMP NEWS

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Roma, 4 ottobre 2018 - Sono oltre 2,3 miliardi le persone che, al giorno d'oggi, non hanno accesso ai servizi igienico-sanitari. A riportarlo è l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Una situazione di emergenza che comporta seri rischi per la salute e che richiede d'urgenza maggiori investimenti. L'OMS lancia oggi le nuove linee guida ad hoc, con l'obiettivo di ridurre in modo significativo gli 829.000 decessi per diarrea che si verificano ogni anno a causa di acqua e servizi igienici carenti. Per ogni dollaro investito in servizi igienico-sanitari, l'Oms stima un rendimento di quasi sei volte in riduzione di costi sanitari, aumento della produttività e diminuzione delle morti evitabili. "Milioni di persone in tutto il mondo sono private della dignità, della sicurezza e della convenienza di un bagno decente", ha affermato Soumya Swaminathan, dell'Oms. "I servizi igienico-sanitari sono una base fondamentale per la salute e lo sviluppo umano"."Miliardi di persone vivono senza accesso nemmeno ai più elementari servizi igienici", ha denunciato Maria Neira, direttore del Dipartimento di salute pubblica, determinanti ambientali e sociali della salute dell'Oms. "La trasmissione di tutta una serie di malattie, tra cui il colera, la diarrea, la dissenteria, l'epatite A, la febbre tifoide e la poliomielite, è legata all'acqua sporca e alle acque reflue inadeguatamente trattate. Le scarse condizioni igieniche sono anche un fattore importante nella trasmissione di malattie tropicali trascurate, come vermi intestinali, schistosomiasi e trachoma, oltre a contribuire alla malnutrizione".

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Roma, 2 ottobre 2018 - Gli amanti del cioccolato ne saranno felici; il cacao è una fonte preziosa di vitamina D, elemento essenziale per proteggere le ossa ed evitare di incorrere in malattie respiratorie. A riportalo è lo studio condotto dalla Martin Luther University Halle-Wittenberg e pubblicato su Food Chemistry. I ricercatori hanno analizzato vari prodotti e polveri di cacao, utilizzando un esame denominato spettrometria di massa, ed hanno concluso che il cacao contiene vitamina D ma in percentuali diverse: il cioccolato fondente ne ha un contenuto relativamente alto, mentre ce n'è pochissimo nel cioccolato bianco. “Questo non è sorprendente, in quanto il contenuto di cacao nella cioccolata bianca è significativamente inferiore e conferma il nostro assunto che il cacao sia la fonte di vitamina D2", spiega Gabriele Stangl, una delle autrici dello studio.
Il suggerimento è comunque non consumare troppo cioccolato: "Se ne dovrebbero mangiare enormi quantità per coprire i fabbisogni di vitamina D - aggiunge Stangl - questo non sarebbe affatto sano”.
Secondo i ricercatori la presenza di vitamina D2 sarebbe da imputare all’esposizione al sole delle fave di cacao, durante la fase dell’essiccazione, in cui funghi innocui verrebbero trasformati in vitamina.

Roma, 2 ottobre 2018 - Nella prevenzione dell’aterosclerosi la frontiera del futuro è il vaccino. È quanto ha riportato Francesco Romeo, presidente di 'Il cuore siamo noi - Fondazione Cuore e Circolazione Onlus' e past president della Società Italiana di Cardiologia, durante la conferenza stampa, che si è tenuta sabato 29 settembre a Roma, in occasione della Giornata Mondiale del Cuore. Il presidente della Fondazione ha chiarito che la sperimentazione è iniziata da tempo, ma ora sta dando risultati concreti nei test sugli animali e la speranza è che si abbiano a breve anche nell’uomo. “Il colesterolo ossidato è il principale fattore patogenetico di questa malattia - spiega Romeo - e si sta lavorando con alcuni gruppi di ricercatori, tra cui figura anche quello di Jawar Mehta del College of Medicine-University of Arkansas for Medical Sciences". Accanto a questo, vi sono poi le nuove terapie per l'abbassamento dei livelli di colesterolo che, ricorda Romeo, "hanno consentito di ottenere risultati mai raggiunti con i farmaci precedenti anche se ci sono stati farmaci, come le statine, che sono stati fondamentali nella storia del trattamento di questa malattia".

Roma, 2 ottobre 2018 – Il Nobel per la Medicina quest’anno è stato assegnato a James P. Allison e a Tasuku Honjo.  Ad annunciarlo come ogni anno il Karolinska Institutet di Stoccolma in Svezia, in diretta su internet e sui social network. Ai ricercatori va il merito di aver dato una svolta decisiva nella lotta contro il cancro. Allison e Honjo hanno, per la prima volta, individuato il meccanismo con il quale il nostro sistema immunitario attacca le cellule tumorali. Ed hanno scoperto che intervenendo sulle proteine che funzionano come freno del sistema immunitario sarebbe stato possibile trattare la malattia in modo efficace. In particolare, Tasuku Honjo ha scoperto una proteina presente sulle cellule immunitarie, rivelando la sua funzione, appunto, di 'freno' del sistema di difesa dell'organismo, quando intraprende un diverso meccanismo di azione. James P. Allison, ha studiato la proteina che funziona da freno del sistema immunitario, e si è reso conto del potenziale terapeutico di un sistema che possa liberare tale freno, scatenando le nostre cellule immunitarie per attaccare i tumori. Le scoperte dei ricercatori hanno aperto un nuovo scenario nella lotta alla malattia che ha cambiato radicalmente la gestione della patologia e che si sta dimostrando molto promettente. Il riconoscimento ammonta quest'anno a 9 milioni di corone svedesi, al cambio odierno oltre 871 mila euro. Dal 1901 al 2017 sono stati 108 i premi Nobel per la Medicina o la Fisiologia, consegnati a un totale di 214 scienziati, dato che il riconoscimento viene dato spesso a più di una persona.

Roma, 1 ottobre 2018 - La prossima stagione influenzale dovrebbe essere di intensità media, meno forte di quella appena conclusa. Sono stimati in totale che non meno di 5 milioni di persone saranno costrette a letto. E’ questa La previsione è di Fabrizio Pregliasco, virologo e ricercatore del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università degli Studi di Milano. “Questa è la previsione che possiamo fare sulla base della stagione influenzale che si sta concludendo in Australia e Nuova Zelanda, dove è stata di media intensità - continua - ed è circolato soprattutto il virus AH1N1, anche se in quest'ultima parte di stagione rimane l'incognita del virus B, che potrebbe innalzare il numero dei casi". Anche se si prevede una stagione più tranquilla, avverte Pregliasco, "non bisogna però sottovalutarla. Quanto è successo l'anno scorso ce l'ha ricordato chiaramente. Ci aspettavamo una stagione influenzale di media intensità e invece è stata la peggiore degli ultimi 15 anni - prosegue - Molto dipenderà anche dal meteo: se questo inverno dovesse essere più lungo e freddo sicuramente si avranno molti più malati". Oltre al vero virus influenzale, in giro ci saranno anche altri 262 virus che determinano forme simil-influenzali, che possono "causare altrettanti casi come l'influenza".

Roma 27 Settembre 2018 – Che si tratti dei giardini pubblici o di un grande parco vicino casa, il verde fa sempre bene alla salute. Ed i maggiori beneficiari proprio sono i più piccoli, che da adulti riporteranno meno problemi respiratori. È quanto emerge da uno studio internazionale, condotto dai ricercatori dell'Ospedale universitario di Haukeland. Gli studiosi hanno analizzato i dati di 5415 partecipanti, provenienti da diverse città europee, di età compresa tra 18 e 52 anni e calcolato l'esposizione media annua a tre inquinanti atmosferici: PM2,5, PM10 e biossido di azoto (NO2) dalla nascita di un bambino fino a 18 anni. Hanno quindi esaminato quante persone hanno sofferto di più di tre sintomi respiratori, come respiro sibilante grave, fischio al torace, essere svegliati da un attacco di mancanza di aria o da un colpo di tosse; attacco d'asma. Un totale di 608 partecipanti (12%) ha avuto più di tre sintomi respiratori ma avere, da piccoli, una zona verde a 100 metri attorno all'indirizzo di casa era associata a un minor numero di sintomi respiratori una volta cresciuti, mentre l'esposizione agli inquinanti durante l'infanzia era associata a più sintomi respiratori in età adulta. Ad esempio, l'esposizione a PM10 ha aumentato la probabilità di sviluppare sintomi respiratori del 21% a Uppsala (Svezia) e del 23% a Bergen (Norvegia); l'esposizione al verde prima dei dieci anni era associata a una probabilità inferiore del 71% di respiro sibilante in Tartu (Estonia).

 

Roma 26 Settembre 2018 - Oltre 3 milioni sono le persone decedute nel 2016 a causa di un consumo eccessivo di alcol. È quanto riporta il nuovo report diffuso dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Una stima che equivale a 1 decesso su 20. Nel più dei tre quarti dei casi si tratta di uomini. Nel complesso, l'uso nocivo di alcol provoca oltre il 5% del carico globale di malattia. "Troppe persone, le loro famiglie e comunità soffrono le conseguenze dell'abuso di alcol attraverso la violenza, gli infortuni, i problemi di salute mentale e malattie come il cancro e l'ictus", ha affermato Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell'Oms. "È ora di intensificare l'azione per prevenire questa grave minaccia allo sviluppo di società sane". Tra tutte le morti attribuibili all'alcol, il 28% è dovuto a infortuni conseguenti ai troppi drink: incidenti stradali, autolesionismo e violenza interpersonale; il 21% a disturbi del tratto digestivo; il 19% a malattie cardiovascolari e il resto a malattie infettive, tumori, disturbi mentali e altre condizioni di salute. A livello mondiale si stima che 237 milioni di uomini e 46 milioni di donne soffrano di disturbi legati all'alcol, con la più alta prevalenza nella regione europea (14,8% e 3,5%) e nelle Americhe (11,5% e 5,1%). I disturbi legati all'alcol sono dunque più comuni nei paesi ad alto reddito. Circa 2,3 miliardi di persone, attualmente, si possono definire bevitori. L'alcol viene consumato da più della metà della popolazione in tre regioni dell'Oms (America, Europa e Pacifico occidentale). L'Europa ha il più alto consumo pro capite del mondo, anche se diminuito di oltre il 10% dal 2010. Le attuali tendenze e proiezioni indicano però un aumento del consumo globale pro capite di alcol nei prossimi 10 anni, in particolare nelle regioni del sud-est asiatico e del Pacifico occidentale e nella regione delle Americhe.

Roma, 25 settembre 2018 – Le voglie delle donne in gravidanza non sempre vanno accontentate. Troppo zucchero può fare male. Anche solo piccole variazioni di glucosio nel sangue, a distanza di oltre 10 anni, infatti, comportano un maggior rischio di sviluppare malattie metaboliche e una maggiore probabilità di avere figli obesi. A riportarlo è uno studio pubblicato sul Journal of the American Medical Association (JAMA). I ricercatori chiariscono che il Diabete Gestazionale diagnosticato per la prima volta in gravidanza in genere regredisce dopo il parto ma può ritornare nei decenni successivi. Nel 2008, lo studio internazionale HAPO (Hyperglycaemia and Adverse Pregnancy Outcome) aveva evidenziato una relazione continua tra glicemia materna e aumentato rischio di complicanze per il bambino sia prima che dopo la nascita, ed è diventato poi la base di nuovi criteri diagnostici per il Diabete Gestazionale recepiti anche dall’Oms. L’obiettivo del nuovo studio (HAPO-FUS HAPO Follow-up) era di valutarne le conseguenze a lungo termine. I ricercatori hanno esaminato 4.697 donne delle oltre 23.000 inizialmente incluse nell’indagine del 2008. Tra coloro che avevano avuto iperglicemia, anche modesta, durante la gestazione, circa l’11% aveva sviluppato diabete alla visita di follow-up avvenuta 10-14 anni dopo il parto, e circa il 42% aveva prediabete: in donne senza glicemia elevata in gravidanza le percentuali erano rispettivamente del 2% e del 18%. Inoltre i figli delle madri con livelli elevati di glucosio durante la dolce attesa avevano più probabilità di essere obesi (19% rispetto al 10%).

Roma, 24 settembre 2018 - Si chiama dieta anti-infiammatoria e consumarla tutti i giorni può ridurre la mortalità. Dunque, chi vuole vivere a lungo e in salute, può aggiornare la sua lista della spesa aggiungendo porzioni di frutta e verdura, tè, caffè, pane integrale, cereali per la colazione, formaggio magro, olio d'oliva e olio di colza, noci, cioccolato e quantità moderate di vino rosso e birra. Addio, invece, ad alimenti che aumentano le possibilità di infiammazioni come carne rossa non lavorata e trasformata, patatine e bevande analcoliche. E’ quanto ha evidenziato uno studio che ha coinvolto 68.273 uomini e donne svedesi tra 45 e 83 anni. Dall’indagine è emerso che chi ha seguito questa dieta ha avuto un rischio inferiore del 18% di mortalità per tutte le cause, un rischio inferiore del 20% di mortalità per malattie cardiovascolari e un rischio ridotto del 13% di mortalità per cancro. Buone notizie per invece per i tabagisti: quelli che hanno seguito la dieta hanno avuto benefici ancora maggiori rispetto ai fumatori che non la seguivano. La ricerca, pubblicata sul Journal of Internal Medicine è stata realizzata dall'Università di scienze della vita di Varsavia, dal Karolinska Institutet (vicino a Stoccolma), dal Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle e dalla svedese Università di Uppsala.