FIMP NEWS

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Roma, 28 novembre 2018 – Sempre più compromessa la salute dei bambini di tutto il Pianeta a causa della sedentarietà. E’ quanto sostiene un rapporto mondiale, il "Global Matrix 3.0", redatto da ricercatori canadesi sui dati di 49 Paesi. La ricerca dimostra che i bimbi di oggi non si muovono abbastanza per stare in salute e avere garanzia di una corretta crescita. Secondo quanto annunciato dagli esperti del Children's Hospital of Eastern Ontario Research Institute i giovanissimi più attivi sono quelli residenti in Slovenia, Zimbabwe e Giappone dove il movimento fisico è una norma sociale pervasiva. Nel Paese del Sol Levante, ad esempio, è in uso una pratica utilissima al movimento dei bambini, tutti vanno a scuola a piedi anche grazie a una normativa che assicura scuole vicine alle abitazioni (distanti non più di 4 km per i più piccoli e non più di 6 per i liceali). Gli esperti hanno utilizzato diversi parametri legati all'attività dei bambini e dato i voti a ciascuno di essi per ciascun Paese. Si va dalle azioni di governo per incentivare al movimento alle abitudini familiari (uso dell'auto, etc).

La tendenza a livello globale, con l'eccessivo uso di smartphone e computer, l'automazione sempre più spinta e gli spostamenti sempre in macchina, è alla sedentarietà; ciò sta portando a una generazione di bambini inattivi che li mette su una strada molto pericolosa per la loro salute, afferma Mark Tremblay, della University of Ottawa. "Abbiamo la responsabilità collettiva di cambiare questa situazione perché i bambini fisicamente non attivi sono a rischio di problemi di salute fisica, mentale, sociale e cognitiva. Hanno bisogno di diventare abitualmente attivi per divenire adulti sani e resilienti".

Roma, 14 novembre 2018 – Tra i motivi per cui si fuma potrebbero esserci anche i disturbi alimentari. Le persone prendono questo vizio per diverse ragioni e quello per cui continuano è l’instaurarsi di una vera e propria dipendenza e il ‘piacere’ che ne deriva. La nicotina, infatti, si lega a particolari recettori che stimolano una zona del cervello a livello dell’area del tegmento ventrale da cui viene provocato il rilascio di dopamina e altri neurotrasmettitori a livello del nucleo accumbens. Queste stimolazioni producono piacere, eccitazione e modulazione dell’umore. In breve tempo, i recettori dell’acetilcolina vengono saturati dalla nicotina, questo provoca il bisogno di fumare di nuovo e instaura il fenomeno della tolleranza acuta. “Una quota di fumatori, spesso donne, inizia a fumare anche per l’effetto anoressante della nicotina” spiega Vincenzo Zagà, Presidente della SITAB- Società Italiana di Tabaccologia a Congresso a Firenze. “Il fumo di sigaretta ha infatti un blando effetto di soppressione dell’appetito che viene ricercato come strumento di controllo del peso, salvo poi trasformarsi nella dipendenza che conosciamo. La diminuzione dell’appetito è l’effetto combinato di meccanismi fisiologici e psicologici e in questi soggetti, prevalentemente donne, la resistenza alla proposta di cessazione è dettata dal timore di aumentare di peso. In una ricerca le donne che usano il fumo come strumento di controllo dell’introduzione di cibo hanno maggiori probabilità di mostrare i sintomi di un disturbo alimentare”. Come conferma Antonella Manfredi, Direttore Area Dipendenze ASL Toscana Centro, “nell’aiutare una persone affetta da disturbo della condotta alimentare a smettere di fumare bisogna porre molta attenzione al tipo di disturbo di cui soffre. Il ‘Binge Eating’, il comportamento caratterizzato da abbuffate incontrollate di cibo, è più spesso associato al fumo di sigaretta rispetto all’anoressia nervosa di tipo restrittivo. Inoltre soffrire di un disturbo dell’alimentazione sconvolge la vita di una persona e ne limita le sue capacità relazionali, lavorative e sociali”.

Roma, 22 novembre 2018 - La gran parte della popolazione mondiale, soprattutto quella più povera, non ha accesso ai farmaci innovativi. Per esempio non sono disponibili quelli efficaci contro il cancro. Lo afferma il rapporto della Access to Medicine Foundation. Il documento ha valutato sette diversi aspetti delle politiche aziendali delle 20 principali multinazionali farmaceutiche, dalla donazione di terapie all'esistenza per alcuni paesi di programmi per l'accesso facilitato alla ricerca in corso su nuove molecole. Dei 53 farmaci indicati dall'OMS come essenziali solo 37 hanno almeno un programma per l'accesso, spiegano gli autori, e il gap è ancora maggiore se si guarda alle molecole appena uscite sul mercato. Pur avendo il 65% dei malati di tumore, ad esempio, i paesi in via di sviluppo hanno una speranza di vedere nei prossimi anni solo il 5% delle nuove terapie antitumorali. Va meglio per i farmaci delle malattie infettive che nel momento in cui escono dalla fase di ricerca e sviluppo hanno 'allegato' un programma per l'accesso nel 54% dei casi. "Tutti i gap sono ancora da coprire - spiega Jayasree Iyer, direttore esecutivo della fondazione -. E' fondamentale che le industrie farmaceutiche facciano in modo che le loro innovazioni non lascino indietro i più poveri".

Roma, 21 novembre 2018 - Promuovere una rete pediatrica contro il maltrattamento e l’abuso nei confronti dell’infanzia per intercettare e rilevare segnali di trascuratezza, negligenza e ogni altra forma di pregiudizio in danno di bambini e ragazzi e sollecitare interventi e azioni in raccordo con le istituzioni. È quanto prevede il protocollo d’intesa sottoscritto questa mattina dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (Agia) Filomena Albano e dal presidente della Federazione italiana medici pediatri (FIMP) Paolo Biasci.

L’intesa mira inoltre a diffondere la cultura dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, a promuovere iniziative di sensibilizzazione e ad individuare azioni comuni volte al miglioramento delle politiche per l’infanzia e per la famiglia.

“Per contrastare un fenomeno grave come quello degli abusi sull’infanzia – commenta la Garante Albano – è fondamentare investire nella prevenzione e nell’intervento precoce. E questo è proprio quello che assieme alla FIMP ci proponiamo di fare promuovendo la rete nazionale pediatrica. I Pediatri di libera scelta, infatti, per il rapporto di fiducia che instaurano con le famiglie e per la loro sensibilità professionale, possono prima di ogni altro intercettare segnali di disagio e sofferenza e promuovere l’adozione dei provvedimenti più opportuni a tutela della salute fisica o emotiva dei bambini. Il protocollo siglato oggi rappresenta un ulteriore strumento di collaborazione con i pediatri, con i quali già da tempo ci confrontiamo e agiamo in sinergia per promuovere il benessere di bambini e ragazzi”e la firma nella settimana dedicata alla infanzia ha un valore altamente simbolico.

“Il maltrattamento e l’abuso all’infanzia sono temi che solitamente non vengono trattati durante il corso di studi di un medico e in particolare di un pediatra”, aggiunge la dott.ssa Paola Miglioranzi, responsabile nazionale FIMP per le problematiche su abuso e violenza contro i bambini. “Riconoscere una situazione che non si conosce è difficile, a volte è difficile anche solo pensarci. Il disagio sociale che colpisce in modo ingravescente il nostro Paese è un fattore di rischio importante di cui non ci dobbiamo dimenticare. La sofferenza vissuta dal bambino nei casi di maltrattamento e abuso, ancor più se non riconosciuta, ha importanti ripercussioni sulla sua salute fisica e mentale e lascia segni indelebili, che incideranno sulla sua vita futura.”

A concludere il dott. Paolo Biasci, Presidente Nazionale FIMP: “Ci auguriamo una collaborazione proficua con tutti i colleghi che lavorano in questo settore, i pediatri ospedalieri, i neuropsichiatri infantili, gli psicologi ma anche e soprattutto con la magistratura, ricordando che è l’interesse superiore del bambino l’obiettivo comune e che ognuno di noi può fare la differenza. La rete FIMP contro l’abuso e la violenza verso i bambini è uno spazio aperto a tutte le istituzioni e le forze attive nel nostro Paese e la sinergia con l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza sarà sicuramente il punto di forza per passare ad azioni concrete di contrasto del fenomeno”.

Roma, 20 novembre 2018 – La settimana dal 12 al 18 novembre anche quest’anno è stata dedicata alla sensibilizzazione sull’uso corretto degli antibiotici. La FIMP (Federazione Italiana Medici Pediatri) in rappresentanza della Pediatria di Famiglia è tra i partner che collaborano con le istituzioni nazionali e internazionali nel supportare iniziative rivolte a sostenere la prescrizione antibiotica ragionata e consapevole, unico strumento efficace per la riduzione delle resistenze. Questo fenomeno è stato ampiamente segnalato da organismi scientifici come un pericolo per la vita stessa di molte persone nei prossimi anni, a causa dell’emergere di specie microbiche resistenti e alla contemporanea riduzione nello sviluppo di nuove molecole. La resistenza antibiotica è attribuita all’eccessivo uso di questi farmaci soprattutto negli ospedali e nelle comunità ma è necessario uno sforzo collettivo e su più fronti per contrastare questo fenomeno. La FIMP, già da alcuni anni, contribuisce a questa azione di contrasto attraverso varie iniziative, sia formative sia con la pubblicazione di una revisione di quanto disponibile nella letteratura scientifica sull’uso giudizioso degli antibiotici nelle patologie infettive più frequenti in Pediatria. Quest’anno si è aggiunta una nuova iniziativa rivolta a Genitori e piccoli pazienti. Attraverso un sito dedicato e una campagna informativa sui social media, saranno dei personaggi a fumetti- i simpatici Mio, Mia e Meo- a fornire informazioni utili alle Famiglie per conoscere le malattie più comuni, come prevenirle, e per utilizzare, solo quando necessari, i farmaci nel modo più corretto.

Roma, 13 novembre 2018 - “Nel 2017 la rinuncia a visite o accertamenti specialistici per problemi di liste di attesa complessivamente riguarda circa 2 milioni di persone (3,3% dell’intera popolazione), mentre sono oltre 4 milioni le persone che vi rinunciano per motivi economici (6,8%)”. E’ quanto ha indicato il presidente ISTAT facente funzioni, Maurizio Franzini, in audizione sulla Manovra alla Camera. Le liste di attesa inducono a rinunciare alle prestazioni quasi il 5% di coloro che hanno un’età compresa tra i 45 e i 64 anni e il 4,4% degli ultra-sessantacinquenni. Inoltre tra quanti dichiarano che le risorse economiche della famiglia sono scarse o insufficienti l’incidenza della rinuncia alle prestazioni specialistiche è complessivamente pari al 5,2%, a fronte dell’1,9% tra le famiglie che dichiarano di avere risorse ottime o adeguate. Sono forti le differenze territoriali tra Nord e Centro-Sud. La percentuale più bassa si rileva infatti nel Nord-est (2,2%) e la più elevata nelle Isole (4,3%). Distinguendo le prestazioni sanitarie, la rinuncia per liste di attesa è più frequente per le visite specialistiche (2,7%) rispetto agli accertamenti specialistici (1,6%). Queste situazioni "rappresentano un segnale di vulnerabilità nell’accesso alle cure che riguarda in particolare i meno abbienti", aggiunge Franzini.

Roma, 12 novembre 2018 - Tanti soldi spesi per migliorare la salute e le cure ma i progressi stanno rallentando in tutto il Mondo. Secondo gli ultimi dati, nel 2017 i miglioramenti sulla mortalità si sono fermati e in alcuni Paesi sono addirittura peggiorati. Inoltre nella metà delle nazioni mancano operatori sanitari e il 50% dei decessi sono causati da quattro fattori di rischio: ipertensione, fumo, glucosio alto nel sangue e alto indice di massa corporea. Sono questi i principali dati che emergono dal rapporto Global Burden of Disease (GBD), pubblicato sulla rivista Lancet. "Il mondo ha visto diverse storie di successo per la salute - Christopher Murray, direttore dell'Institute for Health Metrics and Evaluation, che ha coordinato il Rapporto -. Gli investimenti fatti nei paesi poveri sulle cure prenatali e i problemi di igiene hanno fatto la differenza per la vita di queste persone. Ma la combinazione di rischi metabolici e invecchiamento della popolazione continuerà a far salire le malattie croniche". Ma non è questo l'unico problema individuata dall'indagine. C'è, infatti, la carenza di forza lavoro sanitaria in quasi la metà dei Paesi (47%), dove ci sono meno di 10 medici per 10mila abitanti e il 46% può contare su meno di 30 infermiere o ostetriche ogni 10mila. Peraltro, l'emergere di problemi come guerre e conflitti, terrorismo e la crisi dei farmaci oppioidi potrebbe avere delle conseguenze negative nel tempo, se non si interviene. Oltre alle malattie croniche, c'è da sottolineare che le prime tre cause di disabilità nel 2017 (e negli ultimi 30 anni) sono state lombalgia, emicrania e depressione.

Roma, 8 novembre 2018 - Tra i motivi per cui si fuma potrebbero esserci anche i disturbi alimentari. Le persone prendono questo vizio per diverse ragioni e quello per cui continuano è l’instaurarsi di una vera e propria dipendenza e il ‘piacere’ che ne deriva. La nicotina, infatti, si lega a particolari recettori che stimolano una zona del cervello a livello dell’area del tegmento ventrale da cui viene provocato il rilascio di dopamina e altri neurotrasmettitori a livello del nucleo accumbens. Queste stimolazioni producono piacere, eccitazione e modulazione dell’umore. In breve tempo, i recettori dell’acetilcolina vengono saturati dalla nicotina, questo provoca il bisogno di fumare di nuovo e instaura il fenomeno della tolleranza acuta. “Una quota di fumatori, spesso donne, inizia a fumare anche per l’effetto anoressante della nicotina” spiega Vincenzo Zagà, Presidente della SITAB- Società Italiana di Tabaccologia a Congresso a Firenze. “Il fumo di sigaretta ha infatti un blando effetto di soppressione dell’appetito che viene ricercato come strumento di controllo del peso, salvo poi trasformarsi nella dipendenza che conosciamo. La diminuzione dell’appetito è l’effetto combinato di meccanismi fisiologici e psicologici e in questi soggetti, prevalentemente donne, la resistenza alla proposta di cessazione è dettata dal timore di aumentare di peso. In una ricerca le donne che usano il fumo come strumento di controllo dell’introduzione di cibo hanno maggiori probabilità di mostrare i sintomi di un disturbo alimentare”. Come conferma Antonella Manfredi, Direttore Area Dipendenze ASL Toscana Centro, “nell’aiutare una persone affetta da disturbo della condotta alimentare a smettere di fumare bisogna porre molta attenzione al tipo di disturbo di cui soffre. Il ‘Binge Eating’, il comportamento caratterizzato da abbuffate incontrollate di cibo, è più spesso associato al fumo di sigaretta rispetto all’anoressia nervosa di tipo restrittivo. Inoltre soffrire di un disturbo dell’alimentazione sconvolge la vita di una persona e ne limita le sue capacità relazionali, lavorative e sociali”.

Roma, 9 novembre 2018 - Italia si classifica ai primi posti al mondo per aspettativa di vita ma le culle sono troppe vuote. A farci compagnia, quanto a bassa natalità, altri 91 Paesi come Spagna, Portogallo, Norvegia, Cipro, Singapore e Sud Corea, con meno di due figli per donna. Al contrario, 104 Paesi tra cui Niger, Mali, Chad, e Sud Sudan compensano il gap, con una media di sette figli per donna. L'Italia risulta quindi tra i Paesi in cui il numero di nati non è sufficiente a mantenere l'attuale popolazione. E' quanto emerge dai dati del Global Burden of Disease (Gbd) 2017, appena pubblicati dalla rivista 'Lancet' e frutto del lavoro di 3.676 collaboratori di 146 Paesi. L'analisi ha incluso ben 38 miliardi di dati, su 359 malattie e 84 fattori di rischio. Questo sistema di 'misurazione della salute' nato nel 1991 su richiesta della Banca Mondiale individua i fattori di rischio per la salute e il loro impatto sugli anni di vita ed è è gestito dall'Institute for Health Metrics and Evaluation (Ihme). "La speranza di vita in Italia è tra le migliori del mondo, con una media di 83,2 anni di vita pro capite. Gli uomini vivono in media 80,8 anni (di più solo in Svizzera, Israele e Giappone), mentre le donne 85,3 anni (siamo settimi dopo Giappone, Kuwait, Islanda, Spagna, Francia e Svizzera)", spiega Luca Ronfani, pediatra epidemiologo, direttore della Struttura di Epidemiologia clinica e ricerca sui servizi sanitari dell'ospedale Burlo Garofolo di Trieste, che coordinerà la prossima edizione italiana del lavoro: per 20 mesi - da ottobre 2018 a maggio 2020 - essa vedrà coinvolti 14 istituti italiani e oltre 40 ricercatori, nella raccolta di indicatori utili a tracciare un quadro dei principali fattori di rischio che impattano sulla salute degli italiani (fumo, ambiente, abitudini alimentari, incidenti e molto altro). Quanto alle cause di morte 'fotografate' dall'attuale Gdb, si conferma una situazione non molto cambiata dal 1990. I “big killer” rimangono le malattie cardiovascolari, seguite dai tumori nel loro complesso e da disturbi neurologici

Mercoledì, 07 Novembre 2018 11:05

Meno sale? Più benessere!

Roma, 7 novembre 2018 - La dieta occidentale utilizza troppo sale. Non bisogna pensare solo a quello che viene aggiunto all’insalata, nella pasta o su una bistecca. Esiste anche quello nascosto nei cibi precotti, conservati, o negli snack. Un consumo eccessivo può favorire l’ipertensione arteriosa, la principale causa di malattie cardiovascolari, un vero e proprio killer silenzioso. “E’ la causa prima di mortalità in tutto il mondo – spiega il prof. Enrico Agabiti Rosei, Past President dell’European Society of Hypertension (ESH) -. Si tratta del fattore di rischio più importante e come causa di eventi fatali e non fatali ha superato il fumo di tabacco e l’inquinamento atmosferico. In Europa si spendono ogni anno circa 200 miliardi per il trattamento delle malattie cardiovascolari che in gran parte sono correlate all’ipertensione. E’ possibile prevenirla iniziando proprio dalla tavola”. Il nostro palato si abitua in fretta: prova a ridurre in modo graduale il sale in cucina, vedrai che in poco tempo non noterai la differenza rispetto a prima. Un trucco consiste nel sostituire il sale con erbe aromatiche (prezzemolo, rosmarino, basilico, aglio, cipolla, origano, ecc.) e spezie (peperoncino, pepe, curry, ecc.).