FIMP NEWS

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Roma, 14 dicembre 2018 - “Continua ad intensificarsi l’attività dei virus influenzali e l’incidenza raggiunta si avvicina alla soglia epidemica. Il livello di incidenza in Italia è pari a 2,78 casi per mille assistiti”. È quanto rileva l’ultimo bollettino Influnet curato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS). La fascia di età maggiormente colpita è quella dei bambini al di sotto dei cinque anni in cui si osserva un’incidenza pari a 6,88 casi per mille assistiti. Nella fascia di età 5-14 anni a 3,09 nella fascia 15-64 anni a 2,81 e tra gli individui di età pari o superiore a 65 anni a 1,53 casi per mille assistiti. Il numero di casi stimati in questa settimana è pari a circa 168.000, per un totale, dall’inizio della sorveglianza, di circa 814.000 casi. Dodici le Regioni che hanno superato la soglia epidemica. Lombardia, P.A. di Trento, Abruzzo e Molise le Regioni con più alta incidenza. Rispetto allo stesso periodo del 2017 quando c’erano stati 768 mila casi si sono registrati 46 mila casi in più.

 

Roma, 13 dicembre 2018 – “Oltre 2 milioni di persone ogni giorno lavorano nella prima impresa del Paese, quella della salute. E a tutti loro va il nostro profondo ringraziamento”. E’ quanto ha affermato ieri il Ministro della Salute, Giulia Grillo nel suo intervento alla celebrazione dei 40 anni del servizio sanitario nazionale. “Per me - sottolinea Grillo - è motivo di orgoglio aver riunito qui nel nostro ministero tutte le anime che compongono il nostro Servizio sanitario nazionale. Ho ritenuto fosse doveroso ospitare qui, a casa nostra, le più alte cariche dello Stato per dare un segno di vicinanza agli oltre 2 milioni di cittadini che ogni giorno lavorano nelle corsie, negli ambulatori, nei presidi sul territorio, nelle farmacie, nelle amministrazioni della sanità del nostro Paese, di tutto il Paese al servizio dei cittadini e della loro salute”. “I nostri padri costituenti - ricorda Grillo - hanno scritto a chiare lettere nella Carta costituzionale che quello alla salute è un diritto 'fondamentale'. Solo così ogni cittadino può vivere nella certezza che la Repubblica tutela la salute nel pieno rispetto della persona umana, nell'interesse della collettività e indipendentemente dalle condizioni sociali e di reddito. Siamo qui per celebrare l'istituzione del nostro servizio sanitario nazionale, celebriamo un patrimonio di idee e di organizzazione, di lavoro e di strutture, di scienza, ma anche di umanità che dà corpo al nostro Sistema sanitario nazionale. Un progetto che diventa reale ogni giorno, soltanto grazie al lavoro delle donne e degli uomini che lo rendono concreto ad ogni livello e che ne fanno la storia”.

Roma, 12 dicembre 2018 – Ai bambini non vanno dette le bugie: non è solo un motto ma una certezza scientifica. Uno studio mette sull’attenti i genitori che tendono a censuare le emozioni negative per non turbare la serenità dei propri figli. I bambini, in realtà, più hanno a che fare con mamme e papà che si mostrano stressati o arrabbiati, senza nascondere nulla, più hanno uno stretto rapporto con loro. A dirlo è una ricerca della Washington State University e delle Università della California a Berkley e a San Francisco che è stata pubblicata sulla rivista scientifica Emotion. Lo studio è stato condotto su 109 genitori con i loro figli. I piccoli, tra 7 e 11 anni sono meno reattivi e con un atteggiamento meno positivo nei confronti dei genitori che autocensurano i propri sentimenti negativi. “I bambini sono bravi a raccogliere spunti sottili dalle emozioni – commenta Sara Waters, ricercatrice che ha contribuito allo studio – se sentono che qualcosa di negativo è successo e che i genitori stanno agendo normalmente e non lo rendono visibile, questo è fonte di confusione per loro: sono due messaggi in conflitto”. Piuttosto che sopprimere le emozioni di fronte ai figli, Waters suggerisce che la migliore cosa da fare è far vedere ai bambini un conflitto sano, dall’inizio alla fine. “Lascia che vedano l’intero percorso – sottolinea – questo aiuta i bambini a imparare a regolare le proprie emozioni e a risolvere i problemi, perché vedono che i problemi possono essere risolti. E’ meglio far sapere ai bambini che ti senti arrabbiato e dirgli cosa farai per migliorare la situazione”.

Roma, 11 dicembre 2018 - Per consentire alla nostra creatività di esprimersi, il cervello umano sopprime le idee ovvie. E’ quanto emerge da uno studio della Queen Mary University di Londra e della Goldsmiths University of London, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences. La ricerca mostra che le onde cerebrali svolgono un ruolo cruciale nell'inibire le modalità di pensiero abituale per aprire la strada all'accesso alle idee più remote. Il team di studiosi ha scoperto che queste onde cerebrali, o oscillazioni alfa nell'area temporale destra del cervello, aumentano quando si ha bisogno di sopprimere le associazioni fuorvianti per compiti creativi. Livelli più elevati di onde cerebrali alfa consentono alle persone di elaborare idee che sono più lontane dagli usi ovvi o noti. Stimolando la parte temporale destra del cervello nella frequenza alfa aumenta la capacità di inibire collegamenti ovvi in entrambi i tipi di pensiero creativo, quello convergente (trovare una soluzione "pronta all'uso") e divergente (quando si devono inventare diverse idee creative). I ricercatori hanno dimostrato il meccanismo neurale responsabile della creatività monitorando l'attività elettrica del cervello attraverso un elettroencefalogramma. L'uso di una tecnica non invasiva denominata stimolazione cerebrale transcranica alternata ha anche permesso loro di sondare il ruolo delle onde. Gli esperimenti condotti hanno esaminato il modo in cui il cervello affronta una serie di compiti creativi come trovare parole che si colleghino tra loro. Ad esempio, ogni volta che cerchiamo concetti associati a una parola, partiamo da associazioni più forti per spostarci verso quelle più remote. "Prendere una strada meno percorsa - chiarisce Joydeep Bhattacharya, coautore dello studio - è necessario per pensare in modo creativo, e le nostre scoperte forniscono alcune prove su come questo venga fatto nel cervello".

Roma, 7 dicembre 2018 – Ben il 70% dei pazienti mente durante una visita con il proprio medico. In particolare non dicono tutta la verità sull'alimentazione, sull'attività fisica, sull'adesione alle terapia e sulla regolarità delle cure. E’ quanto sostiene uno studio americano condotta su oltre 4.500 persone dai ricercatori in Scienze sociali del Middlesex Community College (Massachusetts) e pubblicato su Jama Medical Education. I pazienti, intervistati on line, dovevano indicare - per sette categorie di informazioni - se avevano mentito, o omesso la verità al proprio dottore durante un consulto. Sette intervistati su dieci hanno ammesso di non avere, deliberatamente, fornito tutte le informazioni richieste. In particolare, più di un terzo ha ammesso di non aver mostrato il proprio disaccordo con il clinico. Un quarto non ha capito le 'istruzioni' ma non lo ha detto, uno su 5 non ha seguito correttamente il trattamento. L'11% ha preso terapie prescritte ad altri senza poi ammetterlo con il medico. I dati, precisano i ricercatori, dimostrano che i camici bianchi molto spesso si prendono cura dei propri pazienti senza avere tutte le informazioni necessarie. A 'frenare' gli assistiti, secondo gli stessi intervistati, la volontà di non essere giudicati 'cattivi pazienti' oppure l'idea che l'informazione 'nascosta' non cambi nulla. Ma c'è anche chi 'non vuole far perdere tempo' al medico. I ricercatori ricordano che la relazione di cura e la fiducia reciproca ha effetti importanti sulla salute. Ma sottolineano anche che i medici, in genere, hanno piuttosto chiara l'attitudine dei pazienti a non dire tutta la verità.

Giovedì, 06 Dicembre 2018 11:43

OMS: nel 2017 casi morbillo aumentati del 30%

Roma, 6 dicembre 2018 – Nel 2017 i casi di morbillo sono aumentati e diversi Paesi hanno subito epidemie gravi e protratte della malattia. A causa delle lacune nella copertura vaccinale, i focolai di morbillo si sono verificati in tutte le regioni, mentre sono stati stimati 110 000 decessi correlati alla malattia. Sono i dati di un nuovo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità recentemente pubblicato. Il documento fornisce le stime più esaurienti dell’andamento del morbillo negli ultimi 17 anni e mostra che dal 2000 sono state salvate oltre 21 milioni di persone con le vaccinazioni. Tuttavia, i casi segnalati sono aumentati di oltre il 30% in tutto il mondo a partire dal 2016. Le Americhe, la regione del Mediterraneo orientale e l’Europa hanno registrato i maggiori aumenti nei casi nel 2017, con il Pacifico occidentale l’unica regione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in cui l’incidenza del morbillo è diminuita. “L’aumento dei casi di morbillo è profondamente preoccupante, ma non sorprendente”, ha affermato Seth Berkley, CEO di Gavi, Vaccine Alliance, “il disinteresse per la malattia e la diffusione delle falsità sul vaccino in Europa, un sistema sanitario collasso in Venezuela e sacche di fragilità e scarsa copertura immunitaria in Africa si stanno combinando per provocare una rinascita globale del morbillo dopo anni di progressi. Le strategie esistenti devono cambiare: maggiori sforzi devono essere fatti per aumentare la copertura di vaccinazione di routine e rafforzare i sistemi sanitari. Altrimenti continueremo a inseguire un’epidemia dopo l’altra”.

Roma, 5 dicembre 2018 – Ai bambini non vanno dette le bugie: non è solo un motto ma una certezza scientifica. Uno studio mette sull’attenti i genitori che tendono a censuare le emozioni negative per non turbare la serenità dei propri figli. I bambini, in realtà, più hanno a che fare con mamme e papà che si mostrano stressati o arrabbiati, senza nascondere nulla, più hanno uno stretto rapporto con loro. A dirlo è una ricerca della Washington State University e delle Università della California a Berkley e a San Francisco che è stata pubblicata sulla rivista scientifica Emotion. Lo studio è stato condotto su 109 genitori con i loro figli. I piccoli, tra 7 e 11 anni sono meno reattivi e con un atteggiamento meno positivo nei confronti dei genitori che autocensurano i propri sentimenti negativi. "I bambini sono bravi a raccogliere spunti sottili dalle emozioni - commenta Sara Waters, ricercatrice che ha contribuito allo studio - se sentono che qualcosa di negativo è successo e che i genitori stanno agendo normalmente e non lo rendono visibile, questo è fonte di confusione per loro: sono due messaggi in conflitto". Piuttosto che sopprimere le emozioni di fronte ai figli, Waters suggerisce che la migliore cosa da fare è far vedere ai bambini un conflitto sano, dall'inizio alla fine. "Lascia che vedano l'intero percorso - sottolinea - questo aiuta i bambini a imparare a regolare le proprie emozioni e a risolvere i problemi, perché vedono che i problemi possono essere risolti. E' meglio far sapere ai bambini che ti senti arrabbiato e dirgli cosa farai per migliorare la situazione".

Roma, 4 dicembre 2018 – Se la vaccinazione non riesce a prevenire l'influenza comunque riduce le possibili complicanze dovute all'infezione. In particolare l'efficacia nel ridurre casi gravi o morti è del 44% nella popolazione anziana. E’ quanto sostiene una ricerca condotta su circa 1.700 persone ricoverate a causa del virus e pubblicato su Eurosurveillance, la rivista europea sulla sorveglianza delle malattie infettive. Ogni anno, tra il 5 e il 20 per cento della popolazione mondiale si ammala di influenza, sono tra 3 e 5 milioni i casi gravi di malattia e tra 300.000 e 500.000 i morti. Il vaccino, che e' necessario ripetere ogni anno perche' il virus influenzale muta in continuazione, riesce a prevenire in molti casi il contagio, ma non sempre. Tuttavia anche quando questo non accade, ha comunque dei benefici nella prognosi. Questo l'aspetto approfondito dal nuovo studio, condotto presso l'Istituto di salute Carlos III, in Spagna, che ha analizzato l'efficacia dei vaccini anti-influenzali nel ridurre ricoveri e morte in pazienti vaccinati che avevano contratto l'influenza. I ricercatori hanno studiato tutti i casi gravi in 12 ospedali catalani durante le stagioni 2010-2011 e 2015-2016, periodo durante il quale sono stati ricoverati 1.727 pazienti, dei quali 591 in terapia intensiva e 223 con esito mortale. I risultati mostrano che, tra chi aveva avuto casi gravi, la vaccinazione era stata meno frequente (21% dei casi) mentre era stata più frequente (30%) in chi mostrava sintomi più benigni. L'efficacia nel prevenire casi gravi o morte è stata in media del 23%, ma arrivava al 44% per le persone sopra i 65 anni. Merito dell'effetto sul sistema immunitario: essere vaccinati fa sviluppare infatti una preesistente memoria cross-reattiva dei linfociti T, in grado di ridurre la gravità dell'infezione anche senza anticorpi protettivi specifici.

Roma, 30 novembre 2018 – Per i bimbi poveri che vivono nelle aree urbane il rischio di morire, prima di aver compiuto i 5 anni di età, è più alto rispetto a chi abita in contesti rurali. Non solo: l’abbandono scolastico, prima di aver completato la scuola primaria, è un fenomeno più comune in città. È questo il quadro che emerge dal rapporto 'Vantaggio o paradosso' dell'Unicef. Si stima che fino a un miliardo di persone vivano negli slum, centinaia di milioni dei quali sono bambini. L’Africa e l’Asia si stanno urbanizzando rapidamente. Entro il 2030, sette delle dieci città più grandi saranno in Asia; la popolazione urbana dell’Africa è quella che cresce più velocemente, con un tasso annuale di crescita del 3,7%. Il rapporto rivela che “non tutti i bambini nelle aree urbane traggono beneficio dal cosiddetto 'vantaggio di vivere in città' con l’idea che stipendi maggiori, infrastrutture migliori e prossimità ai servizi garantiscano alle persone che vivono in città vite migliori. Al contrario, le disuguaglianze, l’esclusione e le sfide per il benessere, come rischi ambientali e per la salute, nelle città possono sfociare insieme in un 'paradosso urbano' in cui molti residenti, fra cui bambini, subiscano e soffrano maggiori privazioni gravi rispetto ai loro coetanei che vivono in aree rurali”. “Per i genitori che vivono in aree rurali, a prima vista, le ragioni per migrare verso le città sembrano ovvie: maggiore accesso al lavoro, all’assistenza sanitaria e a opportunità formative per i loro bambini", ha dichiarato Laurence Chandy direttore dell’Unicef per dati, ricerca e politiche. “Ma non tutti i bambini che vivono in città ne stanno beneficiando in maniera eguale; abbiamo prove di milioni di bambini nelle aree urbane che vivono in condizioni peggiori rispetto ai loro coetanei nelle aree rurali”.

Roma, 29 novembre 2018 – Il luogo dove si vive ha un forte impatto importante sulla nostra salute. Se le condizioni e la qualità sono scarse, possono insorgere malattie respiratorie come l'asma, patologie cardiovascolari, lesioni, malattie mentali e infettive, come tubercolosi, influenza e diarrea. E’ quanto sostiene l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che ha pubblicato le Linee Guida per ridurre i rischi di salute legati alle abitazioni. Migliorando le condizioni abitative, sottolinea l’OMS, si possono salvare vite, prevenire malattie, ridurre la povertà e aiutare a mitigare l'impatto del cambiamento climatico. Interventi ancora più importanti se si considera che la popolazione nelle città è destinata a raddoppiare entro il 2050, in particolare gli anziani, che trascorrono più tempo a casa. Le raccomandazioni contenute nel documento spiegano come agire su spazi inadeguati e affollati, temperature interne troppo basse o alte, i pericoli di lesione e l'accessibilità alle persone con disabilità. Ad esempio nelle zone dai climi freddi una temperatura interna sicura per proteggere dagli effetti del freddo dovrebbe essere almeno di 18°, mentre nelle aree dai climi caldi vanno adottate strategie per evitare un eccesso di calore. Nel documento si indicano alcuni interventi migliorativi, come per esempio installare isolanti termici efficienti e sicuri per migliorare la temperatura interna, il consumo di energia e ridurre le emissioni di carbonio. Le linee guida danno indicazioni anche sulla qualità dell'acqua e dell'aria, il rumore nel vicinato, amianto, piombo, fumo di sigaretta e radon.