FIMP NEWS

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LA TRANSIZIONE DALL’ETA’ PEDIATRICA ALL’ETA’ ADULTA

Pubblicato su "AIP Informa" n1 del Febbraio 2017


S. Graziani, Mayla Sgrulletti, Manuela Marzella, Valentina Rinaldi, Letizia Piazza, Viola Giovinazzo, Martina Borzi, L. Chini e Viviana Moschese
Centro di Immunologia Pediatrica, Policlinico Tor Vergata, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Roma


I progressi della medicina nella diagnosi e nella terapia delle patologie croniche, quali le immunodeficienze primitive, hanno ridotto la morbilità e la mortalità dei pazienti affetti da tali patologie. Questo dato positivo, tuttavia, ha creato la necessità di garantire ai giovani pazienti un graduale e programmato passaggio clinico-terapeutico, corrispondente all’evoluzione dei loro bisogni medici e psico-fisici, dall’ assistenza pediatrica a quella dell’adulto. Tale passaggio è insito nel concetto di “transizione”, processo dinamico e programmato che tiene conto del progressivo ed soggettivo cambiamento psicologico e comportamentale del bambino che diventa adulto e che conduce all’acquisizione della consapevolezza della malattia nonché della capacità e della responsabilità di un’autogestione. Da un punto di vista strettamente temporale, il periodo della transizione viene principalmente identificato con quello compreso tra la comparsa dei segni di sviluppo puberale ed il raggiungimento del pieno sviluppo somatico dell’adulto, ma considerare solo l’età anagrafica del giovane paziente e non tutto quanto è insito nel concetto di Transizione ne può causare il fallimento. Altri fattori che possono determinare il fallimento della transizione sono la difficoltà del medico degli adulti ad approcciare patologie che, avendo un esordio precoce, fino a qualche anno fa venivano gestite esclusivamente dal pediatra oppure il profondo rapporto interpersonale che si instaura tra il paziente ed il personale medico-infermieristico pediatrico o la differente gestione tra il modello di cura pediatrico e quello dell’adulto. Tali considerazioni fanno capire che la gestione del paziente con patologia cronica richiede l’interazione di diverse figure specialistiche. Realizzare una vera transizione vuol dire creare percorsi che prevedano una stretta collaborazione tra i pazienti e le loro famiglie, il personale medico-infermieristico e lo psicologo che seguono il paziente durante l’epoca pediatrica ed il personale sanitario che lo seguirà nel periodo post-adolescenziale. Naturalmente, per garantire uniformità tra le diverse strutture che seguono i pazienti con patologie croniche, sarebbe opportuno che le reti collaborative, le
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associazioni e le società scientifiche elaborassero dei percorsi diagnostico-terapeutici e delle linee guida comuni.
Le Immunodeficienze Primitive (IDP) comprendono un gruppo eterogeneo di condizioni che interessano lo sviluppo del sistema immunitario con conseguente aumentata suscettibilità alle infezioni ed all’immuno-disregolazione tra cui patologie autoimmuni, patologie infiammatorie e patologie neoplastiche. Il miglioramento delle nuove conoscenze sulla storia naturale della malattia, la possibilità di effettuare una diagnosi precoce, le nuove terapie disponibili e la migliore gestione delle complicanze hanno permesso un aumento dell’aspettativa di vita dei soggetti affetti. Prima dell’introduzione della terapia sostitutiva con immunoglobuline la sopravvivenza dei pazienti con Immunodeficienza Comune Variabile (ICV) era pari al 37% e la mortalità dei pazienti con Agammaglobulinemia X-linked (XLA) era pari al 18%, tuttavia con la terapia sostitutiva, in associazione a terapie antibiotiche mirate, la sopravvivenza dei pazienti con ICV è salita al 78% e la mortalità dei pazienti con XLA è scesa al 5%. In questo contesto, la rete Nazionale IPINet (Italian Primary Immunodeficiency Network) con i suoi 62 Centri distribuiti su tutto il territorio nazionale, rappresenta un’istituzione di riferimento per offrire una diagnosi precoce ed una gestione appropriata ai pazienti affetti da IDP sia attraverso l’istituzione di protocolli di diagnosi e cura condivisi sia promuovendo iniziative rivolte al miglioramento delle conoscenze.
Attualmente i pazienti affetti da IDP, di cui quelli con predominanza di difetti anticorpali rappresentano il 50-60%, hanno un’età inferiore ai 19 anni nel 60-65% dei casi e un’età adulta nel restante 35-40% dato che sottolinea ulteriormente l’importanza dell’attuazione di un adeguato processo di transizione. Il nostro Centro di Immunologia Pediatrica del Policlinico Tor Vergata, in collaborazione con AIP, grazie anche al prezioso supporto di Andrea Gressani, ha realizzato un questionario valutativo, sia per l’età pediatrica sia per l’età adulta, per identificare i bisogni e le aspettative dei pazienti, con il fine ultimo di ottimizzare la transizione. Sono stati analizzati 58 questionari, 37 compilati da pazienti adulti (età media 38 anni) e 21 compilati da pazienti pediatrici (età media 11 anni). Complessivamente, il grado di soddisfazione del processo di transizione è del 54% (Fig. 1) e le risposte hanno fornito informazioni sul management e sulle principali criticità. In particolare è emerso che nel 60% dei casi nello stesso Ospedale non sono presenti il Centro Pediatrico e quello dell’Adulto e che circa il 20% dei bambini viene seguito dal centro dell’adulto ed il 20% dei pazienti adulti continua ad essere seguito dal centro pediatrico. Nel 30% dei casi, la scelta del Centro si basa essenzialmente sulla distanza dal luogo di residenza. Il passaggio al Centro dell’adulto è nella maggior parte dei casi richiesto direttamente dal paziente e nel 33% dei casi è
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una decisione del pediatra (Fig.2). Nel 45% dei casi i pazienti prendono direttamente contatti con il Centro dell’Adulto, senza il supporto del personale sanitario che fino ad allora si è occupato di loro, e circa il 78% dei pazienti afferma di non aver mai sentito parlare del processo di transizione. Questi dati dimostrano che l’assenza di una corretta informazione e di programmi dedicati non permette il processo di transizione ed indicano la necessità di migliorare la comunicazione tra il personale sanitario, il paziente e la famiglia, già al momento della diagnosi, circa il percorso assistenziale presente e futuro.
Nel questionario erano presenti anche domande circa l’assistenza ricevuta nel centro di appartenenza. L’80% dei pazienti è soddisfatto della gentilezza, disponibilità, attenzione rivolta allo stato di salute e capacità di ascolto del personale medico ed infermieristico nonché del coordinamento tra le diverse figure assistenziali e del rispetto della privacy. Viene notevolmente apprezzata la chiarezza, la semplicità e la precisione delle spiegazioni delle informazioni fornite. Tuttavia è anche emerso che in circa il 60-70% dei Centri non è presente la figura dello psicologo, elemento cardine della transizione, visto il coinvolgimento emotivo e psicologico del giovane paziente e della famiglia nel momento del passaggio al Centro dell’Adulto. Inoltre, il sostegno psicologico è fondamentale anche nel paziente adulto con patologia cronica che, lungo il suo difficile percorso, potrebbe avere momenti di stress emozionale.
Il paziente con patologia cronica quotidianamente si trova ad affrontare anche problematiche organizzative e burocratiche, sia in ambito scolastico che lavorativo. E’ stato quindi indagato anche questo aspetto. I pazienti hanno espresso un grado di soddisfazione buono relativo al supporto delle certificazioni per il riconoscimento dell’esenzione e/o dell’invalidità, nonché per tutte le documentazioni scritte necessarie.
Per ciò che riguarda il comfort ambientale e gli spazi disponibili in reparto, circa il 20-25% dei pazienti si dichiara poco soddisfatto ed il 25% esprime difficoltà a prendere contatti diretti con il Centro, in caso di necessità. Quest’ultima problematica spesso è legata alle ridotte risorse medico-infermieristiche specializzate che rendono impossibile, pur con senso di frustrazione nel personale sanitario energicamente impegnato, il benessere completo dei propri pazienti.
Le informazioni ottenute dal questionario ed i commenti dei pazienti hanno stigmatizzato quelli che dovrebbero essere gli aspetti fondanti della transizione (Fig.3). In considerazione di ciò, il Centro di Immunologia Pediatrica del Policlinico di Tor Vergata ha realizzato il modello di transizione PUER (Parvulis Utilitis Est Reverentia). Questo programma prevede varie attività,
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condivise tra i diversi operatori sanitari coinvolti, per aiutare il paziente ad assumere piena consapevolezza della propria malattia nonché ad ottenere una sua graduale ed attiva partecipazione e responsabilizzazione nella gestione terapeutica. Tale acquisizione può garantire un passaggio proattivo ai Centri di Riferimento per le Immunodeficienze Primitive dell’Adulto. Nell’ambito di questo processo, un ruolo chiave è svolto, oltre che dal personale medico, dal personale infermieristico, altamente specializzato, che si occupa del supporto organizzativo, logistico ed amministrativo e del training del paziente e dei suoi familiari nella gestione della terapia sostitutiva, inclusa quella per via sottocutanea. Inoltre, attraverso il “telenursing”, è garantito un supporto telematico, anche a distanza, che i pazienti e le loro famiglie apprezzano molto per affrontare le varie problematiche relative alla patologia di base. Attraverso il telenursing può essere facilitato anche il contatto con il centro dell’adulto, per una gestione condivisa delle problematiche e delle terapie, durante il processo di transizione.
Parte essenziale di PUER è l’aggiornamento costante del personale medico e di quello infermieristico, sia con la partecipazione a Corsi di Master e Perfezionamento, come quelli istituiti specificamente dall’Università di Roma Tor Vergata per un approfondimento non solo scientifico ma anche clinico-pratico sulle patologie immuno-mediate, sia con la partecipazione alle riunioni della rete nazionale (IPINet) e delle reti internazionali (ESID, INGID). Inoltre ai pazienti viene fornita un’informazione sempre aggiornata sull’evoluzione degli strumenti a disposizione per la gestione ottimale delle immunodeficienze attraverso incontri periodici con tutto lo staff.
In PUER tra le figure specialistiche è fondamentale quella dello psicologo che si occupa dell’aspetto emotivo e delle relazioni interpersonali sia in ambito familiare che sociale dei pazienti e che li accompagna nei cambiamenti emozionali e psicologici delle diverse fasi evolutive.
PUER prevede anche servizi di supporto che permettono al paziente di trascorrere nel migliore dei modi il tempo di soggiorno in Ospedale. Tali servizi, complementari ma essenziali nel nostro ambiente pediatrico, sono la clownterapia, l’attività ludica garantita dalla Associazione Volontari per il Policlinico Tor Vergata ed il programma “Leggere per crescere”.
I programmi di transizione, come PUER, offrono ai pazienti una continuità assistenziale di qualità e devono prevedere collaborazioni tra la comunità, i familiari e gli specialisti del settore e l’adeguato riconoscimento e regolamentazione da parte degli organi istituzionali. La transizione infatti deve fornire anche un supporto di carattere prettamente amministrativo, relativamente alle certificazioni dell’esenzione, le domande di invalidità, la stesura dei piani terapeutici ed eventuali
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certificazioni per il sostegno scolastico, tutte problematiche che quotidianamente i pazienti e le loro famiglie si trovano, purtroppo, ad affrontare.
Infine, una transizione non può essere completa se nel graduale passaggio al centro dell’Adulto non vengono coinvolti i pediatri di libera scelta, i medici di medicina generale ed i servizi territoriali, anche attraverso specifici incontri e corsi ECM.
In conclusione solo il miglioramento della performance del sistema congiuntamente allo sviluppo della ricerca e delle innovazioni tecnologiche renderà possibile tutelare “a tutto tondo” lo stato di salute dei nostri pazienti.

Giovedì, 23 Marzo 2017 00:39

Il sospetto di Immunodeficenza Primitiva

Silvia Ricci
Immunologia Pediatrica Dipartimento di Pediatria Università di Firenze
Ospedale Pediatrico Universitario A. Meyer - Centro Jeffrey Modell per Immunodeficienze, Firenze

Le immunodeficienze primitive (IDP), sono malattie rare la cui frequenza complessiva è stimata circa di 1/5000 nella popolazione generale. Tale dato sarà destinato a numerose e continue variazioni nel prossimo futuro, dato che negli ultimi anni, grazie all’utilizzo di nuove metodiche di analisi genetica (Next Generation Sequencing), vengono descritti ogni anno decine di nuovi deficit immunologici. Si conoscono attualmente più di 230 geni responsabili di varie forme di IDP1. Tale rivoluzione “culturale” nella diagnostica delle immunodeficienze primitive ha condotto alla scoperta di alcune forme dallo spettro clinico molto eterogeneo, spesso differenti dalle forme classiche conosciute fino ad ora. Tuttavia, queste forme “non convenzionali” sono attualmente molto più rare delle forme classiche. Il pediatra di famiglia, insieme all’auspicabile implementazione dello screening neonatale per le IDP, gioca sicuramente un ruolo chiave nella possibilità di formulare una diagnosi precoce, quantomeno di tutte le forme classiche, che sono le più comuni. Data l’evoluzione naturale spesso drammatica delle IDP, la diagnosi precoce è essenziale: permettendo una presa in carico corretta di questi pazienti, se ne riduce morbilità e mortalità. Questo articolo si pone come obiettivo quello di ricordare i principali segnali di allarme per IDP, e le prime indagini da eseguire in caso di sospetto.
Quando bisogna sospettare un’immunodeficienza primitva?
È sicuramente un compito difficile ad oggi stilare una lista di campanelli d’allarme esaustiva. Tuttavia, se un soggetto presenta due o più dei “10 Warning Signs of Primary Immunodeficiency” stilati nel 1993 dalla Jeffrey Modell Foundation (Figura 1)2 il sospetto di una forma di IDP diventa concreto. Tali criteri, dunque, risultano ancora attuali almeno per quanto riguarda tutte le forme classiche che rappresentano la maggioranza dei casi. Una scrupolosa raccolta della storia clinica del bambino e della sua famiglia riesce a orientare il sospetto in modo corretto 3.

Continua...

Venerdì, 24 Febbraio 2017 00:05

I VACCINI e LE VACCINAZIONI

Care/i colleghe/i,

Vi inoltro questo opuscolo sulle vaccinazioni, redatto da un gruppo di lavoro coordinato dal prof. Giorgio Cantelli Forti Presidente della Società Italiana di Farmacologia (SIF) , con lo scopo di divulgare nozioni corrette su un tema molto attuale nel Paese.

E' palese che le vaccinazioni, con l' uniforme adozione in tutte le Regioni dei vaccini inseriti nel nuovo Calendario del Piano Nazionale 2017-2019, sono diventate oggetto di progressivo impegno professionale per tutti i soggetti coinvolti nella applicazione dei nuovi LEA in materia di prevenzione delle malattie infettive.

Come vi è noto, la nostra Federazione nel 2003 per prima ha promosso l'idea di formulare una proposta di Calendario nazionale basato su evidenze scientifiche e negli anni su quella idea è maturato il connubio con Siti, FIMMG e SIP fino ad arrivare alla proposta del Calendario per la Vita del 2016 adottato quasi per intero nella legge sui LEA.

In concomitanza con questi eventi si renderà necessario rivedere il ruolo del Pediatra di famiglia nel sostegno alle Vaccinazioni affiancando al tradizionale compito di supporto promozionale ed educativo anche un ruolo attivo nella erogazione dei vaccini stessi. Già da tempo alcune realtà stanno coinvolgendo i pediatri di famiglia in questa nuova funzione, con soddisfazione delle parti sotto diversi profili, dimostrando la maggior efficacia nel raggiungimento di alte coperture vaccinali laddove il pediatra di fiducia assume un ruolo attivo. Questo percorso non sarà semplice né veloce perché dovrà passare attraverso il consenso delle parti e dei professionisti adattandosi ai modelli locali, ma è una strada segnata che porterà molti vantaggi alla categoria rendendola sempre più essenziale al SSN e garantendoci un futuro consolidato nel contesto di una organizzazione delle cure in continua evoluzione.

Per questo motivo tutto ciò che fa cultura sull'argomento è ben accetto e funzionale e la FIMP, ma anche le altre tre Società scientifiche del Calendario per la Vita, ha accolto con favore la proposta di coinvolgimento della SIF sul suo elaborato ( diretto agli operatori del settore, ma utilizzabile anche da noi ) contribuendone alla stesura definitiva e patrocinandolo secondo i principi espressi nella prefazione del testo.

Ovviamente il nostro percorso resta autonomo nella sua originalità ma ampliare l'orizzonte con nuovi compagni di viaggio ci aiuta nel gravoso compito di sostenere le coperture vaccinali che sciagurate campagne detrattive mettono a rischio.

Augurandovi buona lettura non mancherò di tenervi aggiornati sul più complesso sviluppo del nostro ruolo che comunque avrete modo di discutere coi vostri referenti locali.

Un cordiale saluto
Giampietro Chiamenti
Presidente Nazionale FIMP

pdfvaccini.pdf1.38 MB

TRENTO - 28 SETTEMBRE 2019

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NAPOLI - 7 DICEMBRE 2019

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