FIMP NEWS

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Venerdì, 18 Gennaio 2019 09:10

SPORT E SONNO

A cura di Emanuela Malorgio, coordinatrice nazionale gruppo di studio Sonno FIMP

Il modo in cui dormono i nostri ragazzi può influenzare la loro performance sportiva diurna ? È' una domanda interessante perché, se questa ipotesi fosse confermata, potrebbe essere un buon punto di riflessione da proporre a quei genitori che vedono nei propri figli futuri campioni di diverse discipline sportive.

Diciamo che potremmo sfruttare una lecita speranza genitoriale (talvolta non troppo educativa) per ottenere un effetto positivo, inducendo una maggior attenzione all’ educazione ad un buon sonno, attraverso poche regole di igiene del sonno valide per figli e genitori.

Anche Lauren Hale della Stony Brook università di New York si é posta la domanda iniziale ed ha condotto uno studio sulle performance di 112 giocatori professionisti di basket dell' NBA in un periodo tra il 2009 e il 2016, ponendole in relazione all'attività notturna con device e alla conseguente deprivazione di sonno. La ricercatrice ha considerato diversi outcome (punti partita, palle perse, precisione tiri falli, etc), analizzando solo le partite giocate in casa, per eliminare il fattore confondente del viaggio.

I risultati ottenuti hanno evidenziato come l'attività serale e notturna con device e la conseguente deprivazione di sonno determina un ridotta performance degli atleti in gara, con particolare riduzione dei punti partita, della precisione di tiro e dei numero di rimbalzi recuperati.

Questo articolo può darci ulteriori argomenti per convincere i genitori ad essere educatori del " buon sonno" per i propri figli , in particolare evitando l' uso di device nelle ore notturne, allontanando tali strumenti dalle stanze dei ragazzi e dai loro comodini durante la notte, anche per un miglioramento delle performance sportive... Sottolineando sempre e comunque che lo sport deve essere prima di tutto movimento e divertimento.

Buona lettura

Venerdì, 18 Gennaio 2019 08:48

Lunga vita ai telomeri

Un anno fa la Mondadori ha pubblicato un libro dal titolo molto accattivante " La Scienza che Allunga la Vita – La rivoluzione dei telomeri ” . Le autrici di questo libro sono una biologa molecolare Elizabeth Helen Blackburn e una psicologa Elissa Epel . Elizabeth Helen Blackburn ha dedicato la sua intera vita professionale allo studio dei telomeri, nel 2009 ha ricevuto il Premio Nobel per la medicina assieme a Jack W. Szostak ed a Carol Greider per i loro studi sulla funzione svolta dai telomeri e dall'enzima telomerasi. Elissa Epel invece, si è sempre interessata dello stress psicologico e dei suoi effetti sulla salute. Le due ricercatrici,diverse per formazione ed esperienza professionale, hanno cercato di dare al lettore una spiegazione semplice, ma sostenuta da solide evidenze scientifiche, della ragione perché non tutti invecchiamo nello stesso modo, cercando nel contempo di dare preziosi consigli per giungere alla vecchiaia in buone condizioni fisiche e mentali. L'invecchiamento, sottolineano le autrici, non è un percorso geneticamente programmato per ogni individuo ma è un processo dinamico che può essere accelerato, rallentato o addirittura invertito dal nostro stile di vita. Tutti invecchiamo, in che modo dipende molto dalla salute delle nostre cellule, ma anche dai nostri telomeri e dalle telomerasi. I telomeri sono strutture localizzate all’estremità dei cromosomi il cui compito è proteggere il cromosoma stesso al fine di evitarne il deterioramento. Negli organismi eucarioti pluricellulari, la replicazione del DNA avviene durante il ciclo cellulare. Da una doppia elica di DNA “madre” si ottengono due doppie eliche di DNA “figlio”, la DNA polimerasi è l’enzima chiave della replicazione, ma ha un limite: non è in grado di replicare il DNA fino alla sua parte terminale. Interviene in questa fase la telomerasi, un grande complesso di proteine-RNA, che riconosce le sequenze telomeriche che compongono le parti terminali del DNA cromosomico evitando il danneggiamento e la perdita delle regioni terminali propriamente codificanti. Fino a poco tempo fa si riteneva che le sequenze telomeriche non codificassero per nessuna proteina (venivano infatti dette nonsense), oggi sappiamo che i telomeri sintetizzano molecole di RNA dette TERRA (TElomeric Repeat containing RNA) che si pensa servano proprio a regolare l’azione della telomerasi stessa. Ciò nonostante si è osservato che ad ogni divisione cellulare, i telomeri vanno incontro ad un fisiologico processo di accorciamento,l’accelerazione di questo processo può indurre una senescenza replicativa, che blocca la divisione cellulare e compromettere la funzione immunitaria. Addirittura se i telomeri diventano troppo brevi, la cellula può riconoscerli come danno del DNA e quindi smettere di crescere, entrare nella vecchiaia cellulare (senescenza) o avviare l'autodistruzione delle cellule programmate (apoptosi) a seconda dello stato genetico della cellula. Provare ad arrestare o rallentare l’accorciamento dei telomeri, come già detto, può essere un potente mezzo per rallentare l'invecchiamento. Si è scoperto infatti che questo processo non è dettato solo dal nostro genoma ma è influenzato dallo stress, dall’ambiente dove viviamo, dalla nostra capacità di reagire alle emozioni, dallo stile di vita che conduciamo. Molte sono le conferme di quanto esposto dalle due autrici, e molti dei risultati ottenuti da vari ricercatori interessano anche il mondo pediatrico. Stacy Drury, psichiatra, ricercatrice della Tulane University di New Orleans ha condotto una ricerca che ha coinvolto 136 orfani, di età compresa tra i 6 e i 30 mesi, ospiti degli orfanotrofi rumeni. Metà di loro ha continuato a vivere in orfanotrofio e metà è stata affidata a una famiglia adottiva, analizzando il DNA di questi bambini tra il sesto e il decimo anno di età si è scoperto che tanto più a lungo i piccoli avevano vissuto in orfanotrofio, tanto più corti erano i loro telomeri. Lo studio pubblicato recentemente sulla rivista Molecular Psychiatry conferma che stress emotivi, carenze affettive possono interferire con il normale funzionamento dei telomeri. Un altro interessante studio, pubblicato nel 2017 su The Journal of Pediatrics, è stato condotto da un gruppo di ricercatori dell'Università di Princeton (New Jersey, Stati Uniti) coordinati dai professori Sarah James e Daniel Notterman , ha coinvolto circa 1600 bambini (tutti di 9 anni) provenienti da varie città degli Stati Uniti ed ha messo a confronto ore di sonno e lunghezza dei telomeri. Dalle analisi di laboratorio è emerso che per ogni ora di sonno perduta dai bambini, rispetto alle ore quotidiane raccomandate per questa fascia di età, i loro telomeri si erano ridotti dell'1,5 percento. Le condizioni generali di salute dei bambini erano buone, ma i ricercatori evidenziano che questa variazione è comunque da attenzionare a distanza ,in quanto l'accorciamento dei telomeri è un fenomeno associato non solo alla senescenza ma anche ai deficit cognitivi e a molte altre patologie. Il sonno quindi, riprendendo una affermazione di William Shakespeare, è nutrimento di vita, alla luce dei risultati di questa ricerca è anche nutrimento dei nostri telomeri e garanzia di salute e longevità cellulare.

Mercoledì, 19 Dicembre 2018 10:16

"L'età non è uguale per tutti"

Eliana Liotta

“L’età non è uguale per tutti”

La nave di Teseo, maggio 2018. 18 euro.

Si può dilatare la giovinezza? E invertire il processo di invecchiamento? La risposta è sì, l’età non è uguale per tutti. Questo libro racconta come educare se stessi a restare giovani, nel corpo e nello spirito. La chiave per restare giovani è spegnere l’infiammazione, gettare acqua sui piccoli fuochi che ardono dentro di noi. Eliana Liotta, giornalista, blogger e divulgatrice scientifica, grazie al contributo multidisciplinare dei medici ed i ricercatori dell’ospedale universitario Humanitas, racconta come in un romanzo, ma con solide evidenze scientifiche, i mille fuochi che ardono nel nostro corpo, con i soldati del sistema immunitario ingaggiati in una guerra quotidiana. Nella seconda parte del libro, ogni lettore troverà una guida facile e pratica, per applicare alla propria quotidianità i risultati delle ricerche scientifiche: dalla dieta antinfiammatoria, con i cibi smart della giovinezza (i frutti rossi della copertina ne sono un esempio), agli esercizi (anche quelli per il cervello) e ai consigli contro lo stress.

A chi e perché consigliare questo libro? Sicuramente ai pediatri con i capelli grigi, e sono molti, ma soprattutto per ricordare che i corretti stili di vita si trasmettono e si imparano già dai primi anni di vita, e quindi il pediatra contribuisce ad un buon invecchiamento…

Fabrizio Fusco

Mercoledì, 19 Dicembre 2018 10:12

DOMANDE O RISPOSTE?

Nel 1987 un ricercatore giapponese dell‘Università di Osaka, Yoshizumi Ishino, descrisse per la prima volta un meccanismo immunitario utilizzato da alcuni batteri per difendersi dai virus. Questi batteri contengono dei frammenti di RNA "guida” noti come CRISPR, che sono in grado di riconoscere le sequenze di un DNA estraneo e una volta riconosciuto spingono su di esso un enzima detto Cas (CRISPR-associated), una endonucleasi che, funzionando come un paio di forbici, taglia il DNA dell’intruso, impedendone la replicazione. In anni recenti, nel 2012, i gruppi di ricerca di Jennifer Doudna e Emmanuelle Charpentier sono riusciti a sfruttare questo sistema di difesa naturale per introdurre modifiche specifiche nel genoma di organismi molto più complessi dei batteri, come animali e piante. Il sistema CRISPR dopo il taglio da parte dell’enzima Cas, viene associato ad un meccanismo di riparazione, chiamato “ricombinazione omologa”, che permette di riparare il taglio e di inserire le sequenze desiderate. Questa operazione di ingegneria genetica da la possibilità di correggere mutazioni che causano malattie genetiche o generare nuove difese, come i linfociti T resistenti all’HIV. In ambito vegetale, il sistema CRISPR/Cas ha permesso di generare piante con migliori caratteristiche nutrizionali o resistenti a patogeni. Abbiamo quindi a disposizione un correttore genomico ad alta precisione potenzialmente in grado di prevenire e curare molte delle patologie genetiche rare finora conosciute. Nel 2015 un’équipe cinese diretta da Junjiu Huang ha provato a correggere la mutazione genica della beta talassemia in embrioni umani non vitali, ovvero destinati alla ricerca e non in grado di svilupparsi, ma i risultati non sono stati particolarmente incoraggianti. Solo in alcuni degli embrioni sottoposti a taglio CRISPR/Cas e ricombinazione omologa si era ottenuto la correzione genica desiderata, mentre in molti embrioni si è osservato un alto numero di mutazioni indesiderate potenzialmente dannose. Lo studio inoltre ha sollevato importanti problemi di natura etica. Tuttora ci si chiede se sia lecito effettuare modifiche genetiche sull’uomo, anche se solo a scopo terapeutico o di ricerca. Alcune prestigiose riviste come Nature e Science sembra che abbiano rifiutato la pubblicazione della ricerca proprio per queste motivazioni. Ma questi dubbi non hanno fermato l’uso di questa tecnica sul genoma umano, è di questi giorni la notizia che uno scienziato cinese He Jiankui, ha dichiarato di essere riuscito a generare in due embrioni la capacità di resistere all’infezione da HIV trasmessa dai genitori. Questa comunicazione ha suscitato molte perplessità in quanto la ricerca non è stata pubblicata su nessuna rivista scientifica, ma soprattutto ha riaperto un aspro dibattito sul difficile rapporto tra scienza ed etica. Oggi più che in passato un medico deve avere piena coscienza del proprio operare, non può limitarsi ad affrontare il problema contingente ma deve saper guardare oltre, come ammoniva il grande filosofo Claude Lévi-Strauss “Lo scienziato non è l’uomo che fornisce le vere risposte; è quello che pone le vere domande…”


Mercoledì, 19 Dicembre 2018 10:10

MELATONINA: PER CONOSCERLA UN PO DI PIU’

A cura di E. Malorgio, coordinatrice nazionale FIMP per il gruppo di studio sul SONNO

La Melatonina è una delle sostanze sintetiche maggiormente utilizzate per i disturbi del sonno in età pediatrica. Tuttavia alcuni articoli evidenziano che più del 50% dei pediatri che utilizza tale integratore non è soddisfatto dei risultati ottenuti e quasi la stessa percentuale dichiara di conoscere poco la molecola e le sue caratteristiche.

Negli ultimi mesi in più occasioni abbiamo avuto modo di condividere con alcuni di voi poche ma spero chiare informazioni sulla molecola, mirate ad un utilizzo corretto della stessa in quei bambini che presentano un quadro di insonnia.

Al link troverete le slide di relazione rivolta proprio ad aumentare le conoscenze circa le caratteristiche della melatonina. Di tale relazione i messaggi da ricordare possono essere riassunti cosi:

-          Usiamo la Melatonina dopo i 6 mesi

-          Usiamola per l’insonnia da difficoltà di addormentamento

-          Usiamo la Melatonina sempre e solo dopo o in associazione alla revisione dell’igiene del sonno che deve essere modificata dove si rileva errata, e alle terapie comportamentali dove queste possano risultare utili, Mai consigliare la Melatonina in modo “isolato”.

-          Scegliamo l’ora di somministrazione avendo prima identificato la “finestra del sonno” del piccolo (finestra del sonno è il momento in cui il bimbo si addormenterebbe se non stimolato da eventi esterni). Questa informazione si può ottenere dai genitori chiedendo di osservare il proprio figlio e di annotare per almeno una settimana l’ora in cui inizia a sbadigliare, a stropicciarsi gli occhi o a dimostrare segni di stanchezza.

-          La somministrazione dovrebbe precedere di un ora la “finestra del sonno”

-          La dose iniziale può essere di 1 mg

-          Massima attenzione ai prodotti che contengono melatonina: non farli comprare su internet e scegliere marche di ditte che riteniamo “serie”

MELATONINA uilizzo, dosaggi ed evidenze

Mercoledì, 19 Dicembre 2018 09:25

BASTA UN POCO DI ZUCCHERO…

A cura di Adima Lamborghini, coordinatrice nazionale FIMP gruppo di studio Obesità Infantile

La correlazione tra obesità e introito giornaliero di calorie è un fattore noto, così come l’effetto protettivo di uno stile alimentare “sano”, ricco di frutta, verdura e alimenti non processati. Nonostante queste conoscenze gli studi riportano ancora un eccessivo consumo di zuccheri semplici, con effetti negativi sull’aderenza a stili alimentari corretti. Lo studio di Dello Russo et al., pubblicato su Nutrients, ha esaminato l’effetto dell’aggiunta di piccole quantità di zuccheri semplici, sotto forma di saccarosio, cioccolato in polvere o miele, ad alimenti consigliati quali latte o frutta, in una coorte di bambini (6929 soggetti, di età compresa tra 2 e 10 anni) partecipanti allo studio IDEFICS.

In tutti i partecipanti all’inizio dello studio e dopo 2 anni, sono stati valutati i parametri auxologici e gli intake alimentari, attraverso l’utilizzo di un questionario validato (CEHQ-FFQ) studiato per identificare gli apporti di 14 gruppi di alimenti.

All’inizio dello studio non è stata trovata alcuna correlazione tra gli indici di adiposità e l’abitudine all’utilizzo dello zucchero in aggiunta a frutta e latte, ma in tutti i gruppi di età questo pattern alimentare era inversamente correlato alla aderenza alle raccomandazioni nutrizionali.

Al follow-up effettuato dopo due anni nei bambini più piccoli (2-<6 anni) tutte le misure antropometriche erano significativamente maggiori nei soggetti con più alta assunzione di zuccheri , mentre nella fascia di età 6-10 anni erano presenti differenze tra maschi e femmine. Nei maschi tutti i parametri antropometrici correlavano positivamente con l’assunzione di zuccheri, mentre nelle femmine questo era significativo solo per la misura della circonferenza addominale. In tutti i gruppi l’assunzione di zuccheri era correlata negativamente ai parametri indicativi di sana alimentazione.

Lo studio evidenzia che, mentre sono noti gli effetti di una dieta ricca di alimenti ad alta densità energetica, con elevata quota di zuccheri , anche l’aggiunta di zuccheri semplici ad alimenti “sani” determina un aumento dell’adiposità soprattutto nella fascia di età 6-10 anni. Appare interessante il fatto che nelle fasce di età più basse non è cosi evidente questa associazione, attribuita alla maggiore necessità di calorie . L’innata preferenza dei bambini più piccoli per il gusto dolce avrebbe in questa età un effetto protettivo, che poi scompare nelle età successive. E’ interessante che in tutte le età esaminate, l’abitudine all’aggiunta di zuccheri semplici è associata ad una minore aderenza alle linee guida per una sana alimentazione, che permane anche con la crescita.

Lo studio conclude osservando che , data la naturale preferenza dei bambini per il gusto dolce, i genitori sono tentati dall’aggiunta di zuccheri a cibi “sani” , soprattutto latte e frutta, per favorirne o aumentarne il consumo, abitudine che deve essere scoraggiata per gli effetti negativi sull’aderenza ad uno stile alimentare corretto.

Marika Dello Russo , Wolfgang Ahrens, Stefaan De Henauw , Gabriele Eiben ,

Antje Hebestreit , Yannis Kourides , Lauren Lissner , Denes Molnar , Luis A. Moreno ,

Valeria Pala , Toomas Veidebaum , Alfonso Siani , Paola Russo and on behalf of the

IDEFICS Consortium

The Impact of Adding Sugars to Milk and Fruit on Adiposity and Diet Quality in Children:

A Cross-Sectional and Longitudinal Analysis of the Identification and Prevention of Dietary- and

Lifestyle-Induced Health Effects in Children andInfants (IDEFICS) Study. Nutrients 2018, 10, 1350

A cura di Raffaella De Franchis, coordinatrice gruppo di lavoro Dieta Mediterranea in pediatria, Centro Studi Scientifico FIMP Napoli

La Dieta Mediterranea rappresenta il gold standard dell’alimentazione del bambino.

L’alimentazione complementare, durante i primi mille giorni, è un’opportunità unica nelle mani del Pediatra di Famiglia per poter insegnare al lattante a mangiare secondo

lo stile mediterraneo.

Nel 2015, è nato presso la Fimp Napoli, il gruppo di lavoro denominato “Dieta Mediterranea in Pediatria”, costituito da 18 Pediatri di Famiglia della provincia di Napoli, coordinati dalla dott.ssa Raffaella de Franchis, che sta svolgendo un interessante progetto di ricerca.

Il Gruppo di Lavoro “Dieta Mediterranea (DM) in Pediatria” sta realizzando uno studio caso/controllo. La finalità primaria è verificare l’aderenza alla DM a 36 mesi in bambini svezzati con cibi tipici della Dieta Mediterranea. Tale gruppo di lattanti “casi” viene paragonato ad un gruppo “controllo” svezzato secondo gli schemi tradizionali.

Fine secondario dello studio è il riavvicinamento di intere famiglie alla DM.

La rilevazione dei dati avviene attraverso questionari validati. Il “kidmed” valuta, attraverso 16 quesiti, se il bambino mangia mediterraneo.

T0 (tempo 0). Le madri, mostrano spontaneamente comportamenti virtuosi per quanto riguarda l’utilizzo quotidiano di olio extravergine d’oliva (90%) e l’assunzione trisettimanale di legumi (80%); bassa risulta invece la loro assunzione quotidiana di frutta (47% tre porzioni al giorno), verdura (58% due porzioni al giorno), pesce (poco più del 40% tre porzioni alla settimana) e di frutta secca (meno del 20% una porzione alla settimana).

T12 (12 mesi). Esiste una correlazione tra istruzione materna e aderenza alla DM del figlio. La percentuale dei bambini svezzati con Dieta Mediterranea che mantengono aderenza a tale schema a 12 mesi, è oltre il 95%. Tuttavia, analizzando i singoli items del kidmed il 2.7 % di bambini a 12 mesi frequenta i fast food, fa colazione con pasticceria industriale (17.9%) o mangia dolciumi durante la giornata (9.3%).

T24 (24 mesi). Esiste una differenza significativa tra aderenza DM dei casi e dei controlli (p<0,001) ed una significativa percentuale di bambini che mangiano seduti a tavola con i genitori rispetto ai controlli (p<0,001). Anche a questa età, si rilevano differenze significative tra casi e controlli: l’abitudine ad assumere una seconda porzione di frutta (p<0,001); la singola assunzione quotidiana di verdure (p 0,022); l’assunzione di verdure più di una volta al giorno (p 0,003;) il consumo di pesce 2-3 volte alla settimana (p 0,011). I bambini svezzati con DM che non frequentano i fast food risultano più numerosi (p 0,002) come coloro che consumano frutta secca (p<0,001). L’utilizzo di pasticceria industriale a colazione o di dolciumi durante la giornata risulta più bassa nei bambini svezzati con DM (p<0,001).

Tali risultati sono stati presentati al congresso annuale dell’ESPGHAN, (Ginevra, maggio 2018), al XXV Congresso Nazionale SIGENP, Salerno 4-6 ottobre 2018 e verranno mostrati nuovamente all’VIII conferenza EGEA 2018 (Lione, novembre 2018).

Il manuale “La Dieta Mediterranea nel primo anno di vita”, è stato presentato a Milano ad EXPO 2015 e distribuito al X Congresso Nazionale Fimp. Supportato dalla Sezione Agro Alimentare dell’Unione Industriali di Napoli, con cui FIMP Napoli ha stipulato un protocollo d’intesa, è il presupposto di nuove future collaborazioni.

A febbraio 2019 verrà edito il secondo manuale "La Dieta Mediterranea. Tra scienza e pratica", già consegnato all’Editore Guida, che rappresenta il prosieguo del primo.

I risultati T36 (36 mesi) sono particolarmente attesi. Essi consentiranno di individuare nuove strategie d’azione per la divulgazione precoce di corretti stili alimentari.

A cura di E. Cappelli e M. Pierattelli, componenti Gruppo di lavoro Abuso e Maltrattamento FIMP

Il gruppo di lavoro sull’abuso/maltrattamento si è riunito a Treviso dal 29 novembre al 1 dicembre.

Costituitosi nel 2016, è composto da pediatri di famiglia provenienti da diverse regioni d’Italia che hanno partecipato a corsi residenziali di formazione specifica (fino ad oggi 4 giorni + 2). La prevista “ricaduta a cascata” del progetto originario (FIMP, SIP, Menarini) è già stata sperimentata con successo concretizzandosi in diversi eventi locali.              

Come primo punto dell’Ordine del giorno Paola Miglioranzi e Luigi Nigri hanno comunicato a tutti i presenti l’importante successo ottenuto nell’aver stabilito sinergie operative con la Garante dell’Infanzia, che ha riconosciuto la qualità del lavoro finora svolto dai pediatri di famiglia e il loro ruolo specifico e strategico per attivare una rete di sorveglianza, intercettazione e gestione dei casi di maltrattamento/abuso.

L’ accordo FIMP-Garante prevede una serie di impegni, il primo dei quali è quello di portare a termine una mappatura, il più possibile completa, delle risorse istituzionali presenti sul territorio nazionale che si occupano a vario titolo di abuso/ maltrattamento.

A Treviso i presenti hanno condiviso il lavoro di mappatura finora fatto, dove possibile, per singole realtà e è emersa una grande variabilità degli scenari nelle diverse regioni.

Il primo compito che ci siamo dati è quello di completare, al più presto, la mappatura delle risorse (centri o ambulatori dedicati, procure dedicate, tribunali dei minori…) per ogni regione con criteri uniformi. Il dossier che ne risulterà sarà inoltrato alla Garante.

Il secondo punto dell’Ordine del giorno riguarda la formazione nazionale, a firma FIMP-SIP, che andrà a completare quella finora proposta in diverse, ma non tutte, le realtà italiane. Nell’intento di offrire a tutti i pediatri le basi minime formative sull’abuso/maltrattamento sono stati previsti 13 corsi da svolgersi nei mesi di marzo e aprile 2019. In questi incontri (1 giornata) saranno inoltre presentati, condivisi e raccolti in un vademecum i risultati della mappatura. Siamo convinti che questa pubblicazione sia uno strumento utile ed efficace per aiutarci a indirizzare correttamente e il più rapidamente possibile i casi di abuso/ maltrattamento che ci potrebbero capitare.

A seguire sono previsti ulteriori 7 corsi avanzati, di II livello, sull’abuso in rete, violenza assistita e mutilazioni genitali.

Era con noi anche Mattia Doria che, nella sua veste di responsabile scientifico della FIMP, garantisce lo spessore culturale e metodologico del programma formativo complessivo.

Terzo punto la ricerca: è stato presentato il questionario SEEK (Safe Environment for Every Kid), validato e già utilizzato in America e nel Nord Europa per identificare le situazioni a rischio nelle famiglie. Si prevede di verificare l’applicabilità di questo strumento nella realtà italiana, in particolare nei nostri setting ambulatoriali mediante uno studio pilota, svolto da pediatri che recluteranno un numero congruo di casi.

Il pediatra di famiglia, grazie alla conoscenza capillare dei propri assistiti e al rapporto con le famiglie che dura nel tempo, ha un ruolo insostituibile nel prevenire, sospettare, identificare e gestire correttamente i casi di abuso/maltrattamento.

Quanti di noi si sentano motivati ad aumentare le loro conoscenze e le loro capacità in materia non hanno che da farsi avanti, c’è bisogno di un impegno comune.

Poche settimane fa è arrivato questo report riguardante la situazione relativa alla eliminazione del morbillo nei vari continenti, secondo quanto riportano i CDC nel novembre 2018.

Nel 2010, l'Assemblea mondiale della sanità ha stabilito tre tappe per la prevenzione del morbillo da raggiungere entro il 2015: 1) aumentare la copertura di routine con la prima dose di vaccino contenente il morbillo (MCV1) tra i bambini di età compresa tra 1 anno e ≥90% a livello nazionale e a ≥80% in ogni distretto; 2) ridurre l'incidenza annuale del morbillo a meno di cinque casi per milione di abitanti; e 3) ridurre la mortalità per morbillo globale del 95% rispetto alla stima del 2000.

Nel periodo 2000-2017, la copertura stimata del MCV1 è aumentata globalmente dal 72% all'85%; l'incidenza annua di morbillo segnalata è diminuita dell'83%, da 145 a 25 casi per milione di abitanti; e le morti annuali per morbillo sono diminuite dell'80%, da 545.174 a 109.638. Durante questo periodo, la vaccinazione contro il morbillo ha prevenuto circa 21,1 milioni di morti.(vedi figura)

Tuttavia, le pietre miliari di eliminazione del morbillo non sono state soddisfatte e tre regioni stanno vivendo una grande rinascita del morbillo. Per compiere ulteriori progressi, è necessario rafforzare la sorveglianza basata sui casi e la copertura con MCV1 e la seconda dose di vaccino contenente il morbillo (MCV2) devono aumentare; inoltre, sarà importante mantenere l'impegno politico e assicurare investimenti sostanziali e sostenuti per raggiungere obiettivi di eliminazione del morbillo a livello globale e regionale.

FIGURA. Numero annuo stimato di morti per morbillo con e senza programmi di vaccinazione - in tutto il mondo, dal 2000 al 2017 *

Leggi l’articolo in originale al https://www.cdc.gov/mmwr/volumes/67/wr/mm6747a6.htm?s_cid=mm6747a6_w

COMMENTO:L’articolo sopra riportato fa cenno (l’ho messo in grassetto e sottolineato) anche alla volontà politica necessaria per arrivare alla eradicazione del morbillo nel mondo.

Personalmente diffido dei tecnici prestati alla politica. Io ,come tecnico, posso dare dei numeri, da sobrio ovviamente. Con le cifre riportate dall’articolo direi che è obbligatorio per i medici informare correttamente i genitori, per i genitori vaccinare senza esitazione con due dosi entro i due anni di età i loro bambini ; per i politici il cosa decidere è facile a questo punto. Purtroppo assistiamo a audizioni in sede autorevole come la Commissione Sanità del Senato di associazioni che di numeri di fantasia si fanno portabandiera, il tutto in previsione della nuova legge sull’obbligo vaccinale.

Certo sentire più opinioni è democratico e forse funzionale ma nessuno convocherebbe fautori della teoria della terra piatta in un convegno di astrofisici. Purtroppo questo avviene ma la forza dei numeri,e del buon senso, alla fine prevarrà, come due più due fa quattro e non un giorno tre e un altro due e mezzo, e fa quattro allovertheworld.

Giorgio Conforti responsabile nazionale Rete Vaccini FIMP