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Roma, 15 aprile 2019 - E' rimasto conservato per oltre 100 anni e ora è il più antico ceppo disponibile e ravvivato del vibrione del colera, era già resistente agli antibiotici. Il suo codice genetico è stato letto per la prima volta dai ricercatori del Wellcome Sanger Institute ed è stato isolato in un soldato britannico morto durante la prima guerra mondiale. I risultati sono stati pubblicati su "Proceedings of the Royal Society B" e mostrano come questo ceppo di Vibrio cholerae fosse unico e non tossicogenico, diverso rispetto ai ceppi batterici che causano oggi le pandemie. La resistenza riscontrata sarebbe una condizione creata dallo stesso per combattere contro antibiotici naturali. Proprio durante la prima guerra mondiale ci fu la sesta pandemia di colera, causata da un classico vibrione. Sorprendentemente pochi soldati inglesi la contrassero. Nel 1916 un ceppo del vibrione venne estratto dalle feci di un soldato in convalescenza in Egitto e i rapporti indicavano che si trattasse di "diarrea colerica". Il batterio, nel 1920, venne depositato nella National Collection of Type Cultures. I ricercatori del Sanger Institute hanno rianimato i batteri del soldato, ritenuti il più antico campione del vibrione disponibile, e ne hanno sequenziato l'intero genoma. Il gruppo ha scoperto che questo particolare ceppo non era il tipo in grado di provocare il colera epidemico, ed era estraneo al classico Vibrio cholerae che causò la sesta pandemia ai tempi della prima guerra mondiale. I ricercatori hanno anche scoperto che questo ceppo possedeva un gene per la resistenza all'ampicillina. Ciò aumenta la prova che i geni per la resistenza agli antibiotici nei batteri esistevano prima dell'introduzione di trattamenti antibiotici, probabilmente perché i batteri ne avevano bisogno per proteggersi dagli antibiotici presenti in natura.

Roma, 12 aprile 2019 – Il 39,9% degli italiani è colpito da una malattia cronica (pari a più di 23 milioni di cittadini). Ma solo il 50% di questi pazienti assume i farmaci in modo corretto: spesso infatti seguono le indicazioni del medico con discontinuità o abbandonano la cura dopo un breve periodo. Il problema diventa esponenziale negli anziani, toccando percentuali superiori al 70%. Con pesanti conseguenze che diventano particolarmente importanti in Italia, primo Paese in Europa per indice di vecchiaia. I possibili risparmi per il Servizio Sanitario Nazionale legati ad una migliore aderenza alla terapia ammontano a 11,4 miliardi di euro ogni anno, ottenibili attraverso minori eventi avversi, inferiori accessi ai pronto soccorso e ospedalizzazioni e minore spesa farmaceutica. Proprio per sensibilizzare cittadini e Istituzioni sull’importanza dell’aderenza terapeutica è stato presentato in Senato un disegno di legge che prevede l’istituzione della Giornata Nazionale dell’aderenza alla terapia per il 12 aprile, giorno di San Giuseppe Moscati, medico napoletano che ha dedicato la vita professionale a curare gratuitamente i poveri.

Il Disegno di Legge è stato richiesto a gran voce dal Comitato Italiano per l’Aderenza alla Terapia (CIAT), che riunisce società scientifiche, medici (FNOMCeO, Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri), farmacisti (Federfarma), infermieri (FNOPI, Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche), Istituzioni e associazioni di pazienti. L’obiettivo è sensibilizzare i cittadini, i pazienti, chi li assiste e le Istituzioni sull’importanza di seguire correttamente le cure per migliorare il proprio stato di salute in vista di un invecchiamento positivo e di una sana longevità.

“È facile prevedere come, senza un complessivo ripensamento del funzionamento del Sistema Sanitario, in pochi anni si possa correre il rischio di un ‘default’ dello stesso, a fronte di una crescita progressiva del numero di ‘senior’ – nel 2018 il 22,3% della popolazione, ma il 30% nel 2050 – che già oggi ‘consuma’ il 67,5% della spesa sanitaria – si legge nel disegno di legge -. I soggetti anziani sono i maggiori consumatori di farmaci; oltre il 90% degli ultrasessantacinquenni riceve una o più prescrizioni di farmaci. Circa il 50% dei soggetti più anziani ricevono ≥5 e il 10% ≥10 farmaci. Esistono prove incontrovertibili che dimostrano come un’alta percentuale di pazienti, soprattutto quelli più anziani, mostri un’aderenza limitata al trattamento, con pesanti effetti negativi di questo comportamento sui benefici attesi dalla cura e conseguenti aumenti di costi per il Servizio Sanitario”.

“Il problema dell’aderenza riguarda in particolare gli anziani, infatti l’11% degli over 65 (circa 1 milione e 500mila persone in Italia) deve assumere ogni giorno 10 o più farmaci – afferma Vincenzo Mirone, responsabile scientifico di CIAT -. Il lavoro da fare per migliorare i comportamenti dei pazienti è ancora tanto: in particolare, in Italia, solo il 57,7% dei pazienti aderisce ai trattamenti antipertensivi, il 63,4% alle terapie ipoglicemizzanti per la cura del diabete, il 40,3% alle cure antidepressive, il 13,4% ai trattamenti con i farmaci per le sindromi ostruttive delle vie respiratorie e il 52,1% alle cure contro l’osteoporosi. Percentuali che non hanno subito variazioni di rilievo nel corso degli anni, con notevoli costi clinici e sociali.”

Per CIAT la Giornata Nazionale per l’aderenza alla terapia rappresenta il punto di partenza per la grande campagna di Comunicazione Nazionale “Io aderisco. Tu che fai?” che prevede la realizzazione di attività all’interno dei Centri Sociali per Anziani, con la collaborazione di Senior Italia FederAnziani; la realizzazione di Feste della famiglia sul territorio destinate a coinvolgere i caregiver (dai figli ai nipoti) insieme a pazienti e medici, per costruire una solida e duratura alleanza che veda tutti gli attori focalizzati per implementare l’aderenza dell’assistito/familiare; attività all’interno delle scuole, per instaurare un percorso formativo tale da sensibilizzare i giovani sul tema aderenza e sul loro ruolo di “guardiani” della salute dei loro genitori/nonni; una campagna di comunicazione attraverso la realizzazione di materiali a fumetti e spot televisivi.

Tra i testimonial d’eccezione della campagna sull’aderenza è il cantante e conduttore televisivo Claudio Lippi.

CIAT (Comitato Italiano per l’Aderenza alla Terapia)
Il tema “aderenza” riguarda da vicino la popolazione anziana, specie in compresenza di più patologie. L’Italia è al primo posto in Europa per indice di vecchiaia, con intuibili conseguenze sull’assistenza sanitaria a causa del numero elevato di malati cronici. Per sensibilizzare la popolazione, i pazienti, i caregiver, le Istituzioni e i politici sull’importanza della questione, non solo nel nostro Paese, è nato il CIAT (Comitato Italiano per l’Aderenza alla Terapia). Il Comitato si muove a livello nazionale ed europeo e vuole diventare un punto di riferimento, coinvolgere società scientifiche, Istituzioni, associazioni di pazienti, farmacisti e cittadini per una grande campagna di sensibilizzazione. Per favorire la condivisione del progetto, è stato presentato il disegno di legge che prevede l’istituzione della “Giornata Nazionale dell’aderenza alla terapia”, la prima mai realizzata, che intende promuovere cultura a 360 gradi su questi temi.
Sono previsti momenti di confronto e formativi, ma anche di gioco e coinvolgimento per i più giovani. Soprattutto nei confronti degli anziani, figli e nipoti possono fare molto per aiutare, sostenere e supportare i nonni nel percorso di cura.

Informazioni sull’aderenza alla terapia
L’aderenza è definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come “il grado in cui il comportamento di una persona – nell’assumere i farmaci, nel seguire una dieta e/o nell’apportare cambiamenti al proprio stile di vita – corrisponde alle raccomandazioni concordate con i sanitari”. Rappresenta quindi il livello di coincidenza tra il comportamento del paziente e le indicazioni date dal medico, includendo l’attitudine della persona a conformarsi alle raccomandazioni del sanitario, in tutti quei comportamenti che concorrono alla piena adesione al percorso di cura, dalle prescrizioni farmacologiche o di follow up, alle indicazioni relative alla dieta fino ai suggerimenti per un cambiamento dello stile di vita. In un report dell’OMS dedicato interamente a questo tema, la stima dell’aderenza nei pazienti che soffrono di malattie croniche risulta solo del 50% nei Paesi sviluppati, mentre l’impatto della scarsa aderenza, nei Paesi in via di sviluppo, è ancora più elevato, data l’insufficienza di risorse sanitarie e le disuguaglianze nell’accesso alle cure.

La scarsa aderenza alle prescrizioni del medico è la principale causa di non efficacia delle terapie farmacologiche ed è associata a un aumento degli interventi di assistenza sanitaria, della morbilità e della mortalità, rappresentando un danno sia per i pazienti che per il sistema sanitario e per la società. Maggior aderenza significa infatti minor rischio di ospedalizzazione, minori complicanze associate alla malattia, maggiore sicurezza ed efficacia dei trattamenti e riduzione dei costi per le terapie. La popolazione anziana è quella più a rischio sotto il profilo dell’aderenza alle terapie, soprattutto in compresenza di più patologie. L’Italia è al secondo posto in Europa per indice di vecchiaia, con intuibili conseguenze sull’assistenza sanitaria a causa del numero elevato dei malati cronici. L’aderenza alle terapie è pertanto fondamentale per la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale.

I costi
L’aderenza terapeutica rappresenta un problema non solo clinico ma anche economico di crescente rilievo in molti Paesi: alcuni studi americani riportano che il 30-50% degli adulti non segue adeguatamente le prescrizioni di farmaci a lunga durata, con sprechi per circa 100 miliardi di dollari all’anno negli USA, ed il paziente a maggior rischio di non aderenza è rappresentato dall’anziano in politerapia. Il rapporto PGEU 2012 (Pharmaceutical group europeo del 2012), riporta i dati di mortalità in Europa per mancata aderenza terapeutica o per errori di dosaggio o assunzione di farmaci: 194.500 decessi e 125 miliardi di euro l’anno per i costi dei ricoveri. Secondo i dati del Centro Studi SIC Sanità in Cifre di FederAnziani, diagnosi precoce e sviluppo dell’aderenza alla terapia possono determinare fino a 19 miliardi di euro di risparmio per il Servizio Sanitario Nazionale e un significativo miglioramento in termini di salute per l’intera popolazione dei malati cronici: in particolare un risparmio di 3,7 miliardi di euro può derivare da una più rapida emersione della patologia, con maggiore prevenzione e un minore costo medio della terapia per paziente; 3,8 miliardi di euro sarebbero recuperati sul fronte della riduzione della diagnostica e dell’avvio precoce del trattamento, con minori prestazioni diagnostiche, minori tempi di attesa, maggiore efficienza del personale ospedaliero; fino a 11,4 miliardi, infine, verrebbero risparmiati con la maggiore aderenza alla terapia, quindi minori eventi avversi, inferiore accesso a pronto soccorso e ospedalizzazione e minore spesa farmaceutica.

Roma, 11 aprile - Sì, ma con condizioni e paletti, all'utilizzo e alla rimborsabilità del farmaco che ritarda la pubertà in adolescenti con disforia di genere, ovvero che sentono la propria identità di genere diversa dal proprio sesso. No, invece, a polemiche, che danneggiano solo chi vive questa, non facile, condizione. Ad chiederlo oggi sono stati gli esperti della Federazione Italiana dei Medici Pediatri (Fimp) e della Società Italiana di Pediatria (Sip), ascoltati in Commissione Igiene e Sanità del Senato sull'uso della triptorelina: un delicatissimo argomento che, nei mesi scorsi, non ha mancato di suscitare polemiche. "La triptorelina non blocca, bensì sospende, lo sviluppo puberale in maniera reversibile - ha spiegato Luisa Galli, membro del Gruppo di Studio in farmacologia pediatrica della Sip -: utilizziamo già questo farmaco in ambito pediatrico da circa 30 anni per ritardare l'adolescenza in bambini e bambine che hanno una pubertà molto precoce. Finora si è dimostrato sicuro, anche se pochi sono gli studi che evidenziano questi dati a lungo periodo". Per quello che riguarda il suo utilizzo in una condizione come la disforia di genere, che è rarissima e riguarda, verosimilmente, meno di 100 casi all'anno in tutta Italia, precisa il presidente Fimp Paolo Biasci, "diversamente da quanto alcuni hanno riportato, non ha lo scopo di cambiarne l'orientamento sessuale, ma di sospendere temporaneamente lo sviluppo di alcuni caratteri fisici, come barba o seno". Si tratta infatti di teenager "che vivono in modo difficile il momento dello sviluppo, e il farmaco permette loro di ritardarne l'arrivo, in attesa che sia più chiaro in quale genere si sentano identificati". Questo utilizzo "non va demonizzato", ma "va limitato ai casi specifici e rarissimi, in cui sia prescritto dopo attenta valutazione da parte di una equipe di esperti. Le polemiche in materia non giovano a nessuno, e fanno male soprattutto a chi vive questa condizione". Sì, quindi, dai pediatri, alla rimborsabilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale, purché con precise condizioni e paletti già indicati, nelle audizioni dei giorni scorsi in Senato, dal Comitato Nazionale di Bioetica (CNB) e dall'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa). Ovvero, sottolinea Galli, "è importante che la prescrizione di triptorelina sia limitata a casi molto selezionati, nei quali sia fallito l'approccio psicoterapeutico, e dopo valutazione di un team multidisciplinare, che dovrà accompagnare il ragazzo/a nel percorso terapeutico". Le limitazioni riportate nella determina Aifa, verosimilmente, conclude, "consentiranno un utilizzo più regolamentato rispetto all'utilizzo off label in atto fino ad oggi, quando la prescrizione era delegata alla responsabilità del singolo medico, e il farmaco doveva essere acquistato dalla famiglia".

Roma, 10 aprile 2019 – Gli italiani sono sempre di più in eccesso di peso. Nel nostro Paese ben il 46% degli adulti (over18), ovvero oltre 23 milioni di persone, e il 24,2% tra bambini e adolescenti (6-17 anni), vale a dire 1 milione e 700mila persone, è in eccesso di peso. Questi ultimi soprattutto se residenti nel Sud del Paese (31,9%). E’ la preoccupante fotografia scattata dall’Italian Barometer Diabetes Observatory (Ibdo) Foundation nella prima edizione dell’Italian Obesity Barometer Report, realizzato in collaborazione con Istat e presentato ieri a Roma. Secondo il rapporto, in generale le donne mostrano un tasso di obesità inferiore (9,4%) rispetto agli uomini (11,8%). Ancora più marcata è la differenza tra i bambini e adolescenti, di cui il 20,8% delle bambine è in eccesso di peso rispetto al 27,3% dei maschi. Il rapporto, realizzato con il patrocinio del ministero della Salute, dell’Associazione nazionale comuni italiani (Anci) e di numerose società scientifiche. Si conferma l’eccesso di peso sia un problema molto diffuso soprattutto al Sud e nelle Isole; in particolare tra i più giovani, dove sono ben il 31,9 e 26,1% rispettivamente i bambini e gli adolescenti in eccesso di peso, rispetto al 18,9% dei residenti del Nord-Ovest, il 22,1% del Nord-Est e il 22% del Centro. Tra gli adulti, le diseguaglianze territoriali sono meno marcate: il tasso di adulti obesi varia dall’11,8% al Sud e nelle Isole, al 10,6 e 10,2 % nel Nord-Est e Nord-ovest rispettivamente, fino all’8,8% del Centro.

Martedì, 09 Aprile 2019 10:10

EUROSTAT: Italia terza sul podio per buona salute

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Roma, 9 aprile 2019 – In Europa si gode di buona salute. A riportarlo sono gli ultimi dati dell’Eurostat (2017): in Ue 7 abitanti over 16 anni su 10 ritengono di essere in buona oppure ottima salute (70%). E meno di uno su 10 (8%) riporta condizioni cattive o pessime di salute. Sul podio si classificano Irlanda (83% in buona o ottima salute) e Cipro (78%), seguite dall'Italia e dalla Svezia, terze pari merito con il 77%. Se la Gran Bretagna pre-Brexit si piazza subito dopo la Grecia, Francia e Germania vanno peggio rispetto alla media europea, mentre agli ultimi posti della classifica troviamo Portogallo (49%), Estonia (53%), Polonia e Ungheria (59%). Curiosamente, nell'Unione europea a percepirsi in buona salute sono più spesso gli uomini delle donne (72% contro 67%), un gap che si allarga soprattutto fra gli over 65: in questo caso a sentirsi bene è il 45% dei primi contro il 39% delle seconde. Non a caso, la percentuale di chi si giudica in buona salute si riduce con l'età: negli uomini si va da oltre l'88% a 16-44 al 69% a 45-64 anni, fino al 45% fra gli over 65. Quanto alle donne, a 14-44 anni l'87% si sente in forma, contro il 65% a 45-64 anni e il 39% dopo i 65 anni.

Lunedì, 08 Aprile 2019 13:07

Alimentazione, attenzione ai luoghi comuni!

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Roma, 8 aprile 2019 – I giovanissimi italiani hanno parecchi problemi con la bilancia. Un bambino su cinque non mangia mai frutta e verdura. Il 21% degli under 10 risultano in sovrappeso e il 10% addirittura obeso. Oltre alla scarsa attività fisica uno dei motivi di questo fenomeno è senza dubbio la scorretta alimentazione. Sulla dieta inoltre esistono molte leggende, ecco quattro tra le più diffuse:

Il sovrappeso è solo una questione estetica …FALSO! I chili di troppo aumentano le probabilità di alcune pericolose malattie (diabete mellito di tipo 2, ipertensione arteriosa, infarto del miocardio, insufficienza respiratoria, ipercolesterolemia, vasculopatie, ictus, varie tipologie di tumori)

Saltare i pasti …aiuta a dimagrire … NON E’ VERO! Bisogna invece consumare tre pasti al giorno principali (colazione, pranzo e cena) più due spuntini (a metà mattina e pomeriggio)

I carboidrati ingrassano …E’ FALSO! L’apporto giornaliero non dovrebbe mai scendere al di sotto del 55% della quota calorica complessiva (una donna adulta deve ingerire circa 1700/2000 calorie al giorno e un uomo 2000/2400)

L’allenamento stimola l’appetito … NON E’ VERO! Fortunatamente per chi desidera perdere peso, l’affermazione vera è quella opposta! Durante e dopo un’intensa sessione di allenamento, infatti, lo stimolo della fame viene meno. Basta provare per credere. Per questo motivo l’attività fisica aiuta a restare in forma, calma la fame e, importantissimo… aiuta a bruciare le calorie. 

Roma, 5 aprile 2019 - “I prodotti da fumo più utilizzati tra i giovani italiani di 13-15 anni sono le sigarette di tabacco. Uno su cinque le fuma quotidianamente mentre il 18% utilizza quelle elettroniche”. E’ quanto emerge dai risultati nazionali della terza indagine della sorveglianza Gyts (Global Youth Tobacco Survey), realizzata in oltre 180 Paesi del mondo e finalizzata al monitoraggio dei comportamenti legati all’uso dei prodotti del tabacco fra gli adolescenti. I dati dell’indagine 2018, coordinata dall’ISS, sono presentati oggi in un workshop al ministero della Salute. “La terza raccolta dati della sorveglianza Gyts è stata effettuata in Italia nell’anno scolastico 2017-2018. "L’indagine ha coinvolto 33 scuole secondarie di primo grado (28 hanno accettato di partecipare, 2 non hanno risposto e 3 hanno rifiutato) e 33 scuole secondarie di secondo grado (30 hanno accettato di partecipare, 1 non ha risposto e 1 ha rifiutato) per un totale di quasi 1700 studenti coinvolti”, spiega EpiCentro. "Le scuole hanno eseguito l’indagine in giorni e periodi diversi - si legge sul portale -, tra dicembre 2017 e aprile 2018; la scelta di lasciare libere le scuole è stata fatta per agevolare la decisione di partecipare. Il coordinamento scientifico dell’indagine Gyts 2018 è stato affidato dal ministero della Salute all’Istituto superiore di sanità (ISS)".

Giovedì, 04 Aprile 2019 08:20

OMS: una persona su due non ha cure essenziali

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Roma, 4 aprile 2019 - "La salute è un diritto umano. E' arrivato il momento di renderlo universalmente garantito". Questo lo slogan della Giornata mondiale della salute 2019 che si svolgerà il 7 aprile, giorno in cui ricorre il 71mo anniversario della nascita dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), avvenuta nel 1948. L'obiettivo, anche quest'anno, è quello di ricordare che almeno metà della popolazione mondiale non ha ancora una copertura completa dei servizi sanitari essenziali. "Milioni di persone non hanno ancora accesso all'assistenza sanitaria e altrettante sono costrette a scegliere tra assistenza sanitaria e spese quotidiane come cibo, vestiti e una casa", ricorda l'Oms. Di qui la campagna per il World Health Day 2019, all'insegna, per il secondo anno consecutivo, dell'hashtag #HealthforAll. Nello specifico, oltre 800 milioni di persone al mondo (il 12% della popolazione) hanno speso almeno il 10% del bilancio familiare per pagare l'assistenza sanitaria. Mentre circa 100 milioni si sono ridotte alla povertà estrema per pagare le cure. Garantire una copertura sanitaria universale rappresenta l'obiettivo numero uno dell'Oms, ma è anche uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati per il 2030 dalle Nazioni Unite. Per farvi fronte, però, si prevede una crescente domanda di operatori sanitari che raggiungerò i 40 milioni entro il 2030, soprattutto nei paesi a basso e medio reddito. Sono necessari pertanto, conclude l'Oms, "investimenti nell'educazione degli operatori sanitari e nell'economia della salute".

Roma, 3 aprile 2019 - Un totale di 387 casi di morbillo sono stati confermati in 15 Stati americani dal primo gennaio al 28 marzo 2019, secondo i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie. Si tratta del secondo maggior numero di casi segnalati nel Paese da quando il morbillo è stato eliminato nel 2000, riporta la Cnn. Il record rimane quello del 2014, pari a 667 contagi. Gli Stati che hanno segnalato i casi sono Arizona, California, Colorado, Connecticut, Georgia, Illinois, Kentucky, Michigan, Missouri, New Hampshire, New Jersey, New York, Oregon, Texas e Washington. I Cdc evidenziano che 6 epidemie - definite come tre o più casi insieme - sono in corso in California (Contea di Santa Cruz e Butte), New Jersey, New York (Contea di Rockland e New York) e Washington. Questi focolai sono legati a viaggiatori che hanno riportato il morbillo da Paesi come Israele, Ucraina e Filippine, dove si stanno verificando grandi epidemie. A questo si unisce la diffidenza nei confronti della vaccinazione, soprattutto all'interno di alcune comunità religiose.

Bruxelles, 02 aprile 2019 – L’85% degli italiani mangia frutta e l’80% verdura almeno una volta al giorno, tra le percentuali più alte dell’Ue nel consumo quotidiano. E’ quanto emerge da dati EUROSTAT, secondo cui la quota di nostri connazionali che assumono frutta giornalmente è la più alta in Europa (85% contro media Ue del 64%). L’Italia è prima per il consumo una volta al giorno (45%), e tra i primi per la voce ‘almeno due volte al giorno’ (40%, superata solo dal Portogallo). Quattro italiani su cinque, inoltre, mangiano verdure su base quotidiana, superati solo da irlandesi e belgi, entrambi all’84%. Secondo il sondaggio EUROSTAT, in Europa nel 2017 circa una persona su quattro (27%) ha mangiato frutta almeno due volte al giorno e una proporzione leggermente più ridotta (23%) ha assunto verdure almeno due volte al giorno, mentre il 36%