Lunedì, 14 Ottobre 2019 10:48

UTILIZZO DELLE NUOVE TECNOLOGIE NELLA TERAPIA DEL DIABETE TIPO 1

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A cura di Michele Mencacci, pediatra di famiglia Perugia

 

L’approccio terapeutico al Diabete Mellito tipo 1 (T1DM) ha subito notevoli evoluzioni negli ultimi anni, beneficiando dell’utilizzo di nuove tecnologie in grado di migliorare il compenso glicometabolico e la qualità di vita delle persone con Diabete. Si sta gradualmente passando dall’era della “terapia multi-iniettiva” (Multiple Daily Injections, MDI) all’utilizzo di dispositivi che erogano insulina nel tessuto sottocutaneo in maniera continuativa (Continuous Subcutaneous Insulin Infusion, CSII), utilizzando esclusivamente insulina ultrarapida, che viene somministrata sia in micro-boli continuativamente, per sopperire all’esigenza di una “insulinizzazione” basale, che in boli più consistenti in occasione dei pasti. Questo approccio risulta utilizzato dal 12.6% dei pazienti (Annali AMD 2018), ed è particolarmente utile in una serie di situazioni cliniche quali: instabilità glicemica, ipoglicemie frequenti o asintomatiche, elevata sensibilità all’insulina con richiesta di dosi molto basse (bambini piccoli), fenomeno “alba”.

Accanto a ciò, sono stati sviluppati una serie di sensori della glicemia (device indossabili o sottocutanei), che permettono di valutare e registrare il grafico circadiano delle glicemie, in modo da poterne evidenziare l’andamento anche in quei momenti in cui prima si poteva solo ipotizzare l’accaduto (“paziente di cristallo”).

L’obiettivo principale diventa più ambizioso: inizialmente infatti il target era quello di contenere i valori di Emoglobina Glicosilata (HbA1c), parametro indiretto dell’andamento delle medie glicemiche negli ultimi 3 mesi e strettamente correlato all’insorgenza di complicanze. Con l’introduzione delle nuove tecnologie, si sta tentando anche di limitare le brusche ed improvvise variazioni glicemiche, anch’esse correlate al meccanismo di glicosilazione e, di conseguenza, del danno micro e macrovascolare secondario all’inadeguato controllo metabolico. Ulteriore vantaggio è la prevenzione e la miglior gestione di una complicanza acuta, ma pericolosa e temuta: l’ipoglicemia. Potersi avvalere di un dispositivo che eroga insulina in continuo, mette al riparo dal rischio di un eccesso di insulina “basale”, perché è sufficiente sospenderne l’erogazione una volta ripristinata la glicemia corretta. Gli strumenti di ultima generazione permettono anche la comunicazione via bluetooth tra sensore e pompa a microinfusione, la cui erogazione può essere sospesa in automatico qualora dal sensore si registri un trend di glicemia in rapida diminuzione (SAP: “Sensor augmented pump”), particolarmente utile nelle ore notturne.

La continua evoluzione tecnologica e la possibilità che i sensori offrono di monitorare, anche a distanza e ad opera di terze persone (genitore, equipe diabetologica, etc.), ha permesso di incrementare le aspettative, imponendosi l’ulteriore obiettivo di mantenere il ritmo circadiano dell’andamento glicemico il più a lungo possibile entro valori definiti (cosiddetto TIR, “time in range”, gold standard terapeutico). Il TIR viene raggiunto anche grazie alla possibilità di infusione insulinica modulabile attraverso specifiche funzioni del microinfusore: possono infatti essere erogati boli “standard”, boli a “onda doppia” o a “onda quadra” (con erogazione dilazionata nel tempo per coprire pasti contenenti alto contenuto in grassi o con alimenti a lento assorbimento), boli “wizard” (suggeriti dal microinfusore sulla base del quantitativo di carboidrati che verranno assunti, della sensibilità all’insulina calcolata nei vari momenti della giornata, dell’insulina residua erogata e della glicemia di partenza).

In fase di sperimentazione clinica ci sono anche dispositivi integrati pompa-sensore che calcolano automaticamente, attraverso algoritmi, il quantitativo di insulina da somministrare (“pancreas artificiale”), ed altri, ancora più evoluti, dotati di 2 pompe a microinfusione, per insulina e glucagone (pancreas “bionico”), in grado di mimare quanto avviene fisiologicamente.

In attesa di nuove e definitive terapie, come ad esempio il trapianto di Beta cellule contestuale ad una immunosoppressione “mirata” e rivolta a spegnere selettivamente la risposta autoimmune diretta contro il pancreas, il nostro compito è quello di aiutare il bambino e la sua famiglia a gestire correttamente la patologia. L’approccio diventa “integrato”, perché il paziente viene inserito al centro di un sistema di caregiver che si occupano anche di formazione (conta dei carboidrati, utilizzo delle tecnologie), educazione terapeutica, miglioramento dell’autonomia, inserimento scolastico, valutazione psicologica della qualità di vita, transizione all’età adulta.

Letto 672 volte Ultima modifica il Lunedì, 14 Ottobre 2019 10:48

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