FIMP NEWS

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Roma, 4 febbraio 2019 - 79mila sono i nuovi casi di cancro alla cervice uterina che si registrano ogni anno nella Regione Europea dell’OMS. Trentamila i decessi riscontrati. L’ Organizzazione mondiale della sanità Europa in vista della Giornata mondiale contro il cancro, che si celebra oggi, chiarisce che la tempestiva vaccinazione contro il papillomavirus umano combinata con uno screening regolare per il cancro del collo dell'utero, è il modo migliore per prevenire la malattia fin dall’età adolescenziale. I paesi della Regione, che comprende 53 stati e copre un territorio molto più vasto di quello della Unione Europea, stanno facendo progressi costanti in questo senso e la vaccinazione è stata introdotta in 37 paesi membri con diversi programmi per le ragazze dai 9 ai 14 anni. Sfortunatamente, sottolinea però OMS Europa, il tasso di vaccinazione varia e mentre alcuni paesi hanno raggiunto una copertura di oltre il 90%, altri incontrano difficoltà che hanno limitato il tasso di vaccinazione fino al 20%. E questo pur tenendo conto del fatto che circa l'80% delle persone non vaccinate sarà infettato da una o più forme del virus in qualche momento della loro vita. L'eliminazione del cancro cervicale resta in ogni caso un obiettivo primario dell’Oms Europa e per questo ha rinnovato a tutti i paesi membri l’appello per intensificare gli sforzi per la vaccinazione quale arma più efficace per debellare la malattia. Per farlo l’Oms si sta impegnando soprattutto su tre fronti: ottenere prezzi più bassi dei vaccini, combattere la disinformazione e monitorare attentamente progressi e ostacoli.
 

Roma, 01 febbraio 2019 – “Facciamo i nostri più sinceri complimenti ed auguri a Tonino Aceti per la sua nuova nomina come portavoce della Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (FNOPI)”. E’ quanto afferma il dott. Paolo Biasci, presidente nazionale della Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP). “Abbiamo già avuto il piacere in passato di collaborare con Tonino Aceti quando era uno dei responsabili di Cittadinanzattiva - sottolinea il dott. Biasci -. La nostra Federazione ne apprezza la determinazione e passione con la quale ha sempre difeso il diritto alla salute di tutti i cittadini. Siamo convinti che saprà svolgere un ottimo lavoro anche in questa sua nuova mansione”. “Come FIMP siamo pronti a collaborare con Tonino Aceti e più in generale con la FNOPI - aggiunge il presidente FIMP -. Quella dell’infermiere è, infatti, una figura professionale che è sempre più rilevante nel sistema delle cure territoriali del nostro Paese e, opportunamente formata, potrà svolgere un ruolo fondamentale all’interno dei nostri studi e migliorare l’assistenza sanitaria rivolta a bambini e adolescenti.”

Roma, 1 febbraio 2019 – Solo la scorsa settimana il virus influenzale ha costretto a letto 725.000 italiani per un totale di ben 3,6 milioni da inizio stagione. È quanto emerge dall’ultimo bollettino settimanale di sorveglianza epidemiologica Influnet, a cura dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS). Secondo il report "ci si avvicina al picco epidemico stagionale". Nella quarta settimana del 2019, il livello di incidenza, in Italia, è stato pari a circa 12 casi per mille assistiti, soprattutto nella fascia di età pediatrica: sotto i cinque anni, infatti, l'incidenza è passata da 28 casi a 37 casi per mille assistiti nell'ultima settimana. La Provincia Autonoma di Trento, Umbria, Marche, Abruzzo, Campania e Calabria le Regioni maggiormente colpite. Sempre secondo l’ISS da ottobre 2018 alla quarta settimana di gennaio 2019, in Italia si sono verificati 39 decessi per l’influenza. In totale sono 191 gli individui, tra i quali quattro donne in dolce attesa, che sono stati costretti a un ricovero in terapia intensiva. L’84% dei decessi e dei casi gravi ha interessato persone non vaccinate e buona parte delle casistiche ha riguardato nello specifico pazienti con età pari o superiore ai 50 anni. Il 77% delle persone costrette invece ad un ricovero in terapia intensiva e l’82% delle persone decedute era affetto anche da altre patologie che ne aumentavano il rischio, quali diabete, tumori, malattie cardiovascolari, respiratorie e obesità.

Roma, 31 gennaio 2019 – “Nel mondo, la perdita economica complessiva dovuta alle malattie croniche ammonterà a oltre 47 mila miliardi di dollari nel prossimo ventennio”. E’ quanto ha affermato ieri durante un convegno il dott. Ranieri Guerra, Assistant Director General per le iniziative speciali dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). “Questa cifra rappresenta il 75% del prodotto lordo globale del 2010 - ha aggiunto Guerra -. A ciò contribuiscono anche le patologie mentali, e il 63% di tutte le morti a livello globale è correlato alle malattie croniche, soprattutto di natura cardiovascolare, oncologica, respiratoria e al diabete. La prevenzione rimane dunque un presidio fondamentale, con ogni dollaro investito in azioni preventive primarie a garantire un ritorno di 7 dollari risparmiati in patologie evitabili”. “La scarsa aderenza alle prescrizioni del medico - ha avvertito l'esperto -, è la principale causa di non efficacia delle terapie farmacologiche ed è associata a un aumento degli interventi di assistenza sanitaria e della mortalità, rappresentando un danno per i pazienti, per il sistema sanitario e per la società. Maggior aderenza significa infatti minor rischio di ospedalizzazione, minori complicanze associate alla malattia, maggiore sicurezza ed efficacia dei trattamenti e riduzione dei costi per le terapie, oltre che un prolungamento dell'aspettativa di vita di buona qualità”.

“COSÌ I NIPOTI INSEGNANO AI NONNI L’ADESIONE ALLE TERAPIE”

Roma, 30 gennaio 2019 - Il 50% degli anziani nel nostro Paese, pari a quasi sette milioni di over 65 (6 milioni e 800 mila persone), è colpito da almeno una malattia cronica. Cardiopatie, diabete, asma, depressione, osteoporosi, artrosi, artrite reumatoide e glaucoma sono alcune delle patologie con cui milioni di cittadini devono convivere a lungo e, nella maggioranza dei casi, vi sono terapie che garantiscono una buona qualità di vita. Ma troppi non aderiscono ai trattamenti o li abbandonano dopo un breve periodo: si stima che solo la metà dei pazienti assuma i farmaci in modo corretto (Organizzazione Mondiale della Sanità). I “non aderenti” superano il 70% fra gli anziani, che spesso sono colpiti da diverse malattie e affrontano maggiori difficoltà a seguire le indicazioni del medico. Basta pensare che l’11% degli anziani (circa 1 milione e 500mila persone in Italia) deve assumere ogni giorno 10 o più farmaci. Per sensibilizzare tutti i cittadini, in particolare gli over 65, sull’importanza dell’aderenza terapeutica, prende il via il primo progetto nazionale (Io aderisco, tu che fai?) che coinvolge i nipoti: insegneranno ai nonni come rispettare le prescrizioni dei clinici. L’iniziativa, presentata oggi al Senato, è promossa dal Comitato Italiano per l’Aderenza alla Terapia (CIAT), che riunisce società scientifiche, medici (FNOMCeO, Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri), farmacisti (Federfarma), infermieri (FNOPI, Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche), Istituzioni e associazioni di pazienti. È già on line il portale www.ciatnews.it, sono previsti incontri nelle scuole, saranno distribuiti opuscoli informativi e si terranno flash mob in cinque piazze (Roma, Milano, Venezia, Bologna, Napoli) per creare consapevolezza, con una forte ricaduta sui social network per dare risalto al messaggio virale “Io aderisco, tu che fai?”.
Il problema dell’aderenza non riguarda solo i farmaci, ma anche i consigli per adottare uno stile di vita sano: non fumare, seguire una dieta corretta e svolgere attività fisica costante. Ogni atto medico volto a modificare in maniera sostanziale le abitudini dei malati spesso incontra una resistenza a lungo termine. In particolare, in Italia, solo il 57,7% dei pazienti aderisce ai trattamenti antipertensivi, il 63,4% alle terapie ipoglicemizzanti per la cura del diabete, il 40,3% alle cure antidepressive, il 13,4% ai trattamenti con i farmaci per le sindromi ostruttive delle vie respiratorie e il 52,1% alle cure contro l’osteoporosi. Percentuali che non hanno subito variazioni di rilievo nel corso degli anni, con notevoli costi clinici e sociali. Negli Stati Uniti la mancata aderenza causa sprechi per circa 100 miliardi di dollari ogni anno, in Europa si stimano 194.500 decessi e 125 miliardi di euro l’anno per i costi dei ricoveri dovuti a questo problema.
“La perdita economica cumulativa dovuta alle malattie croniche ammonterà a oltre 47 trilioni di dollari nel prossimo ventennio - spiega Ranieri Guerra, Assistant Director General per le iniziative speciali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità –. Questa cifra rappresenta il 75% del prodotto lordo globale del 2010. A ciò contribuiscono anche le patologie mentali, che da sole valgono 16,1 trilioni, e il 63% di tutte le morti a livello globale è correlato alle malattie croniche, soprattutto di natura cardiovascolare, oncologica, respiratoria e al diabete. Mentre la prevenzione rimane un presidio fondamentale con ogni dollaro investito in azioni preventive primarie a garantire un ritorno di 7 dollari risparmiati in patologie evitabili, è anche vero che la terapia clinica rallenta il progresso delle malattie croniche e salva vite, prolungando l’aspettativa di vita e migliorandone sensibilmente la qualità. La scarsa aderenza alle prescrizioni del medico è la principale causa di non efficacia delle terapie farmacologiche ed è associata a un aumento degli interventi di assistenza sanitaria, della morbosità e della mortalità, rappresentando un danno per i pazienti, per il sistema sanitario e per la società. Maggior aderenza significa infatti minor rischio di ospedalizzazione, minori complicanze associate alla malattia, maggiore sicurezza ed efficacia dei trattamenti e riduzione dei costi per le terapie, oltre che, come detto, un prolungamento dell’aspettativa di vita di buona qualità”.
“La gestione della cronicità in Italia assorbe il 70% della spesa pubblica socio sanitaria – spiega il dott. Filippo Anelli, Presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO) -. Quando, a seguito della nostra visita, riteniamo di dover prescrivere un farmaco al paziente anziano, sarà nostra cura spiegargli chiaramente la posologia, preferibilmente redigendo uno schema e la tempistica di assunzione, e scegliere le formulazioni più adatte per garantire la migliore aderenza terapeutica. A questo proposito, va rilevato che, nonostante le aperture del Ministero e dell’AIFA, la prescrizione di alcuni farmaci (antidiabetici orali, anticoagulanti, farmaci contro la broncopneumopatia cronica ostruttiva), che portano a un miglioramento della compliance e dell’aderenza terapeutica, è ancora preclusa ai Medici di Medicina Generale, con grave disagio per i pazienti”.
“Il progetto coinvolge tutti i clinici che ogni giorno affrontano il problema, fra cui cardiologi, oncologi, medici di famiglia, reumatologi, pediatri, oculisti, dermatologi, pneumologi, urologi e psichiatri – afferma Mauro Boldrini, Vice Presidente CIAT -. Per sensibilizzare i nipoti, sarà attivato nelle prossime settimane un concorso nelle scuole superiori rivolto agli studenti del biennio, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca. Le scuole, grazie ai ragazzi che realizzeranno un tema sull’aderenza terapeutica, avranno la possibilità di vincere materiale d’uso scolastico (tablet e computer). I temi migliori saranno selezionati dalla scuola e valutati, in un secondo momento, da una giuria che includerà presidenti di società scientifiche e rappresentanti delle Istituzioni”.
“Il coinvolgimento dei nipoti consente di raggiungere tutte le fasce d’età – sottolinea il dott. Paolo Biasci, Presidente FIMP (Federazione Italiana Medici Pediatri) -. I più giovani inoltre diventeranno adulti più consapevoli del ruolo della corretta assunzione dei trattamenti. I principali fattori alla base della mancata aderenza sono la complessità della gestione della terapia, l’inconsapevolezza della malattia e dell’importanza di seguire le prescrizioni del medico nel lungo periodo e condizioni cliniche che rendono il paziente poco vigile. A questi elementi si aggiungono talvolta convinzioni personali errate o irrazionali sui farmaci, tra cui il timore di potenziali reazioni avverse oppure al contrario un uso non corretto delle terapie senza il consiglio del pediatra. Proprio su questo la FIMP ha recentemente avviato una campagna di sensibilizzazione delle famiglie”.
“Terapie innovative consentono di cronicizzare anche malattie gravi come i tumori – afferma il prof. Paolo Marchetti, Direttore Oncologia Medica B del Policlinico Umberto I di Roma e Ordinario di Oncologia all’Università La Sapienza -. Ogni giorno, in Italia, più di 510 nuovi casi di cancro riguardano gli over 70. Ma solo il 48,4% delle donne e il 48,1% degli uomini in questa fascia d’età sono vivi a cinque anni dalla diagnosi, con notevoli differenze rispetto alla popolazione generale (63% donne e 54% uomini). Garantire a tutti i pazienti, inclusi gli anziani, l’accesso ai farmaci innovativi è una condizione necessaria ma non sufficiente se non si migliora l’aderenza. È noto il paradigma clinico secondo cui più farmaci vengono prescritti, maggiore è la probabilità di non conformità alle terapie. Un fenomeno particolarmente frequente negli over 65, spesso con capacità visive e funzioni cognitive ridotte”.
“Il 32% degli anziani utilizza farmaci antinfiammatori ed antireumatici per la cura, tra gli altri disturbi, di artriti e artrosi – continua il prof. Guido Valesini, Vice Presidente SIR (Società Italiana di Reumatologia) -. Il 40% dei 350mila pazienti colpiti da artrite reumatoide non segue le terapie in modo corretto. L’eccessivo carico di lavoro cui sono spesso sottoposti i medici nella pratica clinica può portare a spiegazioni troppo veloci e, talvolta, superficiali dei motivi che stanno alla base di una prescrizione farmacologica. Da qui la necessità di una vera e propria rivoluzione culturale che questo progetto vuole favorire e che riguarda tutti gli attori interessati, a partire da una migliore comunicazione medico-paziente”.
“In Italia, in 40 anni (1975-2015), l’aspettativa di vita si è molto allungata in entrambi i sessi: oggi un over 65 ha ancora davanti a sé più di un ventennio – conclude Roberto Messina. Presidente Senior Italia FederAnziani -. In particolare, la speranza di vita alla nascita (2017) è pari a 80,6 anni per gli uomini e a 84,9 anni per le donne. Questi risultati sono stati influenzati, nel tempo, dai progressi della ricerca in medicina, dalle terapie innovative, dalle diagnosi precoci e dalle campagne di prevenzione. La popolazione anziana è quella più a rischio sotto il profilo dell’aderenza alle terapie, soprattutto in compresenza di numerose patologie. L’Italia è al secondo posto in Europa per indice di vecchiaia, con intuibili conseguenze sull’assistenza sanitaria a causa del numero elevato dei malati cronici. L’aderenza alle terapie è pertanto fondamentale per la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale”.
È stato anche depositato il disegno di legge che prevede l’istituzione, il 12 aprile, della “Giornata Nazionale dell’aderenza alle terapie”, la prima mai realizzata, che intende promuovere cultura a 360 gradi su questi temi.

Roma, 29 gennaio 2019 – Vaccinarsi contro il Papilloma Virus (HPV) protegge chi è immunizzato e anche chi non lo è. E’ però necessario che il suo utilizzo sia ampiamente diffuso tra tutta la popolazione. Lo sostiene un recente studio pubblicato su Pediatrics che dimostra chiaramente l'efficacia dell’immunità di gregge per questa vaccinazione che contribuisce a prevenire diversi forme di cancro. Gli studi clinici del vaccino anti- HPV dimostrano un'elevata efficacia, ma gli studi di sorveglianza sono essenziali per esaminare l'impatto a lungo termine. E' stato quindi questo l'obiettivo dei ricercatori dell'Università e del Children's Hospital Medical Center di Cincinnati, in Ohio, che hanno voluto determinare, 11 anni dopo l'introduzione del vaccino negli Stati Uniti, la prevalenza di HPV in giovani vaccinate e in quelle che non lo erano state. Hanno pertanto reclutato ragazze di età compresa tra 13 e 26 anni nel corso di diverse fasi dello studio condotto dal 2006 al 2017. I risultati mostrano che i tassi di vaccinazione sono aumentati dallo 0% all'84,3%. Tra le donne che sono state vaccinate, l'individuazione del virus è diminuita dal 35% al 6,7% (calo dell'81%), cosa che dimostra l'efficacia del vaccino. Tra le giovani non vaccinate è diminuita dal 32,4% al 19,4% (calo del 40%), cosa che ne dimostra efficacia anche nella cosiddetta prevenzione di gregge. Lo studio è stato condotto sul vaccino quadrivalente, ovvero che protegge da 4 tipi pericolosi di HPV (6, 11, 16 e 18) e usato negli Usa fino ad alcuni anni, ma dal 2016 sostituito da quello nonovalente (che protegge da 9 diversi tipi e disponibile anche in Italia). 

Roma, 28 gennaio 2019 – Causa dell’inquinamento da traffico automobilistico non sono solo i gas di scarico. La polvere microscopica generata dal consumo degli pneumatici, freni e asfalto e dal loro risollevamento fa la sua parte.  Contiene infatti un mix di sostanze chimiche tossiche e cancerogene, che possono causare malattie cardiovascolari e respiratorie nelle aree fortemente trafficate, soprattutto nei bambini e negli anziani.
Una proposta per ridurre questo fattore di inquinamento purtroppo poco conosciuto e largamente sottovalutato è lavare più spesso l'asfalto. Secondo una recente revisione di 99 studi internazionali, a breve pubblicata su Bollettino dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e coordinata da Fulvio Amato, ricercatore del Consejo Superior de Investigaciones Cientificas di Barcellona, le micropolveri che si staccano dall'asfalto, dalle gomme e dai freni e si depositano sul fondo stradale, contribuiscono a circa la metà dell'inquinamento da traffico automobilistico.
Ne hanno discusso i massimi esperti riuniti a Milano dal 24 al 26 gennaio per il Seminario Internazionale RespiraMi 3: Air Pollution and our Health organizzato dalla Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico e dalla Fondazione Internazionale.

Roma, 25 gennaio 2019 – Italiani sempre più dipendenti dal web e incapaci a non rimanere on line? No, una recente indagine internazionale condotta dall’EUROSTAT pare smentire questo stereotipo. Il nostro Paese si colloca, infatti, agli ultimi posti in Europa per quanto riguarda l’uso della “Rete”. Con il 74% di utilizzo l’Italia è la quartultima del Vecchio Continente seguita da Grecia, Romania e Bulgaria. E siamo comunque ben al di sotto della media UE che si attesta al’85%. Non solo. Secondo l’istituto di statistica europeo il 52% degli internauti italiani ha cercato on line informazioni sulla salute e il benessere. La maggior parte delle persone ha invece utilizzato internet per guardare contenuti video da servizi commerciali o di condivisione (57%), partecipare ai social network (56%) e accedere a servizi bancari (54%). L’Italia si classifica inoltre sempre agli ultimi posti anche nelle varie attività specifiche. Nell’uso di internet per prendere appuntamento con un professionista è a nove posti dal fondo della classifica. Se confrontati agli altri dati dell’Unione siamo al terzultimo posto per la ricerca di informazioni sulla salute. Infine anche per quanto riguarda i social network, l’Italia è penultima: peggio di noi sono solo i francesi. Per la partecipazione ai social siamo al 46% contro una media continentale del 56% e ancora una volta la Danimarca in testa (con il 79%).

Roma, 24 gennaio 2019 - La stagione influenzale sta entrando nella sua fase clou. Secondo gli ultimi dati dell’Istituto Superiore di Sanità solo nell’ultima settimana si sono registrati ben 571.000 nuovi casi. In totale sono quindi 2.837.000 gli italiani finiti a letto dall’inizio della sorveglianza. I più colpiti risultano i bambini di età inferiore ai cinque anni: per loro l’incidenza è passata da 16 a 28 casi per mille assistiti nell’ultima settimana. Piemonte, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Campania, Sicilia si confermano le regioni più colpite, oltre alla provincia autonoma di Trento. Le altre persone più esposte sono anziani e il malati cronici. Un modo per prevenire il contagio e recuperare in tempi brevi dalla malattia però c’è: è l’alimentazione. Seguire una dieta equilibrata è la strategia più valida per arginare il virus e accelerare i tempi di guarigione in caso di malattia. Ecco come:
• via libera quindi a frutta e verdura di stagione che sono ancora più preziose in inverno rispetto all’estate. Largo quindi ad una dieta ricca di vitamine
• limitare il più possibile il consumo di cibi grassi e di bevande alcol
• bere molto per idratarsi correttamente. Agli anziani, che sentono di meno la sete, è consigliato bere almeno due litri di acqua al giorno. Questo perché in ambienti riscaldati, si consumano più liquidi. Le vie respiratorie non devono essere secche perché questa condizione espone a un maggior numero di infezioni
Infine il consiglio fondamentale è quello vestirsi in modo adeguato, anche quando si fa sport all’aperto. E non dimenticate di arieggiare e umidificare correttamente gli ambienti chiusi.

Roma, 23 gennaio 2019 – Altro che i giovani utenti del web, sono gli anziani i principali diffusori di fake news tramite la “rete” e i social media. E’ quanto suggerisce una ricerca che ha analizzato le attività su Facebook di oltre 1300 persone negli USA. “Nonostante l'interesse nel fenomeno delle notizie false, sappiamo molto poco su chi effettivamente le condivide - ha dichiarato Joshua Tucker, professore di politica alla New York University -, il nuovo studio fa un primo passo in questa direzione". I ricercatori del Laboratorio di social media e partecipazione politica (SMaPP) della New York University e Princeton University hanno condotto l'indagine durante la campagna elettorale che ha portato Trump alla Casa Bianca. Un campione di 1.300 intervistati ha accettato di fornire i propri commenti sui post, inclusi i collegamenti esterni ad altri siti. Ne è emerso che una piccola percentuale, meno del 9%, ha condiviso su Facebook collegamenti con i siti riconosciuti essere divulgatori di "false notizie" durante la campagna elettorale presidenziale, ma questo comportamento era sproporzionatamente comune tra le persone oltre i 65 anni: in particolare, solo il 3% di quelli di età compresa tra i 18 e i 29 anni lo faceva rispetto all'11% della Terza Età. Questi risultati, per i ricercatori, potrebbero riflettere una minore conoscenza dei media digitali da parte dei senior. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Science Advanced.