FIMP NEWS

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Martedì, 30 Ottobre 2018 08:16

Chi è a rischio di meningiti batteriche

Le persone a maggior rischio di contrarre la meningite batterica sono:

  • i neonati e i bambini
  • gli anziani
  • coloro che vivono in comunità
  • coloro che hanno il sistema immunitario compromesso (a causa di malattie o farmaci)
  • i viaggiatori verso aree dove la meningite è comune (Africa sub-sahariana)

In particolare, sono stati identificati specifici fattori di rischio per le varie forme di meningite.

Meningite da pnueumococco
  • età molto avanzata o neonatale
  • polmonite
  • otite media acuta o cronica
  • sinusite acuta
Meningite da meningococco
  • età neonatale
  • vita comunitaria
  • viaggi in aree endemiche
Meningite da emofilo di tipo b
  • età avanzata
  • otite media
  • sinusiti
Martedì, 30 Ottobre 2018 08:10

I sintomi delle meningiti batteriche

In generale, i sintomi della meningite batterica possono essere scambiati per quelli di altre malattie più o meno gravi e rendono la diagnosi della malattia complessa.

Nel caso delle forme acute fulminanti, i sintomi della meningite possono comparire molto rapidamente (nel giro di alcune ore), mentre in caso di infezioni sub-acute peggiorano progressivamente nel giro di alcuni giorni.

I sintomi principali della meningite sono tre: febbre, mal di testa e rigidità al collo. Quando a questi si associano sonnolenza, torpore o convulsioni, la probabilità di trovarsi davanti a una forma di meningite batterica è molto elevata.

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Principali sintomi della meningite negli adulti
Febbre alta che compare improvvisamente
Mani e piedi freddi
Mal di testa
Rigidità al collo
Nausea/vomito
Letargia/sonnolenza
Aumentata sensibilità alla luce (fotofobia)
Confusione/irritabilità
Rash cutaneo
Convulsioni e tremori
Dolori muscolari
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Nei neonati e nei bambini piccoli i sintomi classici della meningite (febbre, mal di testa e rigidità al collo) possono essere assenti o difficili da identificare.
Solitamente i bambini piccoli, insieme alla febbre presentano vomito o inappetenza e si mostrano inattivi e irritabili. Inoltre, è possibile osservare un gonfiore sulla testa, in corrispondenza della fontanella (area “membranosa” della testa del bambino in corrispondenza della quale le ossa craniche non si sono ancora saldate) e riflessi alterati.

Tra i segni tipici della meningite nei neonati e nei bambini piccoli vi sono inoltre:

  • agitazione, specialmente quando vengono presi in braccio
  • pianto inconsolabile
  • letargia (può essere difficile svegliarli)
  • tremori
  • respiro affannoso
  • assenza di risposta agli stimoli
  •                                                                                         RICONOSCI I SINTOMI

    La meningite batterica si trasmette attraverso il contatto con la saliva, le secrezioni nasali o le secrezioni respiratorie.
    Perché il contagio avvenga è comunque necessario essere a contatto prolungato con la persona infetta o essere stati a contatto diretto con le secrezioni orali del paziente.

    In particolare, il contagio può avvenire in seguito a:

    • un bacio
    • tosse e starnuti
    • la condivisione di bicchieri o oggetti personali, quali spazzolino da denti, rossetto o sigarette

    Solitamente il periodo di incubazione varia dai 2 ai 10 giorni e la malattia è contagiosa soltanto durante la fase acuta dei sintomi e nei giorni immediatamente precedenti la loro comparsa.

    Per le persone che sono state a contatto diretto con un soggetto colpito da meningite da meningococco o emofilo di tipo b è necessaria una terapia antibiotica preventiva, mentre nel caso di contatto con soggetti ammalati di meningite da pneumococco non è necessario alcun antibiotico.

    Non sempre la presenza del batterio a livello di naso e gola porta allo sviluppo della meningite; si parla in questo caso di “portatori sani”, che nella maggior parte dei casi non si ammalano, ma che rappresentano una importante fonte di contagio per la popolazione.

    Lunedì, 29 Ottobre 2018 09:11

    Le forme batteriche della meningite

    Le meningiti batteriche sono causate da un’infezione che solitamente inizia nelle alte vie respiratorie (gola, faringe, laringe e trachea) e raggiunge le meningi attraverso il sangue.
    Le meningi possono essere raggiunte dal batterio anche per via diretta, in seguito a un incidente traumatico o a un’operazione chirurgica, oppure in seguito all’infezione di una regione anatomica vicina alle meningi, come l’orecchio.
    Quando i batteri dalle meningi invadono il circolo sanguigno e si diffondono in tutto l’organismo si sviluppa la setticemia (grave infezione dovuta al passaggio del batterio nel sangue), che può evolvere in shock settico, con conseguente rischio per la vita.

    A seconda del batterio responsabile dell’infezione, la meningite assume caratteristiche diverse.

    Meningite da pneumococco (Streptococcus pneumoniae)
    Lo pneumococco è il principale responsabile della polmonite e può causare anche otiti, bronchiti, congiuntiviti e sinusiti.

    Lo pneumococco è presente nel 5-10% dei soggetti adulti sani e nel 20-40% dei bambini sani, solitamente a livello di naso e gola.
    La meningite da pneumococco è particolarmente aggressiva, con un tasso di mortalità pari al 20-30% tra gli adulti. Solo la metà dei pazienti guarisce completamente, senza riportare conseguenze. Le persone che hanno avuto la meningite da pneumococco, infatti, possono soffrire di sordità, di gravi danni cerebrali o renali. 
    Oggi sono disponibili due vaccini in grado di proteggere contro alcuni dei principali ceppi di pneumococco.

    Meningite da meningococco (Neisseria meningitidis)
    Il meningococco rappresenta una delle principali cause di meningite batterica e setticemia nel mondo e la principale causa di meningite nei bambini e nei giovani adulti, in particolare nei Paesi ad alto reddito.

    Il batterio è presente nel naso e nella gola del 8-25% della popolazione sana, con percentuali più elevate tra i giovani adulti, senza causare alcun sintomo.
    Il batterio può infettare anche il sangue, causando la setticemia da meningococco. Nel caso in cui l’infezione colpisca sia le meningi sia il sangue, si parla di malattia meningococcica.
    Circa 1 persona su 10 muore a causa della malattia meningococcica e nel 10-20% dei casi la malattia ha decorso fulminante e può portare alla morte in poche ore (24-48 ore dalla comparsa dei sintomi), anche quando si somministra una terapia antibiotica adeguata.
    Tra i pazienti che guariscono, oltre il 20% va incontro a disabilità permanenti, quali cecitàsordità e perdita degli arti.
    Sono ad alto rischio in particolare i bambini di età inferiore a 1 anno, le persone con sistema immunitario indebolito, i viaggiatori in Paesi dove la malattia è endemica e le persone che vivono in comunità (militari, studenti residenti in college, ecc.).
    Esistono diversi tipi di meningococco (chiamati sierogruppi), ma solo 5 causano meningite (A, B, C, W 135 e Y). I sierogruppi B e C sono responsabili della maggioranza dei casi in Europa e America e il sierogruppo B è, attualmente, la causa più importante di meningite batterica infantile e di setticemia in Europa.
    Finora erano disponibili vaccini diretti contro i sierogruppi A, C, Y e W 135 e solo dalla fine del 2013 in Italia è disponibile il nuovo vaccino in grado di prevenire la meningite da meningococco di tipo B.]

    Meningite da emofilo di tipo b (Haemophilus influenzae b)
    In passato questa forma rappresentava la forma principale di meningite tra i bambini sotto i 5 anni, ma dagli anni Novanta, grazie all’introduzione della vaccinazione contro l’Haemophilus influenzae b prevista per tutti i nuovi nati, i casi di questo tipo di meningite sono notevolmente diminuiti.
    – http://www.ninds.nih.gov/disorders/encephalitis_meningitis/detail_encephalitis_meningitis.htm
    – http://www.cdc.gov/meningitis/bacterial.html
    – http://www.nhs.uk/Conditions/Meningitis/Pages/Introduction.aspx
    – http://www.meningitis.org/
    – http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?lingua=italiano&id=12&area=Malattie_infettive_e_o_sessualmente_trasmissibili
    – http://microbewiki.kenyon.edu/index.php/Streptococcus_pneumoniae:_Meningitis
    – http://www.nlm.nih.gov/medlineplus/ency/article/000612.htm
    – http://www.epicentro.iss.it/problemi/meningiti/meningite.asp
    – http://emedicine.medscape.com/article/232915-overview
    – Azzari C, et al. Distribution of invasive meningococcal B disease in Italian pediatric population: implications for vaccination timing. Vaccine 2014; 32(10): 1187-91
    – Caesar NM, et al. Neisseria meningitidis serogroup B vaccine development. Microb Pathog 2013; 57: 33-40
    – Health technology assessment della vaccinazione contro meningococco B 2013; 2(13). Scaricato da http://www.ijph.it/articolo_hta_scelto.php?id_articolo=1144&id_rivista=90
    – Kastenbauer S, et al. Pneumococcal meningitis in adults: spectrum of complications and prognostic factors in a series of 87 cases. Brain 2003; 126(Pt 5): 1015-25
    – McIntyre PB, et al. Effect of vaccines on bacterial meningitis worldwide. Lancet 2012; 380(9854): 1703-11
    – Strelow VL, et al. Invasive meningococcal disease. Arq Neuropsiquiatr 2013; 71(9B): 653-8
    – Rosenstein NE, et al. Meningococcal disease. N Engl J Med 2001; 344(18): 1378-88
    Giovedì, 12 Dicembre 2019 11:44

    RECENSIONE DEL MESE

     A cura di Fabrizio Fusco, pediatra di famiglia, Valdagno (Vi)

     

    Omeopatia.

    Bugie, leggende e verità

    Roberto Burioni

    Rizzoli, 2019. 200 pagine. 18 euro

    Medici autorevoli sostengono che l’omeopatia non ha alcuna efficacia: eppure ci sono altri medici che prescrivono e farmacisti che vendono cure omeopatiche. In questo libro Roberto Burioni passa in rassegna, con uno stile spumeggiante, ironico e comunque sempre piacevole da leggere, bugie, leggende e verità di un metodo di cura seguito da milioni di italiani e non solo.

    Racconta di quale fosse la medicina alla fine del ‘700, ai tempi in cui Samuel Hahnemann ebbe l’intuizione che il simile cura il simile, ma solo se estremamente diluito (altrimenti il paziente moriva…), ed “inventò” l’omeopatia. A quei tempi, i pazienti ricchi che avevano accesso alle costosissime cure mediche, avevano una mortalità maggiore rispetto ai poveri che non si curavano. Il salasso era in pratica l’unica terapia a cui potessero ricorrere i medici di allora, terapia non priva di gravi effetti collaterali: Burioni porta l’esempio della morte di George Washington, primo presidente degli Sati Uniti, sopravvissuto a vaiolo, tubercolosi e malaria, per non dire delle guerre che aveva combattuto, ma non ad una serie di salassi (si stima per almeno 2 litri di sangue in poche ore) praticati per un banale raffreddore o poco più.

    Dunque, c’era bisogno di medici che non facessero niente e Hahnemann, con l’omeopatia, propose il “niente”. Non lo si sapeva 200 anni fa, ai tempi in cui anche le conoscenze mediche erano scarse o nulle, ma oggi sì: l’estrema diluizione dei prodotti omeopatici, ce lo dice la chimica, fa sì che nel prodotto non ci sia più nulla se non acqua e zucchero. E sempre la chimica ci conferma che per assumere una sola molecola di cianuro diluita 30CH dovremmo bere un quantitativo pari a 100 volte la massa della terra. O se vogliamo dirla in un altro modo, “se facciamo pipì nell’Oceano Atlantico, la sua diluizione sarà 10CH, immensamente più concentrata rispetto alle diluizioni utilizzate nei preparati omeopatici”. Ma nel libro si parla di molto altro, delle prodigiose proprietà del muro di Berlino o della muraglia cinese, naturalmente fortemente diluiti, di effetto placebo e di sperimentazioni in doppio cieco. Un sottile fil rouge unisce gli ultimi tre libri di Burioni: da “la Congiura dei somari” a “Balle mortali” a “Omeopatia: bugie, leggende e verità”. E’ quello dell’eterna lotta in medicina ( e non solo…) tra scienza e pseudoscienza , tra metodo scientifico e magia, ciarlatani, pensiero magico.

    A questo proposito, Burioni, che si è fatto conoscere tramite facebook, un anno fa ha aperto il sito web Medicalfacts.it, dedicato alla divulgazione della verità scientifica in ambito medico e nato dalla constatazione che “i social media non bastano più“: “quella che sui social era ormai diventata una polarizzazione tra chi crede nella scienza e chi crede nel “sentire comune”, ha ora bisogno di trovare struttura solida per dare solidità alle verità. Una serie di domande per una serie di risposte, quindi: Vaccinarsi contro l’influenza serve? Nei vaccini c’è il mercurio? Cos’è l’omeopatia? Dietro ognuno di questi temi ci sono spesso risposte relativamente complesse e la complessità non è esattamente il campo dei social network (dove trionfa invece l’emotività, l’istinto, il luogo comune)”.

    Per concludere il Burionipensiero, che non possiamo non condividere, far ricorso all’omeopatia è un peccato veniale, rispetto a non far vaccinare i propri figli, sempre che l’uso dei prodotti omeopatici non escluda, quando necessaria, la terapia tradizionale (e il caso recente del bambino morto di otite perché curato solo con l’omeopatia) lo abbiamo tutti presente. Ognuno è libero di curarsi ANCHE con prodotti molto costosi e che contengono il niente, ma non è accettabile che i farmaci omeopatici siano detraibili fiscalmente come gli altri e che “pesino” sull’esangue bilancio del Servizio sanitario o che ancora l’Università di Modena organizzi Masters di omeopatia.

    Nell’ultimo capitolo Burioni si fa una domanda e cioè se comunque gli omeopati non abbiano qualcosa da insegnare a noi medici “tradizionali. Non vi anticipo la risposta.

    A cura di Domenico Careddu, coordinatore nazionale gruppo di studio CAM

     

    Le infezioni delle vie urinarie (IVU) rappresentano la seconda causa di infezioni batteriche pediatriche, dopo quelle a carico dell’apparato respiratorio. Si stima che entro l’età di 16 anni,
    un maschio su trenta ed una femmina su 10, possano manifestare una IVU. Nel 30-50% dei casi le IVU
    sono ricorrenti, specialmente in soggetti con reflusso vescico-ureterale (RVU), vescica neurologica, precedenti cistiti o pielonefriti ed uropatie malformative.
    Nel 15% dei soggetti che hanno a
    vuto una IVU, si manifesta ipertensione arteriosa in età adulta.
    Per prevenire questa complicanza e per evitare la formazione di cicatrici a carico del parenchima renale, nella pratica comune è frequente il ricorso alla profilassi antibiotica, soprattutto nei soggetti con RVU,
    sebbene i dati di letteratura non siano concordi sull’utilità di questo trattamento.

    A tale proposito, vanno considerati sia l’impatto fisico e psicologico di una terapia cronica in un soggetto in età pediatrica e nella sua famiglia, i costi economici e soprattutto
    il crescente fenomeno dell’antibiotico resistenza.

    Ciò premesso, numerosi studi, hanno preso in considerazione il ricorso anche ad altri trattamenti per prevenire le IVU ricorrenti ed i possibili danni ad esse correlati:
    dalla circoncisione nei maschi, alla somministrazione di probiotici, vitamine e di estratti vegetali quali il Cranberry (Vaccinium macrocarpon). 
    Focalizzando l’attenzione su quest’ultimo, conosciuto anche come mirtillo rosso americano,
    si evidenzia come le bacche di questa pianta abbiano una tradizione d’uso secolare, per il trattamento di differenti situazioni cliniche, tra le quali le IVU, prima dell’avvento degli antibiotici.

    I principali componenti del fitocomplesso del Cranberry sono flavonoidi (principalmente antocianidine), catechine, carboidrati, sali minerali e tannini; tra queste ultime,
    sono caratteristiche le Proantocianidine di tipo A.
    Ad esse è dovuta la capacità di inibire   l’adesione dell’E.Coli fimbriato (tipo 1 e tipo P) alle cellule della parete vescicale e la successiva risalita nelle vie urinarie, fino al parenchima renale.

    Considerato che l’E.Coli è il principale agente eziologico delle IVU, appare evidente l’interesse dei ricercatori nei confronti del Cranberry.

    I recenti studi condotti in soggetti in età pediatrica affetti da IVU, hanno evidenziato che la somministrazione di Cranberry è in grado di ridurre il numero di episodi di IVU
    nei soggetti maschi non circoncisi e può avere effetti benefici nei confronti della crescita di batteri patogeni Gram negativi; l’effetto preventivo nei confronti delle IVU, è risultato essere maggiore
    rispetto alla stessa circoncisione in soggetti circoncisi. 
    Altri studi hanno evidenziato l’efficacia nel prevenire le IVU in soggetti peraltro sani ed un’efficacia sovrapponibile a quella della terapia antibiotica in soggetti con anomalie dell’apparato urogenitale.

    Considerata la numerosità dei casi valutati e le differenti formulazioni di Cranberry utilizzati negli studi presi in esame, sono necessarie ulteriori conferme cliniche in termini efficacia e sicurezza.

    Giovedì, 12 Dicembre 2019 11:32

    OSTRUZIONE DA CORPO ESTRANEO: APPROFONDIMENTI

    A cura di Francesco Pastore, pediatra di famiglia, Formatore di istruttori BLSD, Martina Franca (TA)

     

    Il “Corpo estraneo”, potenzialmente pericoloso per la fascia di età compresa tra 0 e 4 anni, è riconducibile a particolari alimenti (che se non tagliati adeguatamente possono diventare pericolosi). Importante inoltre fare molta attenzione a giochi ed oggetti di piccole dimensioni, soprattutto nelle famiglie con figli di diverse età, a causa della possibilità di accedere a giocattoli non consoni alle età dei più piccoli.

    L’età massima di incidenza è dai 6 mesi, età in cui il lattante inizia ad interagire e a mangiare alimenti sempre più solidi, fino ai 4 anni. Dopo questa età lentamente la “curva” degli incidenti inizia a scendere, pur non dovendo mai abbassare la guardia.

    L’ostruzione potrà essere di origine “CERTA”, siamo cioè di fronte ad un bambino che mangia una caramella, oppure “SCONOSCIUTA”, ovvero non sappiamo cosa ha determinato l’ostruzione delle vie aeree, che potrà quindi presentarsi come “PARZIALE” oppure “COMPLETA”, data dalla possibilità o meno del bambino di riuscire a respirare, tossire o parlare.

    Di certo da 0 a 3 anni abbiamo il periodo di maggiore esposizione a questo tipo di incidenti per una serie di motivi:

    1. Le vie aeree non sono ancora sviluppate, ovvero, alla nascita sono di forma CONOIDE per diventare quasi CILINDRICHE, solo alla pubertà;

    2. Il bimbo non ha sviluppato la CAPACITA’ di masticare in maniera corretta e sicura;

    3. La deglutizione non è ancora coordinata e quindi non del tutto efficiente;

    4. Il bambino piccolo non ha esperienza di casi di soffocamento e quindi non sa ancora come reagire per difendersi.

     

    IL MODELLO INTERNAZIONALE DI JAMES REASON

    Se riusciamo a comprendere COSA GENERA un incidente GRAVE , di certo potremo comprendere meglio come comportarci e soprattutto quali sono le AZIONI da intraprendere per proteggere in maniera certa il nostro bambino.

    Esistono studi internazionali che hanno determinato quali azioni errate e quali concatenazioni possono generare un incidente grave.

    Il MODELLO INTERNAZIONALE DI JAMES REASON, applicato agli incidenti gravi da ostruzione delle vie aeree , potrebbe essere di grande utilità per prevenire nel migliore dei modi ogni azione potenzialmente pericolosa.

    Il modello di REASON è molto semplice: mettendo in fila 5 fette di groviera con tanti buchi - sostiene il famosissimo psicologo americano - nel momento in cui si vede la luce attraverso tutte le fette, accade l’incidente grave a causa di una serie di errori umani.

    Ogni buco rappresenta un’AZIONE ERRATA o l’assenza di protezioni efficaci.

    Ecco quali sono:

    1. Decisioni fallaci - Errore Latente: acquistare un oggetto/giocattolo pericoloso come una pallina di gomma piccola e donarlo ad un bambino piccolo per farlo giocare;

    2. Carenze - Errore Latente: chi dona il gioco non ha informazioni su quali siano i giocattoli pericolosi e quali non, ne ignora completamente la pericolosità;

    3. Condizioni predisponenti ad operazioni rischiose - Errore Latente: le vie aeree di un bambino sono conoidi e quindi è più facile che accada un episodio di ostruzione, rispetto ad un adulto;

    4. Produzione di operazioni rischiose - Errore Attivo: la baby-sitter si distrae, lascia giocare il bimbo di 2 anni con i giochi del fratellino più grande e non controlla visivamente il bimbo che mette in bocca il giocattolo pericoloso eludendo la supervisione dell’adulto;

    5. Inadeguatezza delle Protezioni - Errore Latente/Attivo: la baby-sitter e chiunque si trova in casa in quel momento NON conosce le MANOVRE DI DISOSTRUZIONE e non sa come intervenire per contrastare l’insieme di errori latenti attivati sino a quel determinato momento.

    Questa serie di azioni sono in grado di generare l’incidente, e senza avere lo strumento di contrasto, ovvero la conoscenza delle manovre di disostruzione, potrà generare due possibili scenari:

    - la persona si “ferma” per assenza e incapacità di azione (non avendo conoscenza del comportamento da tenere in questi casi);

    - la persona “agisce” in maniera scomposta facendosi guidare dall’istinto e non dalla conoscenza, peggiorando una situazione già compromessa. La conoscenza e la formazione ad intervenire in questi casi, potrebbe essere in grado di annullare tutti gli errori latenti ed attivi.

    L’incidente per soffocamento accade statisticamente quando il bambino oltre a mangiare compie un’altra azione.

    In poche parole fa DUE COSE INSIEME che lo mettono in pericolo:

    1. mangia e ride

    2. mangia e gioca

    3. mangia e corre

    4. mangia e guarda la tv

    5. mangia e canta

    6. mangia da solo alimenti non tagliati, lisci e ovali.

    Mangiare in posizione eretta a tavola, concentrandosi sull’atto della masticazione, RIDUCE in maniera drastica la possibilità del verificarsi di un incidente grave.

    Antichi consigli tramandati dai nostri nonni, che hanno attraversato secoli e provenienti forse da racconti ancestrali, pur avendo probabilmente nel tempo perso le motivazioni, hanno conservato il messaggio di protezione della vita anche se non esplicitato chiaramente.

    Sarebbe consigliabile continuare a diffondere questi principi educativi ai nostri figli e nipoti per aiutarli a vivere protetti da incidenti evitabili.

     

    I NUMERI:

    Statisticamente, quasi il 70% delle ostruzioni è di natura alimentare di cui il 20% circa per oggetti e giochi.

    Sappiamo anche che da un incidente mortale che coinvolgeva 1 bambino a settimana siamo scesi a 1 bambino ogni 10 giorni e che in Italia, (dati progetto “Susy Safe” del Prof. Dario Gregori, Università di Padova, Cattedra di Biostatistica Sanitaria) ben 422 bambini all’anno vengono ricoverati in Pronto Soccorso per un incidente grave provocato da un alimento/oggetto/giocattolo.

    Sono dati che dovrebbero farci riflettere sull’importanza della prevenzione.

    Esistono ALIMENTI potenzialmente più pericolosi di altri per la loro APPETIBILITA’, FORMA e CONSISTENZA, ma soprattutto per come vengono somministrati.

    Alcuni semplici accorgimenti possono modificarne la potenziale pericolosità.

    Tra gli alimenti più pericolosi alcuni devono essere citati per la loro continua presenza nelle cronache e nelle statistiche.

    Vediamo come comportarci per non correre rischi:

    la tabella ALIMENTI-AZIONE, che nasce dall’incontro fra importanti chef sensibili alla tematica e le raccomandazioni internazionali della Società di Pediatria Canadese, può darci qualche consiglio utile, ed è quella che per prima ha affrontato il problema in questo modo e ridotto il numero degli incidenti.

     

    Riferimenti scientifici:

    Preventing choking and suffocation in children

    C Cyr; Canadian Paediatric Society

    Injury Prevention Committee

    Abridged version: Paediatr Child Health 2012;17(2):91-2

    Altre fonti:

    Per maggiori informazioni riguardo i rischi degli Incidenti, la prevenzione e le manovre di rianimazione cardiopolmonare visitare i seguenti siti:

    • Safe Kids Canada: www.safekidscanada.ca

    • Health Canada: www.hc-sc.gc.ca

    • Heart and Stroke Foundation of Canada:

    www.heartandstroke.ca• American Heart Association: www.heart.org

     

    OGGETTI

    Vi sono alcuni oggetti presenti nelle nostre case più pericolosi di altri, spesso presenti in incidenti anche molto gravi.

    Sarebbe importante memorizzarli per evitare di lasciarli in giro per casa:

    1. tappi delle penne (meglio quelli aperti in punta);

    2. bottoni (attenzione ai cassetti facilmente accessibili in casa);

    3. palloncini sgonfi (mai alle feste di bimbi);

    4. monete (pericolosissime);

    5. giocattoli o parti di essi (ceste giochi separate se più figli);

    6. pile al litio (mai in casa se non sotto chiave);

    7. graffette;

    8. tappi delle bottiglie.

    Una menzione particolare, data la loro pericolosità, per le pile al litio, che spesso ad un bimbo sembrano caramelle e che hanno la forma di un “disco” apparentemente innocuo, e che invece, anche scariche, possono procurare danni gravissimi se inalate o ingerite, in quanto liberano sali tossici che distruggono i tessuti gastrointestinali in poco tempo.

    A cura di Vitalia Murgia, pediatra, gruppo di coordinamento Area Ambiente e Salute FIMP

     

    In occasione della “Giornata europea di consapevolezza sugli antibiotici 2019” che si è svolta Il 18 novembre 2019, l’European Centre for Disease Prevention and Controll (ECDC) ha pubblicato un report (1) redatto a partire dai dati forniti dalla rete europea di sorveglianza dell’antibiotico-resistenza EARS-Net (European Antimicrobial Resistance Surveillance Network), coordinata dalla ECDC. I dati italiani provengono dalla sorveglianza nazionale dell’antibiotico-resistenza AR-ISS (2).

    I patogeni sottoposti a “sorveglianza speciale” sono un gruppo selezionato di batteri (Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Staphylococcus aureus, Streptococcus pneumoniae, Enterococcus faecalis e Enterococcus faecium, Pseudomonas aeruginosa, Acinetobacter spp.) che sono stati isolati da infezioni invasive (batteriemie e meningiti) acquisite in comunità o in ambito ospedaliero.

    Il sistema di sorveglianza è stato istaurato perché in questo momento la resistenza agli antibiotici è considerata una delle maggiori minacce per la salute pubblica, sia a livello globale sia nella regione Europea. Nel sito della ECDC è disponibile una sintesi dei dati sull’antibiotico resistenza dei vari patogeni sorvegliati (3). L’Italia continua a essere uno tra i Paesi con percentuale più elevata di resistenza, come mostra la tabella di raffronto presente sul sito di Epicentro (4), anche se negli ultimi tre anni si è registrata una diminuzione costante della percentuale di resistenza ai carbapenemi, che è passata dal 33,9% nel 2016 al 26,8% nel 2018.

    Alla preoccupazione per il semplice dato dell’antibiotico resistenza si è aggiunta quella per il carico di malattia che il fenomeno già determina. Un lavoro del 2019 (5) riporta la stima del peso di malattia conseguente alle infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici di interesse per la salute pubblica (i sorvegliati speciali) nei paesi dell'UE e dello Spazio economico europeo (SEE), nel 2015. Il carico di malattia è stato misurato in numero di casi, decessi attribuibili e anni di vita vissuta in disabilità (DALY). Secondo queste stime ogni anno in Europa (Unione Europea + Area economica Europea) si verificherebbero più di 670.000 infezioni a causa di batteri resistenti agli antibiotici e circa 33.000 persone morirebbero come conseguenza diretta di questo tipo di infezione, con un costo stimato per i sistemi sanitari dei paesi UE di circa 1,1 miliardi di euro. Gli autori del lavoro stimano che nel 2015 ci siano stati 671.689 (95% IC 583148-763966) casi di infezione da batteri resistenti agli antibiotici, di cui 426.277 (63,5%) sono stati acquisisti all’interno di ospedali e strutture sanitarie. Queste stime corrispondono a un'incidenza di 131 (113-149) infezioni per 100.000 abitanti e una mortalità attribuibile di 6 · 44 (5 · 54–7 · 48) decessi per 100.000 abitanti. Il tasso complessivo di anni di vita in disabilità è di 170 per 100.000 abitanti, il che è simile al carico combinato di HIV, influenza e tubercolosi nello stesso anno nell'UE e nell'EAA. L'onere è raddoppiato dal 2007 ed è più elevato nei neonati (di età <1 anno) e negli anziani (di età ≥65 anni) e per le infezioni causate da batteri resistenti alla colistina o ai carbapenemi. I maggiori oneri sanitari (> 400 DALY per 100.000 abitanti) sono stati in Italia (10.762 decessi attribuibili) e in Grecia (1.627 decessi attribuibili). Queste stime hanno suscitato una risonanza profonda nei media in occasione della Giornata europea di consapevolezza sugli antibiotici 2019.

    C’è da chiedersi come si sia arrivati a questo punto e come in meno di un secolo di utilizzo si sia riusciti ad impoverire in maniera così drammatica l’enorme potenziale terapeutico degli antibiotici.

    I principali fattori alla base dell'insorgenza e della diffusione della resistenza antimicrobica sono l'uso esagerato degli antibiotici in terapia umana e animale (allevamenti, impianti di acquacoltura, etc.) e la trasmissione di microrganismi resistenti tra gli esseri umani; tra animali; e tra umani, animali e ambiente. Suoli e acqua sono contaminati in maniera pesante; si stima che più di 20 tonnellate di antibiotici siano riversate ogni anno nei fiumi italiani. La contaminazione dei suoli potrebbe contribuire all’insorgenza di ceppi resistenti di batteri del suolo con il rischio di trasferimento di geni della resistenza a patogeni che infettano l’uomo.

    Mentre l'uso degli antibiotici esercita una pressione ecologica sui batteri e contribuisce all'emergere e alla selezione delle resistenze batteriche, il fatto che in molti paesi si applichino misure inadeguate di prevenzione e controllo della trasmissione delle infezioni favorisce l'ulteriore diffusione di questi batteri. L'uso prudente degli antibiotici, da parte dei medici, veterinari, allevamenti di vario tipo, e un elevato controllo della trasmissione delle infezioni in tutti i settori sanitari secondo l’ECDC sono i cardini di una risposta efficace alla resistenza antimicrobica.

    Nessun pediatra (nessun medico) può sentirsi esentato dal contribuire in maniera fattiva alla limitazione di questo fenomeno!

    Referenze bibliografiche

    1. Surveillance of antimicrobial resistance in Europe. 2018 Annual report of the European Antimicrobial Resistance Surveillance Network. https://www.ecdc.europa.eu/sites/default/files/documents/surveillance-antimicrobial-resistance-Europe-2018.pdf
    2. AR-ISS: Rapporto N.1 - I dati 2018. https://www.epicentro.iss.it/antibiotico-resistenza/ar-iss-rapporto
    3. Summary of the latest data on antibiotic resistance in the European Union and European Economic Area (EARS-Net). https://www.ecdc.europa.eu/sites/default/files/documents/summary-latest-data-antibiotic-resistance-EU-EEA.pdf
    4. AR-ISS. Profilo di antibiotico-resistenza degli 8 patogeni sotto sorveglianza: dati italiani 2018 e confronto con la media europea. https://www.epicentro.iss.it/antibiotico-resistenza/ar-iss-confronto-ita-ue
    5. Cassini A, Högberg LD, Plachouras D, et al. Attributable deaths and disability-adjusted life-years caused by infections with antibiotic-resistant bacteria in the EU and the European Economic Area in 2015: a population-level modelling analysis. Lancet Infect Dis. 2019 Jan;19(1):56-66. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6300481/
    Giovedì, 12 Dicembre 2019 11:25

    QUANDO UN BAMBINO DORME TROPPO

    A cura di Emanuela Malorgio, coordinatrice gruppo Sonno FIMP

     

    Quando un bambino o un ragazzo si addormenta sul banco a scuola durante le lezioni, durante il gioco o durante un pasto dobbiamo ampliare la nostra anamnesi pensando anche alla Narcolessia.

    Alcuni di noi ne hanno sentito parlare ma non l’hanno studiata, perché fino a poco tempo si riteneva fosse una patologia esclusivamente dell’adulto e non di interesse pediatrico. In realtà non è così. Spesso questa patologia si manifesta a partire dall’ età pediatrica, ma essendo poco conosciuta e presentando sintomi con particolare modalità di espressione proprio in questa età, non viene sospettata da noi Pediatri di Famiglia e la diagnosi viene posta con molti anni di ritardo.

    Ma partiamo dall’ inizio, ed impariamo a conoscerla insieme.

    La Narcolessia è una patologia neurologica rara (con prevalenza di 1 persona su 2000 circa ed uguale distribuzione tra i due generi), ad andamento cronico, caratterizzata da eccessiva sonnolenza diurna e ricorrenti attacchi di sonno incoercibili che si manifestano nel corso della giornata. E’ tendenzialmente sotto diagnosticata, con un ritardo nella diagnosi di circa 10 anni. La Narcolessia di tipo 1 è associata a Cataplessia cioè ad episodi di improvvisa perdita del tono muscolare legata ad una intrusione del sonno REM nella veglia (il sonno REM è caratterizzato da atonia muscolare).
    L’ eziologia della narcolessia è da ricercarsi nella degenerazione dei neuroni dell’ipotalamo posteriore che producono il neurotrasmettitore Ipocreatina (Orexina), con conseguente riduzione della stessa molecola all’ interno del liquor cefalorachidiano. La Narcolessia è una patologia geneticamente determinata (il rischio fra parenti di primo grado è del 1% – 2%, quindi 30 – 40 volte più alto della popolazione generale, probabilmente scatenata da meccanismi di autoimmunità e\o infezioni virali.

    Nella sua forma più tipica, la narcolessia si presenta con l’espressione dei seguenti cinque sintomi

    1) Eccessiva sonnolenza diurna che si manifesta principalmente con attacchi di sonno incoercibili e\o sonnolenza durante il giorno; in età pediatrica si può presentare anche con disattenzione, irritabilità e iperattività.

    2) Cataplessia (presente solo nella Narcolessia di Tipo 1) caratterizzata da perdita improvvisa del tono muscolare, generalizzata a tutto il corpo con caduta a terra o limitata ad un segmento corporeo come le palpebre, il capo o le spalle. Gli episodi cataplettici sono facilitati da emozioni positive, ad esempio da una risata e durano alcuni secondi o pochi minuti.

    3) Allucinazioni che provocano paura o terrore e che si verificano all’addormentamento (ipnagogiche) o al

    risveglio (ipnopompiche).

    4) Paralisi del sonno con temporaneo impedimento a muoversi o a parlare, all’addormentamento

    o al risveglio.

    5) Sonno notturno alterato: frammentazione del sonno con risvegli frequenti e prolungati.

    Nei bambini possono non essere presenti tutti i 5 sintomi ed i due sintomi “classici”, eccessiva sonnolenza diurna e cataplessia, possono presentarsi in modalità specifiche. Anche per questi motivi, bambini e ragazzi narcolettici spesso aspettano anni prima di ricevere una diagnosi corretta.

    Vediamo quindi quali sono le Red Flags della narcolessia per l’età pediatrica proposte dall’ Associazione Italiana Narcolettici (AIN) e dal Professor Giuseppe Plazzi massimo esperto di questa patologia in Italia.

    RED FLAGS IN ETA’ PEDIATRICA

    1. Eccessiva sonnolenza diurna
    2. Cataplessia
    3. Pubertà precoce e/o il rapido sviluppo di un eccesso di peso

    1. Eccessiva sonnolenza diurna

    Dobbiamo prestare particolare attenzione alle difficoltà scolastiche dichiarate dai genitori quando queste sono collegate a facile addormentamento del bambino in classe sul banco durante le lezioni, a riferita “svogliatezza”, disinteresse e disattenzione, oppure alla comparsa di irritabilità o iperattività.

    Consideriamo che l’eccessiva sonnolenza diurna nei bambini e nei ragazzi si può presentare con

    -          attacchi di sonno non procrastinabile, per i quali il ragazzo si addormenta in situazioni inusuali e non appropriate come durante una lezione scolastica, nel corso di una conversazione, durante un pasto. Laddormentamento è di breve durata e ristoratore per cui seguito da benessere, con ricordo di sogni vivaci.

    - ricomparsa del sonnellino pomeridiano, presente nei primi anni di vita e successivamente abbandonato

    - nuova necessità di andare a letto presto la sera e\o svegliarsi più tardi al mattino con maggiore    difficoltà

          2.Cataplessia

    Questo è un nuovo sintomo per noi Pediatri e dobbiamo imparare a riconoscerlo e a considerarlo per la sua importanza.  

    Il bambino può presentare

    -          cadute a terra improvvise apparentemente senza motivo: sono dovute a brevi episodi di perdita generalizzata del tono muscolare in veglia, che durano alcuni secondi o pochi minuti e che possono essere scatenati da manifestazioni emotive come riso, collera, eccitazione, sorpresa.

    -          facies cataplettica o espressione del volto cadente: caratterizzata da episodi di chiusura delle palpebre, apertura della bocca e protrusione della lingua. La facies cataplettica può manifestarsi a intermittenza e peggiorare in corrispondenza di alcune attività giornaliere come mangiare, giocare o essere coinvolti in situazioni che suscitino emozioni, come la visione di videogiochi o film

    -          caduta della testa o del busto o eloquio confuso: anche questi sintomi sono dovuti ad improvvisa atonia muscolare distrettuale e possono essere confusi con segni di ritardo o di semplice “impaccio emotivo”.

    -          andamento atassico durante la deambulazione per atonia parziale dei muscoli degli arti inferiori

    Possono anche essere presenti movimenti attivi intermittenti soprattutto nel viso, come smorfie, inarcamento delle sopracciglia, movimenti particolari della bocca e protrusione della lingua: dobbiamo fare attenzione a non confonderli con semplici TICS.

          3.Pubertà precoce e/o rapido accrescimento ponderale con comparsa di Sovrappeso od Obesità

    -          Sovrappeso od Obesità: questi sintomi compaiono frequentemente nella fase di esordio della narcolessia con un andamento evolutivo improvviso e rapido. Quindi quando un bambino o un ragazzo presenta un improvviso e rapido incremento ponderale ricordatevi sempre di indagare la sonnolenza diurna ed i sintomi cataplettici.

    Infine se pur meno frequenti, ricordiamo di valutare anche i seguenti sintomi:

    -          Allucinazioni visive o uditive all’ addormentarsi (ipnagogiche) o al sveglio (ipnopompiche)

    -          Paralisi nel sonno: impossibilità a muoversi immediatamente dopo il risveglio o subito prima di addormentarsi (se rare ed isolate sono fisiologiche ma se molto frequenti possono essere il preludio dello sviluppo della Narcolessia)

    -          Frequenti risvegli notturni o di episodi simili al sonnambulismo che generano nel bambino il ricordo vivido del sogno vissuto (REM sleep behavior disorder: RBD). Nel sonnambulismo il bambino non ricorda mai l’accaduto.

    La diagnosi prevede l’esecuzione di un test particolare il Multiple Sleep Latency Test (MSLT) ed il dosaggio dell’Orexina nel liquor cefalorachidiano. Poiché in età pediatrica il fenotipo sintomatologico è molto variabile come abbiamo visto, in caso di sospetta Narcolessia è consigliabile indirizzare il paziente che presenta sintomi riferibili alla narcolessia a un Centro di Medicina del Sonno. Per trovare il più vicino a Voi si può andare al link http://www.sonnomed.it/centri-regionali-di-medicina-del-sonno

    L’ MSLT consiste nell’esecuzione di quattro o cinque registrazioni polisonnografiche in una giornata, effettuate ad intervalli regolari (due ore) dalle 9-10 del mattino per misurare la latenza del sonno (cioè il tempo di addormentamento) e la presenza di addormentamenti in sonno REM. La registrazione di due o più addormentamenti in fase REM è patognomonica per la Narcolessia.

    La Terapia della Narcolessia è sintomatica e utilizza farmaci che attenuano o risolvono uno o più sintomi della malattia.

    Come vedete dal mondo della Medicina del Sonno si aprono porte poco conosciute a noi Pediatri di Famiglia ma assolutamente importanti per i nostri piccoli pazienti: è chiaro infatti che il riconoscimento precoce da parte del Pediatra di famiglia di questa patologia, evita ai bimbi e alle loro famiglie un estenuante peregrinare tra specialisti che possono confondere i sintomi con altre situazioni e avviare percorsi diagnostici-terapeutici non corretti. Come ho accennato all’ inizio a tutt’ oggi si registra un ritardo di diagnosi di circa 10 anni che noi possiamo, conoscendo la patologia e ponendovi la giusta attenzione, ridurre drasticamente. Quindi…Buon lavoro a tutti

    Giovedì, 12 Dicembre 2019 11:21

    “IL BAMBINO CATTIVO…”

    Dal Congresso Scientifico Nazionale FIMP, Paestum 16-19 ottobre 2019

    “IL BAMBINO CATTIVO…” Un dialogo tra Pediatra e Neuropsichiatra infantile

    Relatore: Alessandro Albizzati

    Conduttore: Fabrizio Fusco

    “Tre messaggi tre” che sintetizzano la bellissima relazione di Alessandro Albizzati e che possono aiutare il pediatra ad individuare i bambini più a rischio.

    Primo. Saper individuare e distinguere i diversi tipi di cattiveria: c’è il bambino irritabile, con emozionalità negativa, che incontra difficoltà nelle relazioni intra-familiari e sociali, che può andare incontro successivamente a quadri clinici di ansia e depressione. C’è poi il bambino ostinato, impulsivo, “testardo”, spesso con concomitante ADHD, che è a maggior rischio di violazione delle regole sociali, perché rifiuta di conformarsi alle richieste dell’adulto e dà spesso la colpa agli altri per i propri errori o cattive condotte. In questo bambino l’aggressività è impulsiva o reattiva (overt, ostile, provocatoria, difensiva, reattiva alle minacce, incontrollata ma non premeditata), c’è un relativo minor rischio antisociale, ma spesso è più frustrante per il soggetto, che può sviluppare depressione o disturbo da stress post-traumatico. C’è infine il bambino “cattivo” più pericoloso, che presenta “lucida” e premeditata aggressività, proattiva o predatoria (covert, furtiva, nascosta, pianificata, premeditata) con comportamenti oppositivi, vendicativi, dispettosi e offensivi, fortemente associati con tratti di callous unemotional (deficit di empatia, mancanza di senso di colpa, manifestazioni emotive povere) e comportamenti aggressivi correlati a Disturbo della Condotta (DC), svilupperà più facilmente un disturbo antisociale di personalità. Intercettare, soprattutto il bambino del secondo e del terzo tipo, e attivare tutti gli interventi possibili (da quello educativo fino a quello farmacologico) è importante per il suo futuro da adulto, quando ormai potrebbe rendersi più necessario l’intervento delle forze dell’ordine di quelle dello psichiatra.

    Secondo. Gli “psicopatici”: è il sottotipo di soggetti affetti da Disturbo Antisociale di Personalità. Presentano due caratteristiche: hanno difficoltà nella regolazione delle emozioni e delle relazioni interpersonali, ovvero presentano il già citato tratto Callous/Unemotional (CU+); inoltre manifestano un comportamento antisociale (AB), con la già descritta aggressività non manifesta di tipo “covert”. Si tratta di un fenotipo antisociale distinto e stabile con una forte componente ereditaria (43%), con maggiore severità e stabilità dei problemi di condotta e più facile esordio precoce di delinquenza. Questi soggetti hanno una maggiore difficoltà nel riconoscere e processare le emozioni negative (paura, ansia, stress) e nel riconoscere tali emozioni negli altri, a partire dalle stesse espressioni del volto. Presentano un distinto pattern di caratteristiche cognitive: minor sensibilità alle punizioni, QI più elevato e hanno specifici tratti di personalità: ricercano il brivido; sono coraggiosi o impavidi, hanno tendenza a manipolare, ricorrono alla menzogna. Naturalmente presentano difficoltà relazionali con i pari, hanno scarse capacità di stare nel gruppo e tendenza ad affiliarsi con delinquenti.

    Terzo. È importante riconoscere e trattare senza indugi i bambini con ADHD, identificandone le comorbidità spesso presenti. Il 40% dei soggetti con ADHD ha un disturbo oppositivo provocatorio (DOP) ed il 10-15% un disturbo della condotta (DC). Il rischio antisociale dell’ADHD non è diretto, ma è mediato soprattutto dalla comorbidità con il DC a esordio precoce. Quest’ultimo è più grave ed ha una prognosi peggiore, per la maggiore tendenza ad evolvere verso un comportamento antisociale e di abuso di sostanze in adolescenza e nell’età adulta. Il pediatra deve saper individuare in particolare il bambino con emozioni pro-sociali limitate, che ha manifestato nell’ultimo anno almeno due di questi sintomi: mancanza di rimorso o senso di colpa, insensibilità o mancanza di empatia, indifferenza per i risultati o affettività superficiale o proprio anaffettività.