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Roma, 13 novembre 2018 - “Nel 2017 la rinuncia a visite o accertamenti specialistici per problemi di liste di attesa complessivamente riguarda circa 2 milioni di persone (3,3% dell’intera popolazione), mentre sono oltre 4 milioni le persone che vi rinunciano per motivi economici (6,8%)”. E’ quanto ha indicato il presidente ISTAT facente funzioni, Maurizio Franzini, in audizione sulla Manovra alla Camera. Le liste di attesa inducono a rinunciare alle prestazioni quasi il 5% di coloro che hanno un’età compresa tra i 45 e i 64 anni e il 4,4% degli ultra-sessantacinquenni. Inoltre tra quanti dichiarano che le risorse economiche della famiglia sono scarse o insufficienti l’incidenza della rinuncia alle prestazioni specialistiche è complessivamente pari al 5,2%, a fronte dell’1,9% tra le famiglie che dichiarano di avere risorse ottime o adeguate. Sono forti le differenze territoriali tra Nord e Centro-Sud. La percentuale più bassa si rileva infatti nel Nord-est (2,2%) e la più elevata nelle Isole (4,3%). Distinguendo le prestazioni sanitarie, la rinuncia per liste di attesa è più frequente per le visite specialistiche (2,7%) rispetto agli accertamenti specialistici (1,6%). Queste situazioni "rappresentano un segnale di vulnerabilità nell’accesso alle cure che riguarda in particolare i meno abbienti", aggiunge Franzini.

Roma, 12 novembre 2018 - Tanti soldi spesi per migliorare la salute e le cure ma i progressi stanno rallentando in tutto il Mondo. Secondo gli ultimi dati, nel 2017 i miglioramenti sulla mortalità si sono fermati e in alcuni Paesi sono addirittura peggiorati. Inoltre nella metà delle nazioni mancano operatori sanitari e il 50% dei decessi sono causati da quattro fattori di rischio: ipertensione, fumo, glucosio alto nel sangue e alto indice di massa corporea. Sono questi i principali dati che emergono dal rapporto Global Burden of Disease (GBD), pubblicato sulla rivista Lancet. "Il mondo ha visto diverse storie di successo per la salute - Christopher Murray, direttore dell'Institute for Health Metrics and Evaluation, che ha coordinato il Rapporto -. Gli investimenti fatti nei paesi poveri sulle cure prenatali e i problemi di igiene hanno fatto la differenza per la vita di queste persone. Ma la combinazione di rischi metabolici e invecchiamento della popolazione continuerà a far salire le malattie croniche". Ma non è questo l'unico problema individuata dall'indagine. C'è, infatti, la carenza di forza lavoro sanitaria in quasi la metà dei Paesi (47%), dove ci sono meno di 10 medici per 10mila abitanti e il 46% può contare su meno di 30 infermiere o ostetriche ogni 10mila. Peraltro, l'emergere di problemi come guerre e conflitti, terrorismo e la crisi dei farmaci oppioidi potrebbe avere delle conseguenze negative nel tempo, se non si interviene. Oltre alle malattie croniche, c'è da sottolineare che le prime tre cause di disabilità nel 2017 (e negli ultimi 30 anni) sono state lombalgia, emicrania e depressione.

Giovedì, 08 Novembre 2018 11:15

Fumo: anche i disturbi alimentari tra le cause del vizio

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Roma, 8 novembre 2018 - Tra i motivi per cui si fuma potrebbero esserci anche i disturbi alimentari. Le persone prendono questo vizio per diverse ragioni e quello per cui continuano è l’instaurarsi di una vera e propria dipendenza e il ‘piacere’ che ne deriva. La nicotina, infatti, si lega a particolari recettori che stimolano una zona del cervello a livello dell’area del tegmento ventrale da cui viene provocato il rilascio di dopamina e altri neurotrasmettitori a livello del nucleo accumbens. Queste stimolazioni producono piacere, eccitazione e modulazione dell’umore. In breve tempo, i recettori dell’acetilcolina vengono saturati dalla nicotina, questo provoca il bisogno di fumare di nuovo e instaura il fenomeno della tolleranza acuta. “Una quota di fumatori, spesso donne, inizia a fumare anche per l’effetto anoressante della nicotina” spiega Vincenzo Zagà, Presidente della SITAB- Società Italiana di Tabaccologia a Congresso a Firenze. “Il fumo di sigaretta ha infatti un blando effetto di soppressione dell’appetito che viene ricercato come strumento di controllo del peso, salvo poi trasformarsi nella dipendenza che conosciamo. La diminuzione dell’appetito è l’effetto combinato di meccanismi fisiologici e psicologici e in questi soggetti, prevalentemente donne, la resistenza alla proposta di cessazione è dettata dal timore di aumentare di peso. In una ricerca le donne che usano il fumo come strumento di controllo dell’introduzione di cibo hanno maggiori probabilità di mostrare i sintomi di un disturbo alimentare”. Come conferma Antonella Manfredi, Direttore Area Dipendenze ASL Toscana Centro, “nell’aiutare una persone affetta da disturbo della condotta alimentare a smettere di fumare bisogna porre molta attenzione al tipo di disturbo di cui soffre. Il ‘Binge Eating’, il comportamento caratterizzato da abbuffate incontrollate di cibo, è più spesso associato al fumo di sigaretta rispetto all’anoressia nervosa di tipo restrittivo. Inoltre soffrire di un disturbo dell’alimentazione sconvolge la vita di una persona e ne limita le sue capacità relazionali, lavorative e sociali”.

Roma, 9 novembre 2018 - Italia si classifica ai primi posti al mondo per aspettativa di vita ma le culle sono troppe vuote. A farci compagnia, quanto a bassa natalità, altri 91 Paesi come Spagna, Portogallo, Norvegia, Cipro, Singapore e Sud Corea, con meno di due figli per donna. Al contrario, 104 Paesi tra cui Niger, Mali, Chad, e Sud Sudan compensano il gap, con una media di sette figli per donna. L'Italia risulta quindi tra i Paesi in cui il numero di nati non è sufficiente a mantenere l'attuale popolazione. E' quanto emerge dai dati del Global Burden of Disease (Gbd) 2017, appena pubblicati dalla rivista 'Lancet' e frutto del lavoro di 3.676 collaboratori di 146 Paesi. L'analisi ha incluso ben 38 miliardi di dati, su 359 malattie e 84 fattori di rischio. Questo sistema di 'misurazione della salute' nato nel 1991 su richiesta della Banca Mondiale individua i fattori di rischio per la salute e il loro impatto sugli anni di vita ed è è gestito dall'Institute for Health Metrics and Evaluation (Ihme). "La speranza di vita in Italia è tra le migliori del mondo, con una media di 83,2 anni di vita pro capite. Gli uomini vivono in media 80,8 anni (di più solo in Svizzera, Israele e Giappone), mentre le donne 85,3 anni (siamo settimi dopo Giappone, Kuwait, Islanda, Spagna, Francia e Svizzera)", spiega Luca Ronfani, pediatra epidemiologo, direttore della Struttura di Epidemiologia clinica e ricerca sui servizi sanitari dell'ospedale Burlo Garofolo di Trieste, che coordinerà la prossima edizione italiana del lavoro: per 20 mesi - da ottobre 2018 a maggio 2020 - essa vedrà coinvolti 14 istituti italiani e oltre 40 ricercatori, nella raccolta di indicatori utili a tracciare un quadro dei principali fattori di rischio che impattano sulla salute degli italiani (fumo, ambiente, abitudini alimentari, incidenti e molto altro). Quanto alle cause di morte 'fotografate' dall'attuale Gdb, si conferma una situazione non molto cambiata dal 1990. I “big killer” rimangono le malattie cardiovascolari, seguite dai tumori nel loro complesso e da disturbi neurologici

Mercoledì, 07 Novembre 2018 11:05

Meno sale? Più benessere!

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Roma, 7 novembre 2018 - La dieta occidentale utilizza troppo sale. Non bisogna pensare solo a quello che viene aggiunto all’insalata, nella pasta o su una bistecca. Esiste anche quello nascosto nei cibi precotti, conservati, o negli snack. Un consumo eccessivo può favorire l’ipertensione arteriosa, la principale causa di malattie cardiovascolari, un vero e proprio killer silenzioso. “E’ la causa prima di mortalità in tutto il mondo – spiega il prof. Enrico Agabiti Rosei, Past President dell’European Society of Hypertension (ESH) -. Si tratta del fattore di rischio più importante e come causa di eventi fatali e non fatali ha superato il fumo di tabacco e l’inquinamento atmosferico. In Europa si spendono ogni anno circa 200 miliardi per il trattamento delle malattie cardiovascolari che in gran parte sono correlate all’ipertensione. E’ possibile prevenirla iniziando proprio dalla tavola”. Il nostro palato si abitua in fretta: prova a ridurre in modo graduale il sale in cucina, vedrai che in poco tempo non noterai la differenza rispetto a prima. Un trucco consiste nel sostituire il sale con erbe aromatiche (prezzemolo, rosmarino, basilico, aglio, cipolla, origano, ecc.) e spezie (peperoncino, pepe, curry, ecc.).

Martedì, 06 Novembre 2018 10:00

Studio Cnr: gli amici aiutano a contrastare l’obesità

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Roma, 6 novembre 2018 - Per stare in forma e contrastare il rischio obesità, un valido alleato può essere un amico. Gli stimoli che si ricevono dal gruppo o dal compagno del cuore sono, infatti, importanti leve sociali che spronano all’attività fisica. Un elemento da non sottovalutare se si considera che, secondo l’International Association for the Study of Obesity, l’obesità e il sovrappeso in Europa colpiscono un bambino su tre. Importante quindi attenersi alle indicazioni che emergono da uno studio di cui è coautrice Eugenia Polizzi, ricercatrice dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Istc). Il lavoro, pubblicato su ‘Nature Human Behaviour’ e coordinato dal Joint Research Center della Commissione europea in collaborazione con l’università di Cambridge, ha messo sotto esame l’impatto che hanno meccanismi sociali come la reciprocità e la cooperazione di gruppo sul motivare bambini di 9-11 anni a praticare più sport. A 350 bambini di 15 scuole elementari italiane è stato chiesto di indossare quotidianamente per sette settimane un accelerometro che permette di registrare i movimenti del corpo. L’attività fisica rilevata veniva trasformata in punti, che alla fine dello studio potevano essere scambiati con premi, assegnati in base all’attività svolta dal bambino (incentivi individuali), oppure a quella dei loro migliori amici e collettivamente all’interno di squadre (incentivi sociali). In queste ultime due condizioni, più i loro amici si muovevano, più i bambini ricevevano punti. “Gli incentivi sociali erano molto più efficaci rispetto a quelli individuali nello stimolare l’attività fisica dei bambini, portando ad un aumento globale del 52% di attività rispetto ad una condizione di controllo.”

Lunedì, 05 Novembre 2018 10:22

Influenza: già 125 mila gli italiani colpiti

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Roma, 5 novembre 2018 – Febbre, mal di gola, dolori ai muscoli e alle articolazioni iniziano ad affliggere gli italiani. È l’influenza che torna all’attacco, colpendo 125 mila cittadini dall’inizio della sorveglianza epidemiologica e, circa 71 mila, nell'ultima settimana osservata, dal 22 al 28 ottobre. È quanto emerge dal bollettino della rete Influnet, coordinata dall'Istituto superiore di sanità, con il sostegno del ministero della Salute e il contributo dei camici bianchi 'sentinella', medici di famiglia e pediatri di libera scelta delle varie regioni. Secondo il report, l'attività dei virus influenzali è ai livelli di base in tutte le regioni italiane (anche se, si puntualizza, non tutti i medici partecipanti alla sorveglianza hanno reso disponibili i dati raccolti).
Rispetto alla precedente settimana, quando i casi stimati erano quasi a quota 55 mila, si comincia a intravedere un aumento, complice forse anche il maltempo che ha investito la Penisola. Il valore dell'incidenza totale è pari a 1,17 casi per mille assistiti (nella settimana precedente era a 0,91). Nella fascia d'età 0-4 anni si sale a 2,36 casi per mille assistiti. Guardando alle varie situazioni regionali, l'incidenza complessiva più alta si osserva al momento in Abruzzo (3,63 casi per mille assistiti) e Lombardia (2,25), la più bassa in Veneto (0,26) e Campania (0,30).
Dopo il primo 'schiaffo' dal meteo che in questi giorni ha portato giù le temperature, "in Italia la situazione sul fronte dell'influenza è ancora tutto sommato tranquilla - chiarisce Fabrizio Pregliasco, virologo dell'università degli Studi di Milano -. Si registra un lieve aumento dell'attività dei virus stagionali legato all'andamento meteorologico e a una conseguente facilitazione della diffusione. È questo il momento giusto per vaccinarsi".

Mercoledì, 31 Ottobre 2018 14:46

Studio Cnr: gli amici aiutano a contrastare l’obesità

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Roma, 31 ottobre 2018 – Per stare in forma e contrastare il rischio obesità, un valido alleato può essere un amico. Gli stimoli che si ricevono dal gruppo o dal compagno del cuore sono, infatti, importanti leve sociali che spronano all’attività fisica. Un elemento da non sottovalutare se si considera che, secondo l’International Association for the Study of Obesity, l'obesità e il sovrappeso in Europa colpiscono un bambino su tre. Importante quindi attenersi alle indicazioni che emergono da uno studio di cui è coautrice Eugenia Polizzi, ricercatrice dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Istc). Il lavoro, pubblicato su 'Nature Human Behaviour' e coordinato dal Joint Research Center della Commissione europea in collaborazione con l’università di Cambridge, ha messo sotto esame l'impatto che hanno meccanismi sociali come la reciprocità e la cooperazione di gruppo sul motivare bambini di 9-11 anni a praticare più sport. A 350 bambini di 15 scuole elementari italiane è stato chiesto di indossare quotidianamente per sette settimane un accelerometro che permette di registrare i movimenti del corpo. L’attività fisica rilevata veniva trasformata in punti, che alla fine dello studio potevano essere scambiati con premi, assegnati in base all’attività svolta dal bambino (incentivi individuali), oppure a quella dei loro migliori amici e collettivamente all’interno di squadre (incentivi sociali). In queste ultime due condizioni, più i loro amici si muovevano, più i bambini ricevevano punti. "Gli incentivi sociali erano molto più efficaci rispetto a quelli individuali nello stimolare l’attività fisica dei bambini, portando ad un aumento globale del 52% di attività rispetto ad una condizione di controllo."

Roma, 30 ottobre 2018 - Negli ultimi tre anni è aumentata la fiducia della popolazione europea nei confronti dei vaccini. E questo è avvenuto anche nel nostro Paese. E’ quanto afferma una ricerca svolta per conto della Commissione Europea, da un gruppo di esperti indipendenti. Rispetto al 2015, in Italia l'aumento di fiducia è di circa il 9%. Il dato è motivato, si legge nel rapporto, dal fatto che "l'aumento delle epidemie di morbillo in tutta l'Ue ha contribuito ad aumentare le conversazioni dei media sull'importanza della vaccinazione e alla decisione di Francia e Italia di aumentare il numero di vaccini obbligatori nell'ambito dei programmi nazionali di vaccinazione". L’indagine prevedeva una serie di domande, come ad esempio: i vaccini sono sicuri, efficaci, importanti per i bambini? Il focus si è basato poi principalmente sul vaccino trivalente (Morbillo, Parotite, Rosolia) e su quello per l’influenza stagionale. In generale è emersa una maggiore fiducia per l’MPR e minore per quello anti-influenzale. Il Portogallo ha la più alta percentuale di intervistati che concorda sul fatto che i vaccini generalmente sono sicuri (95,1%), efficaci (96,6%) e importanti per i bambini (98,0%). A seguire la Finlandia, che ha la seconda percentuale più alta di intervistati, concorda sul fatto che i vaccini sono importanti per i bambini (97,6%), ma la sesta percentuale più alta di intervistati concorda che i vaccini sono sicuri (89,0%) dopo Portogallo (95,1%), Danimarca (94,0%), Spagna (91,6%), Ungheria (91,4%) e Regno Unito (89,9%). Gli intervistati bulgari sono invece meno inclini a concordare che i vaccini sono sicuri, con solo il 66,3%, seguito dalla Lettonia (68,2%) e dalla Francia (69,9%). Bulgaria (78,4%), Polonia (75,9%) e Slovacchia (85,5%) sono i tre paesi in cui i cittadini sono meno d'accordo sul fatto che i vaccini sono importanti per i bambini.

Roma, 29 ottobre 2018 – I pediatri di famiglia lanciano la loro “Top Five” per promuovere buone pratiche cliniche tra i professionisti della salute dei più giovani. Sono cinque raccomandazioni che hanno l’obiettivo di favorire l’appropriatezza prescrittiva di esami diagnostici e di alcune terapie per la cura dei più frequenti disturbi di salute dei bimbi promuovendo il dialogo tra pediatri e famiglie. Si tratta di un’iniziativa della Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) e rientra nel progetto “Fare di più non significa far meglio - Choosing Wisely Italia” lanciato nel 2012 dalla rete di professionisti e cittadini “Slow Medicine”. Le raccomandazioni della FIMP sono “ufficiali” e pubblicate, oltre che nel sito di Choosing Wisely Italia, nel sito dell’Istituto Superiore Sanità (ISS) all’interno del Sistema Nazionale Linee Guida. “Siamo arrivati a queste cinque raccomandazioni attraverso un’indagine e una riflessione interna che ha coinvolto oltre 1.040 pediatri di famiglia - sottolinea il dott. Mattia Doria, segretario nazionale alle attività scientifiche ed etiche della FIMP -. Abbiamo in un primo momento individuato 16 pratiche cliniche considerate a rischio di inappropriatezza. Tra queste ne sono state selezionate cinque. Con questo nuovo documento vogliamo dare un contributo utile a limitare l’utilizzo di pratiche cliniche non confermate dalle evidenze scientifiche ma ancora diffuse sia tra i medici che tra le famiglie. La promozione delle buone pratiche clinico-assistenziali e terapeutiche, come già abbiamo fatto sul tema dell’utilizzo giudizioso degli antibiotici, rappresenta uno dei principali obiettivi di FIMP per garantire la migliore salute possibile ai bambini che seguiamo. L’Italia, infatti, è ai primi posti in Europa per numero di esami prescritti e per utilizzo di alcuni farmaci, tra cui gli antibiotici. E questo vale anche per le cure pediatriche. Si tratta di un problema importante sia da un punto di vista di salute pubblica che di politica sanitaria. Incrementare l’appropriatezza e ridurre il numero di test diagnostici e trattamenti inutili può portare, oltre che ad una migliore salute soggettiva e di comunità, anche a cospicui risparmi di risorse da reinvestire in altri settori dell’assistenza medica”.

Ecco le cinque raccomandazioni della FIMP:

1. Non prescrivere farmaci (per aerosol e/o sistemici) in caso di Bronchiolite

2. Non fare diagnosi di Infezione delle Vie Urinarie in base al solo esame colturale delle urine

3. Non trattare sistematicamente una febbre, in assenza di altri sintomi. Se si decide di trattare, fare ricorso a dosaggi appropriati, evitando l'uso combinato/alternato di paracetamolo e ibuprofene

4. Non utilizzare farmaci cortisonici per via sistemica per il trattamento della febbre

5. Non utilizzare terapia nasale topica attraverso doccia nasale micronizzata con farmaci non specificamente autorizzati per questa via di somministrazione

“Come FIMP abbiamo accolto con grande responsabilità le indicazioni promosse dalla Legge Gelli del marzo 2017 - aggiunge il dott. Paolo Biasci, presidente nazionale della FIMP -. E’ stato un provvedimento che la nostra Federazione ha fortemente sostenuto in quanto rappresenta un buon rimedio alla crescita esponenziale della medicina difensiva nel nostro Paese. Con le norme introdotte lo scorso anno sono sempre più importanti le raccomandazioni emanate dalle varie Società Scientifiche. Proprio per questo all’interno di FIMP abbiamo costituito un gruppo di lavoro specifico sulle buone pratiche clinico-assistenziali. Abbiamo in progetto di avviare ulteriori progetti simili per aiutare i colleghi in un aspetto sempre più fondamentale della nostra professione”.